In tema previdenziale, il dibattito è incentrato sulle pensioni, in particolare su cosa cambia nella riforma 2025. Nelle ultime settimane sono circolate diverse indiscrezioni sullo slittamento dei requisiti per la pensione anticipata ordinaria e sul rinnovo di diverse misure in scadenza il 31 dicembre 2024.
Gradualmente, il governo italiano sta svelando le carte, facendo ben intendere l’andamento pensionistico futuro e, dunque, le opzioni possibili per i lavoratori di posticipare l’età pensionabile, per ora fissata ancora a 67 anni. A pesare sulle pensioni è tanto il passato quanto il presente: si privilegia il mantenimento dei conti pubblici rispetto alle esigenze dei lavoratori.
Il futuro pensionistico di milioni di italiani è appeso a un filo, diviso tra misure restrittive e una maggiore flessibilità in uscita. Vediamo insieme quali misure modificheranno concretamente le pensioni nel 2025.
Riforma pensioni 2025: cosa cambia
A margine delle numerose discussioni in materia previdenziale, persistono diverse misure come Ape sociale, Quota 103 e Opzione donna. La pensione anticipata ordinaria, unitamente alla pensione di vecchiaia, costituisce uno dei due pilastri su cui poggia il sistema pensionistico italiano. Su questa base, il governo dovrà definire il futuro previdenziale dei cittadini.
Tuttavia, nonostante siano misure consolidate nel sistema pensionistico, anche queste sono soggette a variazioni. Per la pensione anticipata ordinaria, si prevede un innalzamento dell’età contributiva da 42 anni e 10 mesi a 43 anni e 4 mesi, mentre per le donne si passa da 41 anni e 10 mesi a 42 anni e 4 mesi. L’età pensionabile rimarrà stabile a 67 anni fino al 2026, per poi essere adeguata annualmente sulla base dell’indice ISTAT.
Oltre a queste misure, troviamo l’Ape sociale, già modificata portando l’età richiesta a 63 anni e 5 mesi; la pensione anticipata Opzione donna, già modificata e riservata a categorie specifiche di lavoratrici.
Infine, Quota 103 offre a tutti i lavoratori la possibilità di andare in pensione a 62 anni con 41 anni di contributi, di cui almeno 35 effettivamente versati, con un assegno calcolato interamente con il sistema contributivo, il cui importo non può superare quattro volte il trattamento minimo, comportando una perdita media stimata fino al 15% dell’importo mensile.
Queste misure, come detto, potrebbero non essere prorogate nel 2025, pertanto il governo dovrà decidere se apportare ulteriori modifiche, prorogarle o introdurne di nuove.
Le alternative sono molteplici e le variabili che influenzano direttamente i lavoratori sono numerose, con il rischio per molti di perdere l’accesso alla pensione a causa di nuove regole o modifiche alle attuali misure.
Manovra 2025: dispari o pari? Chi vince tra le vecchie e nuove misure?
In Italia, le questioni delicate sono molteplici, ma due emergono in modo particolare: le pensioni e la denatalità. Tuttavia, alcuni tendono a ignorare o minimizzare il legame tra questi due problemi, riproponendo vecchie soluzioni come Quota 41 per tutti i cittadini o una rivisitazione della riforma Fornero.
Altri propongono di posticipare l’età pensionabile di vecchiaia dei lavoratori pubblici fino a 70 anni, al fine di favorire l’ingresso di nuove forze lavoro.
Quota 41 per tutti consentirebbe di accedere alla pensione con un’anzianità contributiva di almeno 41 anni, senza ulteriori requisiti anagrafici.
La misura, storicamente sostenuta dalla Lega, è sempre stata considerata insostenibile a causa del suo impatto sui conti pubblici. Attualmente, la proposta è stata riformulata, prevedendo il calcolo dell’assegno esclusivamente con il sistema contributivo.
Riforma pensioni 2025: cosa cambia con il taglio di 3,5 punti
Un’altra ipotesi in discussione prevede l’introduzione di un’opzione flessibile per l’uscita dal lavoro tra i 64 e i 72 anni, con una riduzione dell’assegno pensionistico del 3,5% per ogni anno di anticipo rispetto all’età pensionabile di vecchiaia.
In linea con la promozione della flessibilità in uscita, potrebbe essere riproposto il bonus Maroni. Inoltre, è probabile una modifica del requisito contributivo minimo per accedere alla pensione. Attualmente, per la pensione di vecchiaia sono richiesti 67 anni e 20 anni di contributi.
Le nuove proposte prevedono un innalzamento a 25 anni di contributi, mantenendo invariata l’età pensionabile. Pertanto, i lavoratori potrebbero andare in pensione a 67 anni con 25 anni di contributi, ottenendo un assegno fino a 1,5 volte il trattamento minimo. In sintesi, una panoramica delle novità previdenziali previste per il 2025:
In sintesi, una panoramica delle novità previdenziali per il 2025:
Misura | Cosa Cambia |
Quota 41 per tutti | Possibilità di andare in pensione con 41 anni di contributi, con un assegno calcolato interamente con il sistema contributivo. |
Pensione flessibile | Introduzione di un’opzione per uscire dal lavoro tra i 64 e i 72 anni, con riduzioni o aumenti dell’assegno a seconda dell’età di uscita. |
Aumento contributi minimi | Innalzamento da 20 a 25 anni dei contributi minimi richiesti per la pensione di vecchiaia, mantenendo invariata l’età pensionabile. |
Calcolo contributivo | Aumento delle misure che prevedono il calcolo esclusivo con il sistema contributivo, con possibili riduzioni dell’assegno. |