Attesi aumenti per le pensioni minime, una nuova quota 103 e conferme sul taglio del cuneo fiscale: sono queste le principali novità in arrivo nella legge di Bilancio 2025 che riguarderanno l’ambito previdenziale e lavorativo. Buona parte delle risorse della Manovra economica e finanziaria di questo autunno saranno impegnate a confermare il taglio dei contributi dei lavoratori che guadagnano fino a 35.000 euro all’anno. Rimarranno le percentuali già applicate nel 2024 del 6% e del 7%.
Non si escludono interventi relativi alla quota 103 che dovrebbe essere riconfermata per il prossimo anno con qualche ostacolo in più per il pensionamento, mentre non troverà spazio la quota 41, nemmeno nella versione “light” ipotizzata nelle scorse settimane.
In dirittura d’arrivo anche l’aumento delle pensioni minime con qualche ritocco, anche se non si arriverà ai 1.000 euro richiesti da Forza Italia e Antonio Tajani. Infine, si lavora anche per aumentare la soglia di pensionamento dei lavoratori del pubblico impiego. Si potrebbe arrivare a 70 anni di età, ma solo su base volontaria.
Aumenti pensioni 2025, quali sono le possibilità sulle minime?
È ufficialmente aperto il cantiere di riforma delle pensioni in vista dell’adozione della legge di Bilancio 2025 con qualche novità in arrivo per quanto concerne il nodo previdenziale. Pur con poche risorse, infatti, il governo non esclude delle novità sulle misure di uscita anticipata e sugli assegni di chi sia già in pensione.
Tuttavia, alcuni interventi sono attesi anche sui meccanismi di pensionamento anticipato. In particolare, si dovrebbe intervenire per prolungare quota 103, la misura di pensionamento anticipato che consente di uscire dal lavoro a partire dall’età di 62 anni purché in possesso di 41 anni di contributi previdenziali.
Gli interventi potrebbero riguardare un nuovo allungamento delle finestre mobili di questa misura, già modificate lo scorso anno.
Oltre agli aumenti pensioni, il governo starebbe pensando a una riforma della quota 103 per il 2025
A oggi, il periodo che deve intercorrere tra la maturazione dei requisiti anagrafici e contributivi di quota 103 e l’effettivo primo pagamento della pensione è fissato in 7 mesi per i neo-pensionati provenienti dal settore privato e in 9 mesi per quelli del settore pubblico. Da decidere sarebbe da decidere di quanti altri mesi occorrerà differire ulteriormente la pensione.
Quota 41 nel 2025, si farà?
Si esclude che il governo possa intervenire sulla quota 41, a maggior ragione di una “quota 41 per tutti” come richiesto dai lavoratori interessati e dai sindacati, svuotata da ogni paletto e ostacolo all’uscita. Ma non dovrebbe essere introdotta nemmeno la versione “light”, ovvero la quota 41 con il ricalcolo contributivo della futura pensione, penalizzante rispetto al metodo misto al quale appartiene la platea dei lavoratori interessati.
Infine, sul lato pensioni, dovrebbe andare in porto la possibilità per gli statali di rimanere a lavoro fino a 70 anni di età, ma solo su base volontaria.
Tfr nella previdenza complementare per giovani e meno giovani
Novità sono attese anche sull’impiego di parte del Trattamento di fine rapporto (Tfr) nella previdenza complementare. Per i giovani (e fino all’incirca l’età di 40 anni) si ipotizza la destinazione di una quota del 25% ai fondi pensione. Per chi ha più anni, invece, il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Marina Elvira Calderone, starebbe studiando una formula di silenzio-assenso.
Taglio cuneo fiscale e riduzione aliquote Irpef, ultime novità
Infine, verranno confermate le misure già in vigore nel 2024 di taglio del cuneo fiscale del 7% per redditi fino a 25.000 euro lordi all’anno e del 6% per redditi dai 25.000 ai 35.000 euro lordi annuali. Il taglio si concretizza in una riduzione dei contributi previdenziali a carico dei lavoratori alle dipendenze a fronte del 9,19% versato in busta paga senza riflessi in negativo sulla pensione futura proprio grazie agli stanziamenti dello Stato.
La conferma della misura comporterebbe una spesa in Manovra 2025 di 10,7 miliardi di euro, mentre altri 2 miliardi dovrebbero servire a ridurre l’aliquota Irpef del 35% al 33%, allungando la platea ai lavoratori che guadagnano fino a 60mila euro lordi all’anno.