In Scozia, una scuola ha accettato la decisione di un bambino che ha la disforia di specie e si identifica in un lupo. Questo ha attirato l’attenzione dei media e ha fatto montare la polemica.

La scuola ha deciso di rispettare l’identità del bambino, seguendo le linee guida del governo scozzese che promuovono il benessere e l’inclusione di tutti gli studenti, indipendentemente dalle loro sfide personali.

Alcuni esperti, però, mettono in dubbio l’approccio adottato dall’istituto. Il neuropsicologo Tommy MacKay ha commentato che, sebbene non esista una condizione clinica ufficiale denominata disforia di specie, il fenomeno non è sorprendente in un’epoca in cui molte persone cercano di identificarsi in modi diversi.

Bambino si identifica in un lupo in Scozia, la sua storia

Un’ondata di stupore ha travolto la comunità educativa britannica e l’opinione pubblica internazionale in seguito alla notizia, riportata dal Daily Mail, di un caso senza precedenti: una scuola secondaria nel Regno Unito, in Scozia per essere precisi, avrebbe ufficialmente riconosciuto l’identità di lupo di uno dei suoi studenti.

Il giovane, secondo quanto emerso, avrebbe dichiarato di soffrire di “disforia di specie” (diversa dalla disforia di genere), una condizione ancora poco conosciuta e dibattuta che porta un individuo a percepire un profondo disallineamento tra la propria identità di genere e quella della specie a cui appartiene biologicamente. In questo caso, il ragazzo avrebbe affermato di sentirsi un lupo intrappolato in un corpo umano.

Sebbene il nome del consiglio scolastico coinvolto sia noto al Daily Mail, è stato deciso di non divulgarlo al fine di tutelare la privacy del giovane.

L’autorità locale ha precisato che lo studente si identificava come parte della comunità “furry” e si percepiva come una “persona animale”. Per supportare al meglio questo studente, il consiglio ha messo a disposizione un “operatore del benessere” che ha fornito consulenza psicologica e assistenza per l’apprendimento.

Tuttavia, come sottolineato dallo stesso consiglio, esistono ancora poche linee guida specifiche per affrontare casi di “disforia di specie”.

Per guidare l’intervento, la scuola si è attenuta alle direttive governative scozzesi “Getting It Right For Every Child” (Girfec), e ha adottato un approccio personalizzato basato sulla cosiddetta “ruota del benessere”. Questo strumento, previsto dalle linee guida Girfec, mira a garantire che ogni studente, indipendentemente dalle difficoltà che incontra, abbia la possibilità di esprimere le proprie esigenze e di essere ascoltato nelle decisioni che lo riguardano.

La notizia di questo caso arriva dopo che l’anno scorso una scuola nell’Aberdeenshire aveva smentito voci simili, relative a uno studente che si sarebbe identificato come un gatto. Inoltre, all’inizio di quest’anno, è emerso che gruppi di utenti di TikTok stavano organizzando incontri in tutta la Gran Bretagna per coloro che si identificano come animali.

La decisione della scuola di accogliere e supportare questa affermazione ha suscitato un ampio dibattito, e ha sollevato interrogativi di natura etica, psicologica e sociale.

Da un lato, vi è chi plaude all’apertura mentale dell’istituto e alla volontà di creare un ambiente inclusivo per tutti gli studenti, indipendentemente dalla loro identità. Dall’altro, si levano voci critiche che mettono in discussione la validità scientifica del concetto di disforia di specie e temono che si possa trattare di una moda passeggera o di un tentativo di eludere le proprie responsabilità.

Un fenomeno in crescita o isolato?

Il caso del bambino lupo non è isolato. Sempre più frequentemente si registrano episodi simili in cui bambini e adolescenti affermano di identificarsi con animali di ogni tipo: volpi, draghi, uccelli, serpenti, squali e persino dinosauri. Questo fenomeno, seppur ancora marginale, ha destato l’interesse dei media e degli esperti, che cercano di comprenderne le cause e le implicazioni.

Le motivazioni che spingono un individuo a identificarsi con un animale possono essere molteplici e complesse. Alcuni esperti ipotizzano che alla base possa esserci un desiderio di appartenenza a un gruppo, di trovare un’identità forte e definita in un mondo spesso percepito come caotico e incerto.

Altri, invece, vedono in questo fenomeno una manifestazione di disagio psicologico o di disturbi dell’identità di genere.

La diffusione di queste nuove forme di identità pone la scuola di fronte a nuove sfide. Come possono gli insegnanti e gli educatori rispondere a bisogni così complessi e variegati? Quali sono i limiti dell’inclusione e come si possono conciliare le esigenze individuali con il rispetto delle regole e dei diritti degli altri? È un cambiamento o una follia collettiva? Siamo obbligati a soccombere?