Si chiamava Giacomo Gobbato e aveva 26 anni il ragazzo che nella notte tra venerdì 20 e sabato 21 settembre è morto accoltellato per aver cercato di sventare una rapina a Mestre, nel Veneziano. Si trovava insieme a un amico, rimasto a sua volta ferito. Individuato e fermato il presunto aggressore: si tratterebbe di un uomo originario della Moldavia.

Chi era Giacomo Gobbato, morto accoltellato per aver cercato di sventare una rapina a Mestre

I fatti risalgono alla scorsa notte. Stando a quanto ricostruito finora, Giacomo Gobbato, 26 anni, si trovava in Corso del Popolo, a Mestre, in compagnia di un suo amico, quando, a un certo punto, avrebbe notato che un uomo stava importunando una donna. L’obiettivo? Rapinarla.

Si sarebbe quindi fatto avanti, sventando il furto. L’aggressore, però, avrebbe tirato fuori un coltello, colpendolo. Inutili i soccorsi: all’arrivo del personale del Suem 118, allertato da alcuni presenti, le sue condizioni erano già gravissime. Si è spento poco dopo il trasporto d’urgenza all’ospedale dell’Angelo.

Ferito a una gamba l’amico, che non sarebbe in pericolo di vita. Individuato e fermato, secondo fonti locali, l’aggressore: al momento non si conoscono le sue generalità, ma si sa che è di origine moldava. Secondo Rai News, dopo aver ferito a morte il 26enne avrebbe scippato un’altra donna in via Aleardi, sfregiandola addirittura al volto.

Tanti i messaggi di cordoglio sui social

Resta la rabbia e lo sgomento della comunità per la morte del giovane, che era conosciuto e stimato. Cresciuto a Jesolo, lavorava come tatuatore per uno studio di Vicenza; amava la musica e la street art. Frequentava il centro sociale “Rivolta” di Marghera, i cui membri hanno fatto sapere, attraverso i social:

Per noi è il tempo del dolore. Troppo dolore, un dolore che toglie le parole. Quello che pensiamo, tutto quello che proviamo, troveremo il modo di dirlo. A breve. Ora diciamo solo che esigiamo di non essere usati da chi semina odio. C’è un colpevole. È una persona, una singola. Non importa dove sia nato o di che colore abbia la pelle. E tutto questo succede in una città abbandonata da anni. Non accettiamo strumentalizzazioni.

Sono in tanti, oltre a loro, a parlare dell’accaduto, a ricordare il giovane e ciò che faceva. “Eri una gran brava persona“, scrive un utente. “Non si può morire così”, gli fa eco un altro, riflettendo sulla delinquenza ormai dilagante in tante città d’Italia.

“Cosa deve succedere ancora prima che la situazione venga presa sul serio?”, si chiede qualcuno. Qualcun altro, rimandando alla vicenda di Viareggio, scrive: “La gente è stanca e disperata”.

La vicenda di Viareggio

Il riferimento è quanto accaduto domenica 8 settembre in via Coppino, nel quartiere della Darsena viareggino: l’investimento, da parte di Cinzia Dal Pino, imprenditrice 65enne del posto, del ladro della sua borsetta Malkoun Said, 47enne algerino irregolare da tempo sul territorio italiano.

Vicenda che ha diviso l’opinione pubblica. E per cui la donna, che agli inquirenti ha dichiarato che “non voleva uccidere”, è finita agli arresti domiciliari. Ha fatto il giro del web il video che la ritrae mentre, a bordo del suo Suv, raggiunge la vittima, intenta a camminare con la borsa sulla spalla su un marciapiede, da dietro, schiacciandone il corpo contro la vetrina di un negozio fino a lasciarlo inerme (per recuperare la refurtiva).

Si pensava che l’uomo, trovato morto da un passante, avesse accusato un malore. Poi la svolta grazie all’analisi dei filmati delle telecamere di videosorveglianza.