Lo scorso 9 agosto, nel giardino di una villetta di Vignale di Traversetolo, in provincia di Parma, è stato rinvenuto il corpicino di un neonato. Gli accertamenti condotti dal Ris hanno appurato che era il figlio di una 22enne del posto che, interrogata, avrebbe poi confessato di averlo partorito e sepolto all’insaputa dei familiari, delle amiche e dello stesso fidanzato, come già aveva fatto con il primo figlio, dato alla luce un anno fa. La sua storia ha sconvolto l’opinione pubblica, portando molti a chiedersi: come è possibile che avvengano cose del genere? Ne abbiamo parlato con la psicoterapeuta Alexia Di Filippo.

Il parere della psicoterapeuta Di Filippo sul caso dei neonati sepolti in giardino dalla mamma a Parma

Il dramma dei figlicidi

D: Qualche settimana fa ci interrogavamo sulla strage di Paderno Dugnano, chiedendoci come possano i figli arrivare ad uccidere i genitori. Ora la notizia dei due neonati sepolti in giardino da una 22enne, che ci scuote e sconvolge, e una nuova domanda: cosa può spingere una mamma ad uccidere i propri figli?

R: “Occorre premettere che la criminologia opera una distinzione tra il neonaticidio, ovvero l’uccisione del bambino entro le 24 ore dalla nascita; l’infanticidio, che descrive la soppressione di un piccolo fino all’anno di età, e il figlicidio, l’omicidio di un figlio di età superiore all’anno.

La ricerca in psicologia, invece, pone il focus sulla distinzione tra neonaticidio e figlicidio, collocando in quest’ultimo anche i bambini uccisi dalle 24 ore dopo il parto in poi, proprio per lo spartiacque che si crea circa le motivazioni del gesto.

Il neonaticidio, infatti, ha come movente l’impedire la venuta al mondo e lo stabilirsi di un rapporto con un figlio non voluto, frutto di una gravidanza indesiderata, mentre dal giorno successivo alla nascita, quando si è già stabilito un legame tra madre e bambino, diventano molteplici le possibili cause del terribile gesto.

I principali motivi dei figlicidi sono i seguenti: risparmiare al figlio una sofferenza immaginaria reale o futura; eliminarlo perché indesiderato; per vendetta o rivendicazione nei confronti del partner padre del piccolo; a causa di un disturbo mentale come la schizofrenia e la psicosi post-partum; e per negligenza o in conseguenza di punizioni che finiscono per determinarne la morte”.

Il caso di Traversetolo

D: La ragazza di Traversetolo, accusata di omicidio volontario e soppressione di cadavere, avrebbe fatto tutto da sola, cercando online come nascondere la gravidanza e partorire, ma anche dettagli più macabri, come ‘dopo quanto puzza un cadavere’. Comportamenti che sembrano cozzare con il ritratto che chi la conosce ha fatto di lei, descrivendola come “una studentessa modello”, una ragazza “insospettabile”. Come è possibile, dal suo punto di vista?

R: “Per spiegarlo analizzerei la frase utilizzata dal procuratore Alfonso D’Avino nel delineare il movente dell’agire della neonaticida: la paura di essere giudicata dai genitori e dal fidanzato (nel caso fossero venuti a conoscenza delle gravidanze, ndr), nonostante con gli stessi avesse un rapporto apparentemente ordinario.

Ritengo che il nucleo di questo dramma possa risiedere proprio nella tensione alla conformità entro cui questa ragazza viveva, che le ha ispirato il dover mentire, nascondere, dissimulare, manipolare ed uccidere, al fine di mantenere una immagine di sé aderente alla regolarità, ad una norma prefissata ineludibile e soprattutto adeguata agli standard circostanti.

Ciò le ha permesso di destreggiarsi senza difficoltà tra i ruoli di animatrice, commessa, catechista, barista e baby sitter con due gravidanze in corso, senza che ai fatti nessuno si accorgesse di nulla.

Una maschera al di sotto della quale si nascondeva un abisso, la cui origine non può che essere rintracciata in perturbative nel legame di attaccamento con le figure di accudimento primario, le quali hanno determinato lo strutturarsi di una personalità definita in conferenza stampa come ‘indecifrabile’, che andrà valutata in sede peritale”.

Di possibili soluzioni

D: Cosa direbbe, da psicoterapeuta, alle giovani che dovessero ritrovarsi a vivere una situazione simile, una gravidanza indesiderata, per evitare che compiano gesti estremi? Abbiamo gli strumenti per aiutarle?

R: “La prima cosa che raccomanderei a una ragazza che dovesse scoprire una gravidanza indesiderata e non se la sentisse di comunicarlo ai genitori è di recarsi al consultorio più vicino per ricevere tutte le informazioni necessarie, tra cui quelle relative all’applicazione della Legge 194 (sull’aborto, ndr).

La ragguaglierei anche del fatto che nel nostro Paese è possibile partorire in totale anonimato, con tutta l’assistenza del caso, e lasciare il piccolo in ospedale per fare in modo che venga adottato.

Poi, qualunque decisione prendesse, le direi che è fondamentale seguire un percorso psicoterapeutico per elaborare i vissuti complessi, talvolta traumatici, che si attivano in una situazione come questa, al fine di elaborarli e superarli”.