Nel processo che si sta celebrando davanti alla Corte d’Assise di Cosenza la Procura ha chiesto di condannarla a 23 anni di reclusione: Isabella Internò, 55 anni, è accusata di aver ucciso “per futili e abietti motivi” l’ex fidanzato, il calciatore Donato Denis Bergamini. I fatti risalgono al 1989. Per ripercorrerli dobbiamo fare un passo indietro.
Chi è Isabella Internò? Biografia, marito e figli della donna accusata dell’omicidio di Donato Denis Bergamini
Tutto inizia nel 1985, quando Isabella Internò e Donato Denis Bergamini si conoscono a Cosenza. Lei ha 16 anni e studia Ragioneria; lui ne ha 22 e da poco è arrivato al Sud da Argenta, dove è nato, per giocare nella squadra di calcio locale.
Iniziano a frequentarsi, si fidanzano. La loro storia, però, appare fin da subito tormentata: litigano spesso. Nel 1987, dopo vari tira e molla, l’evento che sconvolge le loro vite: Isabella resta incinta. Denis si dice pronto a riconoscere il figlio, ma non acconsente a un matrimonio riparatore (non accetta cioè di sposarla in risposta alla gravidanza).
Ritiene che la ragazza sia troppo gelosa. Si rende conto che convolare a nozze sarebbe rischioso. Al quinto mese e mezzo di gravidanza, l’aborto in una clinica di Londra. I due restano, comunque insieme. Due anni dopo, alla fine della loro relazione, Denis muore. Ha 27 anni.
Il suo corpo viene ritrovato sulla strada statale 106 Jonica nei pressi di Roseto Capo Spulico. Chi indaga pensa subito a un suicidio: Internò, che era con lui al momento dei fatti, racconta che si è gettato sotto a un camion senza che lei potesse fare niente per evitarlo al culmine di una discussione.
Versione a cui i familiari della vittima non credono. Nel 2015, la svolta: nuove indagini smentiscono la pista del gesto volontario. A finire nel mirino degli inquirenti, proprio Internò, che nel frattempo si è sposata e insieme al marito Luciano Conte, ex poliziotto, ha avuto dei figli.
La ricostruzione dell’accusa, che per l’imputata ha chiesto 23 anni di carcere
La ricostruzione dell’accusa è la seguente: la donna, oggi 55enne, avrebbe premeditato e ordinato l’omicidio di Bergamini perché incapace di accettare il fatto che lui l’avesse lasciata. Ad incastrarla, diversi elementi.
C’è la perizia che nel 2017 ha riscontrato, sul corpo riesumato del calciatore, “segni di soffocamento” riconducili a una sciarpa o a un sacchetto di plastica, arrivando alla conclusione che fosse già morto, quando, il 18 novembre del 1989, fu adagiato sulla carreggiata e investito.
Ma c’è anche la testimonianza chiave di una donna, Tiziana Rota, moglie di un compagno di squadra della vittima e per qualche anno amica intima di Internò, secondo cui la stessa, una settimana prima che il calciatore morisse, le avrebbe detto, riferendosi a due suoi cugini: “Zitta, se sanno che mi ha lasciata lo ammazzano”.
Nonostante le aggravanti contestatele (quella della premeditazione e quella dei motivi futili e abietti), l’accusa, rappresentata dal procuratore Alessandro D’Alessio e dal sostituto procuratore Luca Primicerio, riconoscendole le attenuanti generiche (per via del tempo trascorso dai fatti) ha chiesto ai giudici di primo grado di condannare la donna a 23 anni di carcere.
La requisitoria dei pubblici ministeri è stata veramente fantastica: precisa, puntuale, estremamente convincente, anche dal punto di vista tecnico […]. A mio avviso la Isabella Internò di oggi è però ancora peggio di quella di ieri. Lo denotano una serie di elementi di cui parlerò in aula,
il commento affidato al quotidiano locale Cosenza Channel da Fabio Anselmo, legale dei familiari della vittima. A distanza di 35 anni dalla morte di Bergamini, la loro speranza è quella di poter finalmente chiudere il cerchio e ottenere giustizia.