Oggi, 19 settembre 2024, nell’ambito del processo Regeni, è stato il giorno dell’interrogatorio di Matteo Renzi e di Marco Minniti, rispettivamente premier e ministro degli Interni all’inizio del 2016, quando Giulio, dottorando dell’Università di Cambridge, mentre era impegnato in una ricerca di interesse accademico, fu rapito, torturato e ucciso al Cairo.

Il 28enne nato a Trieste fu catturato il 25 gennaio 2016 e ritrovato senza vita il 3 febbraio nei pressi di un carcere dei servizi segreti egiziani. Il suo caso ha suscitato fin dal primo momento molto clamore per gli evidenti tentativi di depistaggio delle autorità egiziane ma anche grazie alla forza mediatica rafforzatasi nel tempo con lo slogan “Verità per Giulio Regeni”. Dopo una battaglia diplomatica e giudiziaria, ora, quattro uomini dei servizi segreti agli ordini di Al Sisi sono sotto processo. Ma tutta la verità è ancora lontana dall’essere pronunciata da una sentenza.

Processo Regeni, Renzi e Minniti in tribunale

L’attesa per gli interrogatori del Procuratore aggiunto di Roma Sergio Colaiocco per Renzi e Minniti nel processo Regeni era molto alta. Alessandra Ballerini, avvocato della famiglia Regeni, prima di entrare in aula per l’ennesima udienza, si è augurata questo:

“Renzi e Minniti ci racconteranno quando e come hanno saputo, cosa hanno fatto allora e cosa hanno fatto dopo per avere verità e giustizia per Giulio Regeni. Sarebbe bello avere chiarezza sulle date anche perché è stato detto che se Renzi, allora premier, avesse saputo prima del 31 gennaio avrebbe potuto salvarlo”

Le dichiarazioni di Matteo Renzi: “Non abbiamo mai accettato verità di comodo”

Sta di fatto che Matteo Renzi, presidente del Consiglio all’epoca del caso-Regeni, ha spiegato che ha iniziato a lavorare in prima persona sul caso Regeni proprio il 31 gennaio 2016:

“Giulio è stato torturato e ucciso nel modo più bieco e incredibile. Le istituzioni italiane hanno fatto tutto quello che dovevano fare sia durante che soprattutto dopo, quando abbiamo richiamato l’ambasciatore e respinto ogni tentativo egiziano di costruirsi una verità di comodo. Io sono molto fiero e orgoglioso di quella risposta, anche perché altri Paesi, a cominciare dalla Francia e dal Regno Unito, per casi simili al nostro, hanno avuto atteggiamenti diversi. Però, certo: questa nostra consapevolezza nulla vale davanti al dolore della famiglia”

Matteo Renzi, poi, ha tenuto a sottolineare che, sotto l’aspetto diplomatico, l’Italia non poteva mettere in campo una risposta maggiore:

“Quello che abbiamo spiegato oggi, anche davanti a polemiche assurde tanto che sembra che la responsabilità della morte di Giulio sia dell’Italia anziché dell’Egitto – Giulio l’hanno ammazzato loro, noi abbiamo fatto di tutto per salvarlo -, è che, dopo la solita trafila burocratica iniziata il 28 gennaio per un caso di scomparsa di una persona, il 31 gennaio il nostro ministro degli Esteri inizia a prendere contatto con il suo omologo egiziano. Contemporaneamente, i Servizi fanno notare il problema e io stesso mi metto al lavoro. Poi, quello che è successo è noto a tutti: il sequestro, la tortura, il ritrovamento del cadavere. A quel punto, abbiamo deciso di richiamare l’ambasciatore, il massimo che possa fare un Paese: di più grave c’è solo la dichiarazione di guerra. Inoltre, come fanno i Paesi liberali, abbiamo chiesto l’aiuto della magistratura, che aprì un fascicolo, e della stampa, con Al Sisi che fu costretto a rispondere all’opinione pubblica”

Renzi interrogato dal Procuratore aggiunto di Roma

Ecco i video dell’inviato di Tag24.it Lorenzo Brancati della deposizione di Renzi, interrogato dal Procuratore aggiunto di Roma Sergio Colaiocco:

L’ex premier Matteo Renzi ha svelato che in media scompaiono dieci italiani al giorno nel territorio nazionale e internazionale e che ogni volta si mette in moto un procedimento amministrativo ben preciso

Minniti: “Ecco quando i rapporti istituzionali Italia-Egitto si interruppero e perché”

A rispondere alle domande del Procuratore aggiunto di Roma Sergio Colaiocco, oggi, 19 settembre 2024, è stato anche Marco Minniti, ministro dell’Interno nel 2016. Tra l’altro, l’allora componente del Governo Renzi ha spiegato:

“Io sono stato avvisato della vicenda il 31 gennaio. E subito mi sono attivato. Ma a un certo punto i rapporti istituzionali con l’Egitto si sono interrotti: il ministero dell’Interno del Cairo smise di collaborare anche perché evidentemente le autocrazie non sono monoliti, ma vivono su patti di complicità tra diversi gruppi che controllano parti diverse dello Stato. Quindi, non c’è uno che garantisce per tutti. Anche quando si tratta di un assassinio di un innocente a sangue freddo”

Poi Minniti ha raccontato anche il tentativo di depistaggio dopo una sua visita al Cairo dell’8 marzo 2016, quando le autorità egiziane gli raccontarono di un conflitto a fuoco in cui rimasero uccise 5 persone ritenute responsabili dell’omicidio Regeni.

L’avvocato della famiglia Regeni: “Ma la comunicazione urgente dell’ambasciata è rimasta su qualche scrivania e non ha consentito di salvare Giulio”

Al termine dell’udienza di oggi, 19 settembre, Alessandra Ballerini, l’avvocato della famiglia Regeni ha giudicato molto importante ciò che hanno detto Renzi e Minniti:

“Hanno fatto capire che è stata la paranoia di un regime autoritario a uccidere Giulio, un ricercatore universitario brillante, non una spia: non ha mai avuto a che fare con i Servizi. Tuttavia, rimane grave che una comunicazione urgente dell’ambasciata italiana al Cairo datata 28 gennaio sia rimasta su qualche scrivania mentre richiedeva massima attenzione. Questo non ha consentito di attivare tutte le forze che avrebbero potuto salvare Giulio e provoca molto dolore”