Il libro Perché ridiamo. Alle origini del cervello sociale (Il Mulino, 2024), scritto dal neuroscienziato Fausto Caruana e dall’etologa Elisabetta Palagi, offre uno sguardo inedito sul fenomeno del riso, sfatando una serie di preconcetti comuni. Uno tra questi è l’idea, diffusa, che la risata sia una prerogativa esclusiva degli esseri umani. Al contrario, gli autori dimostrano che il riso ha radici molto più profonde e antiche, legate al mondo animale. Infatti, scopriamo che molte specie animali ridono: dai ratti, che emettono suoni di gioia a frequenze impercettibili all’orecchio umano, fino ai bonobo, che sorridono durante i loro giochi erotici. Persino i leoni marini esibiscono espressioni facciali simili al sorriso. Questo dimostra che il riso non è esclusivamente umano, ma si estende a vari contesti nel regno animale, dove rappresenta una forma di comunicazione e relazione.
“Perché ridiamo. Alle origini del cervello sociale”, recensione del libro
Nel Medioevo, il riso non godeva di buona reputazione: proverbi dell’epoca, come risus abundat in ore stultorum, lo associavano agli sciocchi. Anche nei dipinti dell’epoca, i volti sorridenti sono rari. Il riso era visto come un’attività incontrollata, quasi oscena, che disturbava l’equilibrio mentale. In tempi moderni, invece, il sorriso è diventato onnipresente e quasi obbligatorio nelle interazioni sociali.
La risata è solo la parte visibile di una complessa rete di comportamenti sociali. Caruana e Palagi esplorano come la risata, nata da semplici suoni e movimenti facciali, sia evoluta in un fenomeno più articolato grazie alla socialità. Come la vocalizzazione si è sviluppata fino a diventare canto o musica, così il riso ha assunto molteplici forme e funzioni. Ridere, spiegano gli autori, non è un’azione solitaria: è un fenomeno che si amplifica in compagnia, facilitando la creazione e il mantenimento dei legami sociali.
Un altro mito che gli autori smontano è che il riso sia sempre legato al comico o all’umorismo. In realtà, nella maggior parte dei casi si ride per rafforzare le relazioni sociali, non tanto per divertimento. Il riso e il sorriso sono segnali che mostrano appartenenza: ridere insieme significa sentirsi parte di un gruppo. Chi non ride con noi, invece, rischia di essere percepito come un estraneo. Capire quando ridere e quando non farlo è cruciale nella vita sociale, poiché il riso può anche rivelare la natura dei rapporti tra le persone: le coppie che si amano, ad esempio, ridono insieme.
Le teorie più influenti sul riso si dividono in tre categorie:
- superiorità,
- sollievo,
- incongruenza.
La teoria della superiorità vede il riso come un atto di scherno verso qualcuno ritenuto inferiore, un comportamento comune, per esempio, nei bambini che ridono alle spalle di chi percepiscono come diverso o debole. La teoria del sollievo riguarda il riso che emerge per allentare la tensione, come quando si scopre che ciò che sembrava minaccioso in realtà non lo è. Infine, la teoria dell’incongruenza si basa sullo scompiglio causato da qualcosa di inaspettato, come accade nella fiaba dell’imperatore nudo di Hans Christian Andersen, in cui l’assurdità della situazione scatena il riso collettivo.
Questa ultima forma di risata, legata all’incongruenza, ha un forte impatto culturale: essa spesso segna la rottura con il passato e l’emergere di nuove visioni del mondo. Umberto Eco l’ha evidenziato nel suo romanzo Il Nome della Rosa, dove il riso rappresenta una minaccia all’autorità e una sfida alle verità consolidate. In questo senso, il riso ha una valenza rivoluzionaria, un gesto sovversivo che porta a un cambiamento, rompendo con il presente per aprire la strada al futuro.
In sintesi, il libro di Caruana e Palagi offre una prospettiva profonda e multidimensionale sulla risata, esplorando le sue radici evolutive e il suo ruolo nelle dinamiche sociali umane e animali. La risata, in tutte le sue forme, è uno strumento potentissimo, capace di unire, comunicare e, talvolta, cambiare il corso della storia.