La maggioranza va avanti nel progetto di rinnovare il consiglio di amministrazione della Rai entro la prossima settimana, pur con l’incognita del raggiungimento del quorum per il gradimento del presidente in Commissione di Vigilanza. I nomi del prossimo vertice aziendale sono praticamente definiti e della squadra potrebbe far parte anche l’attuale amministratore delegato Roberto Sergio che ha incontrato la premier Giorgia Meloni a Palazzo Chigi, esprimendo – secondo quanto filtra – la propria disponibilità a proseguire la sua attività a Viale Mazzini alla fine del mandato, anche in collaborazione con un nuovo amministratore delegato. Il nome in pole position per quel ruolo resta quello dell’attuale direttore generale Giampaolo Rossi, gradito alla premier. Quanto alla presidenza, il leader di Forza Italia Antonio Tajani ha confermato, nonostante la moral suasion di Meloni per l’individuazione di un nome bipartisan, la volontà di indicare Simona Agnes. “Credo sia la miglior candidata possibile – ha detto -. È una donna che ha dimostrato di saper fare bene il consigliere di amministrazione che ama la Rai e che non ha tessere di partito. Noi andiamo avanti, intanto eleggiamo il Cda, poi siamo disponibili a parlare di riforma”.

Ma Salvini è pronto ad approfittare se mancassero i voti in Vigilanza

Ma i voti della minoranza in commissione vigilanza sono indispensabili al raggiungimento del quorum dei due terzi in Commissione, necessario per l’entrata in carica del presidente. Al momento, dopo il passaggio di Maria Stella Gelmini nella maggioranza, al centrodestra mancano due voti. Per ottenerli si guarda ai due membri di Italia Viva, anche se Matteo Renzi si è impegnato nel campo largo. A chiarire la linea del Movimento Cinque Stelle, dopo le voci di possibili accordi in cambio della direzione del Tg3, è intervenuto il leader Giuseppe Conte, dicendosi pronto al sì qualora “ci fosse un presidente autorevole, assolutamente non riconducibile a logiche partitiche”. Non Agnes, dunque, che in caso di bocciatura non potrebbe entrare in carica come presidente, rimanendo semplice consigliere. In quel caso il ruolo spetterebbe al consigliere anziano, che potrebbe finire alla Lega, pronta a votare Antonio Marano o Alessandro Casarin. La soluzione sorriderebbe, dunque, al partito di Matteo Salvini, che ha sempre preteso di poter indicare il direttore generale, qualora l’Ad e il presidente fossero stati espressione degli alleati.