Chi non aderisce al concordato preventivo biennale rischia di incorrere in sanzioni accessorie. Un emendamento al decreto Omnibus va a ripescare la proposta di un sistema sanzionatorio molto più punitivo per chi decide di non accettare il patto con il Fisco.
Si tratta di una proposta che arriva dai Senatori Orsomarso, Garavaglia e Damiani. Arriva da parte di quegli stessi firmatari dell’emendamento sul ravvedimento speciale per gli anni dal 2018 al 2023.
Con il concordato preventivo ci troviamo di fronte a un doppio binario di premi e penalizzazioni e nel testo ci andremo proprio a soffermare su cosa succede a chi decide di non aderire.
Sanzioni per chi non aderisce al concordato preventivo
Il concordato preventivo continua a far parlare di sé e, di certo, non positivamente. Rimangono molte criticità e lo strumento, nonostante le numerose modifiche, rimane per i contribuenti uno strumento molto poco conveniente.
Al contempo, per il Governo si tratta di uno strumento fondamentale e quasi indispensabile per reperire risorse per la manovra 2025.
Infatti, sono stati avanzati nuovi tentativi per convincere le Partite Iva ad aderire a patto con il Fisco per il biennio 2024-25. Oltre alla sanatoria sul pregresso per chi deciderà di aderire, è stato proposto anche un emendamento che punta a introdurre un nuovo meccanismo sanzionatorio per i contribuenti che decideranno di non aderirvi.
Tra i diversi emendamenti, è stata ripescata proprio la proposta con la previsione di soglie al ribasso per l’applicazione delle sanzioni accessorie in materia di imposte dirette e Iva, previste dall’articolo 12 del decreto legislativo n. 471/1997.
L’emendamento, in modo particolare, prevede che in caso di sanzioni amministrative per violazioni relative a periodi d’imposta e tributi oggetto di proposta di concordato preventivo biennale, non accolta dal contribuente, in caso di decadenza, le soglie per l’applicazione delle sanzioni accessorie vengano ridotte alla metà.
Questa proposta arriva dagli stessi Senatori firmatari dell’emendamento sul ravvedimento speciale per gli anni dal 2018 al 2023. Si punta al doppio binario: premi e penalizzazioni.
Premi e sanzioni per incentivare le adesioni al concordato preventivo
In realtà non si tratta proprio di una novità. La proposta di introdurre meccanismi penalizzanti per chi non aderirà al concordato preventivo era stata già formalizzata. Quando? Durante la messa a punto del sistema sanzionatorio tributario.
Il tentativo, quindi, è stato solo ripescato e per sapere se esattamente sarà introdotto un sistema sanzionatorio più punitivo bisogna attendere l’esito dell’esame e della discussione degli emendamenti al decreto Omnibus.
Cosa propone l’emendamento? In sostanza, si prevede l’intervento sul limite di 50.000 euro previsto dal comma 1 dell’articolo 12.
Per le Partite Iva che decideranno di non accettare la proposta di concordato, si prevede di fissare la soglia a 25.000 euro e 50.000 euro.
La proposta aveva già fatto discutere e il dimezzamento delle soglie per l’applicazione delle sanzioni accessorie rappresenterebbe una sorta di pressione indebita nell’accettazione della proposta di concordato preventivo.
Estensione concordato per i redditi 2018-23
È stato presentato un emendamento al decreto Omnibus per estendere il concordato preventivo anche ai redditi 2018-23. L’emendamento, firmato da Fausto Orsomarso (FdI), Massimo Garavaglia (Lega) e Dario Damiani (FI), prevede che i contribuenti che entro il 31 ottobre aderiranno al concordato potranno accedere anche al ravvedimento speciale per gli anni 2018-2023.
Si tratta di una proposta che percorre, al contempo, due vie. Si ha l’intenzione di rendere molto più accattivante e conveniente uno strumento che, almeno fino a ora, ha solo posto dubbi e incertezze. Dall’altra parte, si spera di ottenere più entrate, in quanto sul concordato si concentrano le speranze per reperire risorse utili alla prossima Legge di Bilancio.