Sono in corso nuovi accertamenti, da parte dei carabinieri del Ris, sui frammenti ossei repertati nel corso dell’autopsia sul corpo di Francesca Deidda, la 42enne di San Sperate scomparsa e poi trovata morta all’interno di un borsone nelle campagne del Cagliaritano. A riportarlo sono i quotidiani locali, secondo cui avrebbero preso parte agli esami – attraverso cui bisognerà chiarire quale sia stata l’arma del delitto e quale l’esatta dinamica dei fatti – l’avvocato Gianfranco Piscitelli, che assiste il fratello della vittima, parte lesa, e i legali difensori del marito Igor Sollai, in carcere con l’accusa di averla uccisa, ma a suo dire innocente.

Francesca Deidda uccisa a San Sperate, nuovi accertamenti in corso: cosa sappiamo e cosa non torna

Dell’autopsia vera e propria si è occupato, lo scorso fine luglio, il medico legale Roberto Demontis. Stando a quanto emerso allora, Francesca Deidda, 42 anni, sarebbe morta dopo essere stata colpita alla testa un’unica volta, sul lato destro della fronte, con un oggetto contundente piatto, mentre dormiva.

I fatti risalgono allo scorso maggio. L’ipotesi è che si fosse appisolata sul divano dell’abitazione in cui viveva insieme al marito Igor Sollai. Divano che quest’ultimo – già in carcere con l’accusa di omicidio volontario e occultamento di cadavere – avrebbe poi cercato di vendere: analizzandolo, i carabinieri del Ris vi hanno trovato copiose tracce di sangue.

Fin dall’inizio, l’uomo, 43 anni, di professione camionista, si proclama innocente. Sembra però che tra lui e la donna i rapporti, da un po’, si fossero fatti tesi e che lui, in particolare, avesse intrapreso un’altra relazione. Ad incastrarlo, i messaggi che – utilizzando il telefono della moglie – avrebbe inviato ad amici e parenti mentre lei risultava già scomparsa.

Il tutto per fingere che si fosse allontanata volontariamente da casa per un periodo di riflessione. Almeno prima che il suo corpo, lo scorso luglio, venisse ritrovato all’interno di un borsone nelle campagne tra Sinnai e San Vito, nel Cagliaritano.

Gli elementi a carico del marito della 42enne Igor Sollai

A carico dell’uomo ci sarebbero anche altri indizi. Sempre fingendosi la moglie, avrebbe infatti inviato, al datore di lavoro della donna, una mail per avvisarlo che si sarebbe licenziata. Un gesto non da lei, secondo i colleghi, che, insieme al fratello Andrea, sarebbero stati tra i primi a preoccuparsi per le sorti della 42enne.

Avevano capito che qualcosa non tornava. Facevano fatica a credere che la donna se ne fosse semplicemente andata, abbandonando tutto e tutti, da un momento all’altro, senza un motivo valido. Infatti era morta. Da chiarire adesso se il marito possa aver avuto un complice. La sua storia ricorderà a molti quella di Giada Zanola, che il 29 maggio scorso è stata trovata senza vita al di sotto di un cavalcavia dell’A4 nei pressi di Vigonza.

Si pensava che potesse essersi suicidata. Alla fine l’ex compagno Andrea Favero è finito in carcere con l’accusa di averla uccisa. Secondo le ricostruzioni, l’uomo, che come Sollai lavorava come camionista, non accettava che la 33enne lo avesse lasciato – annullando le nozze che avevano programmato per questo settembre -, e che si fosse costruita una vita insieme al nuovo compagno. Aveva paura di perdere il figlio che avevano avuto insieme.

Di recente è emerso che potrebbe anche aver drogato l’ex: nel suo sangue c’erano, infatti, tracce di benzodiazepine mai prescrittegli da un medico. Un dettaglio che, alla luce delle confidenze fatte dalla 33enne a un’amica (sembra che le avesse scritto di aver paura che l’uomo le somministrasse delle sostanze per violentarla e avere un altro figlio), potrebbero portare gli inquirenti a contestare al 38enne l’aggravante della premeditazione, finora esclusa.