Il silenzio sulle indagini sui due neonati morti trovati nel giardino della villetta bifamiliare a Vignale di Travesetolo è stato rotto: così la Procura di Parma ha deciso di aprire un fascicolo per “violazione del segreto d’indagine”.

Procura di Parma: avviato fascicolo per “violazione del segreto d’indagine”

Una vicenda estremamente delicata e dai contorni ancora troppo sfumati quella di Vignale di Traversetolo, il comune in provincia di Parma improvvisamente diventato teatro di due orribili crimini. Da quel tragico 9 agosto 2024, le cose non sono più state le stesse per i cittadini, sconvolti dopo il ritrovamento di un neonato morto e chiuso in un sacchetto, poi abbandonato nel giardino di una villetta.

Poche settimane fa la seconda orribile scoperta: un secondo bimbo trovato nello stesso luogo. Di lui solamente i resti. Ossa messe a disposizione del medico legale e del fetologo per tentare di estrapolare il DNA.

Entrambe le vicende hanno profondamente scioccato i residenti e con loro anche tutta Italia. Soprattutto, dopo l’identificazione della madre del primo bimbo rinvenuto: una 22enne del luogo, studentessa di Giurisprudenza e figlia di una famiglia agiata. Accertato anche il padre del piccolo, ovvero il fidanzato di lunga data della giovane.

Eppure, le notizie che sono rimbalzate sui giornali hanno fatto storcere il naso alla Procura di Parma, proprio per alcune delle informazioni riportate. Dati che sarebbero dovuti rimanere segreti durante la conduzione delle indagini, ma trapelati in qualche modo.

Punto cruciale saltato agli occhi della Procura il fatto che le testate italiane abbiano esplicitamente parlato del ritrovamento del secondo neonato. Cosa che “rischia di incidere sulle acquisizioni investigative in corso“. Così, la Procura di Parma ha avviato un fascicolo per “violazione del segreto d’indagine“.

Le accuse alla Procura, i cittadini: “Avete nascosto le indagini”

La decisione di avviare delle indagini interne per la violazione del segreto è nata, infatti, dopo la diffusione del secondo caso, che avrebbe sollevato contro la Procura stessa diverse critiche da parte dei cittadini e degli organi di stampa.

In difesa del suo ufficio, tacciato di aver “tenuta nascosta” l’inchiesta, nonostante fosse stata avviata già da qualche settimana, il procuratore Alfonso D’Avino, che coordina le indagini, ha dichiarato:

Quanto alla stampa, questo riserbo ha suscitato non poche perplessità e recriminazioni da parte di alcuni organi di informazione soprattutto perché, parallelamente, ben altro rilievo mediatico veniva dato a vicende delittuose di analoga gravità, avvenute in altre parti del territorio nazionale. Quanto al cittadino, il diritto a essere informati è stato recentemente espresso, ai massimi livelli locali, dal sindaco di Traversetolo, centro della provincia di Parma purtroppo finito sotto la lente d’ingrandimento dell’attenzione mediatica.

Pur consapevole della aspettativa della popolazione (non solo quella locale) a essere informata su ciò che è avvenuto, la Procura di Parma – in linea con le disposizioni normative – ha scelto la linea della massima riservatezza, fondata su due pilastri: la necessità di preservare il segreto di indagine e la necessità di garantire la presunzione di innocenza

D’Avino: “Segreto d’indagine? Incompatibile con la diffusione delle informazioni”

In effetti, il diritto alla segretezza delle indagini è esplicitamente normato dal nostro codice di procedura penale, che stabilisce all’art. 329 che “gli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria sono coperti dal segreto fino a quando l’imputato (o l’indagato) non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari“.

Il tutto per permettere il corretto svolgimento dell’inchiesta e l’acquisizione di tutte le prove per la costruzione del caso. Proprio su questo punto, infatti, D’Avino ha insistito sulla conduzione senza sosta delle attività investigative:

Tanto che molti provvedimenti giudiziari, come deleghe, decreti di ispezione, decreti di sequestro, sono stati adottati dai magistrati titolari dell’inchiesta con firma digitale a distanza, in quanto in congedo ordinario, e ciò per evitare il rischio di stasi investigative e garantire invece continuità assoluta agli accertamenti, eseguiti a loro volta, senza alcuna sosta e con grandissimo spirito di servizio e di sacrificio, dagli organi di Polizia giudiziaria

E ha aggiunto:

Tutto ciò è parso incompatibile con una parallela propagazione di notizie che, se da un lato avrebbe soddisfatto quella aspettativa a conoscere da parte dell’opinione pubblica, dall’altro avrebbe determinato la creazione di quel circuito mediatico dal quale poi riesce difficile uscire, perché si tratta di un circuito che, una volta innescato, finisce per auto alimentarsi da sé e che richiede sempre nuovi e quotidiani aggiornamenti

Neonati morti: coincidenza o casi connessi? Il silenzio sulla vicenda

Gli ultimi aggiornamenti sulla tragica scoperta dei due neonati hanno riguardato l’ipotesi che i casi potessero essere connessi in qualche modo. Non solo, è dilagata anche la possibilità che a uccidere i due bimbi possa essere stata la stessa madre, la 22enne, la cui identità è – ovviamente – ancora segreta.

Un dettaglio enorme che potrebbe cambiare il corso delle stesse indagini e per questo il procuratore ha dichiarato che:

Se, in una vicenda obiettivamente grave quale l’accertato decesso di un neonato, la Procura avesse scelto la linea della comunicazione libera e costante, sui protagonisti della stessa sarebbe stato acceso un faro così potente da innescare quel che gli esperti di comunicazione definiscono circo mediatico, che è l’esatto contrario di quella presunzione di innocenza che si è voluto garantire; il processo mediatico che si sarebbe aperto avrebbe avuto, sulle persone coinvolte, effetti ben più devastanti del processo giudiziario

L’Ansa, però, ha riportato che la giovane 22enne avrebbe confessato di aver partorito in casa, nel più totale riserbo e senza mettere al corrente i genitori della gravidanza, né il fidanzato.