La storia che stiamo per ripercorrere ha per protagonisti due adolescenti e somiglia, per modalità e movente, a quella, più recente, del 17enne che a Paderno Dugnano ha ucciso la madre, il padre e il fratellino di 12 anni. Si consumò a Novi Ligure, nel Piemontese, ormai 23 anni fa ma, secondo molti, resta tra le più inquietanti del nostro Paese.
La storia di Erika De Nardo e Mauro Favaro
Una famiglia apparentemente perfetta
Siamo nel 2001. Al civico 12 di via Don Beniamino Dacrata, nel quartiere Lodolino di Novi Ligure, in provincia di Alessandria, vivono Francesco De Nardo, la moglie Susanna Cassini e i due figli Erika e Gianluca. Il primo è il dirigente di una nota industria dolciaria; la seconda lavora come impiegata contabile per una ditta.
La figlia più grande ha 16 anni e frequenta l’Istituto per Geometri San Giorgio. I professori dicono che è intelligente ma poco diligente: ha un carattere ribelle, fa fatica a seguire le regole. Tutto sommato, però, si adegua, non da’ troppi problemi. Il fratellino, 11 anni, frequenta le scuole medie. Nel tempo libero gioca a pallacanestro. È un ragazzino tranquillo.
Da fuori sembrano una famiglia come tante, una famiglia praticamente “perfetta”, come quella di Paderno Dugnano. Qualcosa, però, non va.
L’omicidio di Susanna Cassini e Gianluca De Nardo
Erika non è felice, come Riccardo (l’autore della strage del Milanese) si sente oppressa, schiacciata dai familiari. E insieme al fidanzatino di 17 anni Mauro Favaro, per gli amici “Omar”, programma di ucciderli. Il delitto, che sarebbe passato alla storia con il nome di “delitto di Novi Ligure”, si consuma la sera del 21 febbraio.
Sono le 19.30 quando Susanna Cassini e il figlio minore, Gianluca, rincasano dopo essere usciti per delle commissioni. I due adolescenti li colgono di sorpresa e uccidono prima lei, poi lui, con 97 coltellate. È Erika a dare l’allarme: dopo aver compiuto la mattanza esce in strada e chiede aiuto.
Ai carabinieri che poco dopo intervengono racconta che un bandito, un “extracomunitario, forse albanese” è entrato in casa sua, uccidendo la madre e il fratellino. Per giustificare le macchie di sangue che ha sui vestiti dice di aver colpito il carnefice con “una bottiglia sulla testa”, salvo poi darsi alla fuga su suggerimento della madre.
L’arresto di Erika De Nardo e del fidanzatino Omar
La Procura apre un’indagine per duplice omicidio, dando il via agli accertamenti. Ventiquattro ore dopo il ritrovamento dei corpi delle due vittime, Erika e Omar vengono arrestati. Ad incastrarli è un filmato che li ritrae mentre, in caserma, ignari di essere osservati, parlano del numero di coltellate inflitte ai familiari della ragazza.
“Assassina”, dice Omar ad Erika. Lei gli risponde: “Assassino tu!”. Poi aggiunge: “Tranquillo, mi credono, non andrai in prigione”. Messi alle strette, si accusano l’un l’altro. Erika racconta che è stato Omar ad infierire sui corpi, dopo averla chiusa in bagno. Lui sostiene di essere stato soggiogato da lei.
Chi indaga arriva alla conclusione che i due hanno avuto un ruolo paritetico. Lo conferma il test del Dna, che sulla scena del crimine rileva tracce di entrambi. Hanno ucciso tutti e due, con due coltelli, seguendo un piano criminale programmato. Susanna è morta per prima, in cucina, al piano inferiore della villetta; Gianluca per secondo, tra il bagno e la camera di Erika, al piano superiore.
Il movente del delitto di Novi Ligure
La domanda che tutti si pongono è una: perché l’hanno fatto? Come avrebbero scritto i giudici nelle sentenze di condanna, “volevano vivere in una dimensione di libertà assoluta” all’interno della casa della strage. Secondo i loro piani iniziali, infatti, avrebbero dovuto uccidere anche il padre di Erika.
Entrambi, al termine dei dovuti accertamenti, sono stati riconosciuti pienamente capaci di intendere e di volere. Erika, però, secondo gli esperti, sarebbe affetta da un disturbo narcisistico della personalità. Disturbo che avrebbe inciso sulla sua condotta antisociale. E quindi sul suo sviluppo.
Finiscono a processo. Il 14 dicembre del 2001 i giudici di primo grado li condannano a 16 e 14 anni di carcere contro i 20 chiesti dalla Procura. Nel 2003 la sentenza diventa definitiva per entrambi.
Che fine hanno fatto Erika e Omar? La nuova vita dopo il carcere
Omar è uscito dal carcere il 3 marzo del 2010, costruendosi una nuova vita in Toscana. Di recente l’ex moglie – con cui ha avuto una figlia – l’ha denunciato per maltrattamenti e ora rischia di andare di nuovo a processo.
Erika è tornata in libertà il 5 dicembre del 2011. Il parroco che l’ha seguita nel suo percorso di riabilitazione sociale, don Antonio Mazzi, ha fatto sapere, qualche tempo fa, che ha conseguito una laurea in Filosofia con il massimo dei voti, che si è sposata e che il papà l’ha perdonata.
Se ne è parlato molto, negli ultimi tempi, come si è parlato della storia di Pietro Maso, che nel 1991 uccise i genitori Mariarosa e Antonio insieme a tre suoi amici nella loro abitazione di Montecchia di Crosara. Sono storie che in effetti ricordano molto quella di Paderno. Storie che, più di altre, invitano alla riflessione.
Ricordiamo l’appuntamento con “Crimini e criminologia”, in onda tutti i giorni dalle 19 alle 20 in radiovisione su Radio Cusano Campus e Cusano Italia TV (canale 122 del digitale terrestre) con la conduzione di Fabio Camillacci.