Si chiama Fortunato Verduci, ha 65 anni e lavora come carrozziere l’uomo indagato a piede libero per l’omicidio di Maria Luigia Borrelli, la donna che il 5 settembre di quasi trent’anni fa fu uccisa con un trapano in vico Indoratori, a Genova, mentre si prostituiva. La svolta è arrivata grazie all’analisi del Dna. Ecco cosa ne sappiamo.

Chi è Fortunato Verduci, sospettato di essere il “killer del trapano” di Genova

I fatti risalgono al 1995. È la mattina del 6 settembre quando Maria Luigia Borrelli, infermiera a domicilio di 42 anni, conosciuta nei vicoli del centro storico di Genova come “Antonella”, viene uccisa in vico degli Indoratori, dove, da qualche tempo, si prostituisce per raccogliere il denaro necessario a risanare i debiti che il marito defunto le ha lasciato.

Quando arrivano sul posto, i carabinieri capiscono subito che è stata uccisa. Che è stata massacrata. Il suo corpo presenta evidenti ferite e fratture, segni di colluttazione su un braccio; lesioni che, come si sarebbe scoperto in seguito, erano state prodotte da un trapano. Chi l’aveva presa di mira, in pratica, l’aveva prima pestata e poi finita con l’attrezzo, all’interno del passo.

Sulle tende e altri oggetti c’è del sangue che non le appartiene; il Dna dice che è di un uomo. Forse l’aggressore. Ma c’è anche altro: all’interno di un posacenere vengono rinvenuti, infatti, dei mozziconi di sigaretta Diana. Su alcuni ci sono tracce di saliva: il Dna che vi viene estratto è lo stesso del sangue. I sospetti si concentrano su un amico della vittima, Ottavio Salis, proprietario del trapano.

Qualche giorno dopo l’iscrizione del suo nome nel registro degli indagati, prima che venga interrogato, l’uomo, però, si suicida, gettandosi da una sopraelevata. Nelle sue tasche viene ritrovato un bigliettino che dice: “Maresciallo, fa che la mia morte non sia stata vana, cerca l’assassino di Antonella”. Il suo Dna, in effetti, non corrisponde a quello rinvenuto sulla scena del crimine.

La svolta nelle indagini a quasi trent’anni dall’omicidio di Maria Luigia Borrelli

La svolta, dopo anni di indagini, è arrivata grazie alle nuove analisi effettuate sul Dna a cui i carabinieri erano già risaliti, comparato con quello dei detenuti registrati nella banca dati nazionale e risultato compatibile con quello di un lontano parente di un uomo recluso a Brescia.

Successivi accertamenti hanno permesso di arrivare al nome di Fortunato Verduci, che oggi ha 65 anni. Secondo l’accusa sarebbe lui il “killer del trapano”: l’uomo che quasi trent’anni fa si macchiò dell’omicidio della 42enne di Genova. Il motivo? Economico.

Lo scorso lunedì mattina è stato raggiunto dagli agenti presso la sua abitazione, nel quartiere di Marassi, dove viveva anche la vittima, e portato in caserma. La pm Patrizia Petruzziello ha chiesto di arrestarlo, ma il gip Alberto Lippini ha deciso di lasciarlo a piede libero.

Ad incastrarlo, secondo La Repubblica, ci sarebbero anche delle intercettazioni. Conversazioni che il carrozziere – difeso dagli avvocati Giovanni Ricco e Nicola Scodnik – avrebbe intrattenuto con i suoi colleghi. “Ma perché l’hai ammazzata?”, gli avrebbe chiesto uno di loro. Lui avrebbe risposto: “Per passatempo”, confermando anche di aver fumato delle sigarette Diana come quelle rinvenute sulla scena del crimine.

Da “Ignoto 1” al carrozziere: le similitudini col caso Yara

Il fatto che gli inquirenti siano arrivati a Verduci attraverso il test del Dna ricorderà a qualcuno quanto accaduto nel caso Yara: anche Massimo Bossetti, condannato all’ergastolo per l’omicidio della ragazzina di Brembate, fu incastrato, infatti, dall’analisi genetica. Da 10 anni ormai si trova in carcere, ma continua a proclamarsi innocente.