Accadde cinquant’anni fa. Erano le 7 del mattino del 7 agosto 1974, quando, a New York, il venticinquenne Philippe Petit, funambolo, mimo, giocoliere, tende da una torre all’altra delle Torri Gemelle un cavo d’acciaio spesso 3 centimetri e lungo 42 metri. Vi sale sopra e con il solo aiuto di un’asta per l’equilibrio, sospeso a più di 400 metri da terra, privo di qualsiasi sistema di sicurezza, lo percorre otto volte, avanti e indietro. La traversata dura 45 minuti. Al termine dell’impresa la polizia lo arresta ma il procuratore distrettuale troverà impropria l’applicazione alla lettera della legge. Così il reo di funambolismo, con sentenza esemplare, verrà condannato a esibirsi per i bambini a Central Park. 

Il mago dell’aria che riuscì a far accader “l’irriuscibile”

“A quella pazza e incredibile camminata – che dopo l’attentato e la caduta delle Torri Gemelle riappare nei nostri ricordi quanto mai sospesa sul vuoto – sono stati dedicati libri e film. Ora è la volta di un romanzo, ‘Il mago dell’aria’, di Mauro Garofalo, che, però, non è incentrato sull’epica impresa, ma sulla vita del suo protagonista” scrive Luigi Oliveto.

L’invito è ad impegnarsi per far accadere l’irriuscibile. E’ quello che riuscì a fare Philippe Petit quaranta anni fa dimostrando che i limiti esistono solo nella mente di chi è a corto di sogni.

Stefano Bisi