Pensioni minime a 625 euro nel 2025? Riceviamo numerose domande riguardanti l’aumento delle pensioni minime per il prossimo anno. Da giorni, alcuni quotidiani parlano di aumenti e tagli relativi a pensioni, sussidi e altre agevolazioni. Molti pensionati sono preoccupati che il nuovo Piano di Bilancio possa vanificare l’ultimo periodo di crescita e che le nuove regole diano priorità alla “stabilità” dei conti pubblici. In gioco c’è il futuro dei pensionati, che potrebbero vedere l’importo della rendita mensile spostarsi di poco rispetto alle aspettative. Vediamo insieme perché si parla dell’aumento del cedolino a partire dal 2025.

Pensioni minime a 625 euro nel 2025?

Come ogni anno, il governo italiano deve presentare il Piano di Bilancio strutturale a Bruxelles entro il 20 settembre: un ingombrante bilancio pubblico, caratterizzato da un debito in crescita, correlato a una previsione gestionale dei prossimi sette anni.

In queste settimane, si discute sui dossier che finiranno sul tavolo delle trattative, tra cui: l’aumento delle pensioni minime, la riqualificazione degli immobili, la riforma delle pensioni e il sostegno alle famiglie con figli.

Il timore è che si possa rapidamente passare dall’era della flessibilità e crescita a quella dell’austerità. Partendo dall’aumento delle pensioni minime a 625 euro per il 2025, analizziamo insieme perché questa notizia non ha nulla di così sensazionale.

Adeguamento pensioni 2025

Partendo dalle rivalutazioni delle pensioni, numerosi esperti sostengono che per il prossimo anno l’adeguamento al minimo dovrebbe passare da 614,77 euro a 625,83 euro.

È molto probabile che venga confermato il meccanismo della rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici, secondo le disposizioni normative contenute nell’articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448.

È possibile, inoltre, che ci sarà un’ulteriore stretta sulle pensioni che superano determinati importi. L’obiettivo sarà concentrare le risorse sulle pensioni minime, che beneficeranno della super rivalutazione prevista nel 2023, con la possibilità di ulteriori incrementi per le pensioni basse, qualora ci siano risorse disponibili.

Quando aumenteranno le pensioni minime nel 2025?

Per il prossimo anno si prevede una rivalutazione pari all’1,6%, una percentuale molto contenuta rispetto al 5,4% registrato nel 2024. Anche per il 2025, l’adeguamento delle pensioni minime sarà legato all’indice di inflazione rilevato dall’ISTAT.

È probabile che la rivalutazione automatica seguirà le regole dettate dall’INPS nella circolare n. 1/2024, che prevede una distribuzione per fasce di importo dei trattamenti e le relative modalità di rivalutazione per l’anno 2025, così riconosciuta:

Trattamenti pensionisticiRivalutazione
Pari o inferiori a 4 volte il trattamento minimo INPS100%
Superiori a 4 volte e fino a 5 volte il trattamento minimo INPS85%
Superiori a 5 volte e fino a 6 volte il trattamento minimo INPS53%
Superiori a 6 volte e fino a 8 volte il trattamento minimo INPS47%
Superiori a 8 volte e fino a 10 volte il trattamento minimo INPS37%
Superiori a 10 volte il trattamento minimo INPS22%

Pensioni 2025: ci sarà un grande aumento e nuove misure?

Secondo numerosi esperti, il governo sta valutando tra i vari interventi l’aumento delle pensioni minime nella prossima Manovra 2025. Come riportato da investireoggi.it, il sindacato Uil Pensionati ha stilato un elenco dei pensionati che attualmente ricevono una pensione bassa, circa due milioni, i quali potrebbero notare un lieve incremento del cedolino, da 614,77 a 625,83 euro al mese.

Tuttavia, Forza Italia intende portare il valore della pensione minima a 650 euro al mese, con un impatto sui conti pubblici di circa un miliardo di euro. Senza dimenticare che l’obiettivo del partito è arrivare a 1.000 euro al mese entro la fine della legislatura.

Sulla stessa linea si trova anche la Lega: Matteo Salvini sostiene l’aumento delle pensioni minime, proponendo anche l’introduzione di nuove regole sul fronte previdenziale, tra cui:

  • modificare la pensione “Quota 41”, estendendola a tutti i lavoratori che hanno versato 41 anni di contributi, permettendo l’accesso al trattamento a prescindere dal requisito anagrafico;
  • introdurre una nuova “Quota 104”, in sostituzione della misura “Quota 103”.