Lo ‘Ius scholae’ potrebbe diventare una ‘scorciatoia’ per l’ottenimento della cittadinanza italiana anche per i genitori e i parenti? E’ questo uno dei principali timori sollevati da chi è contrario all’introduzione della cittadinanza ai minori nati in Italia da genitori stranieri dopo il completamento di un ciclo di studi.
Il tema dello ‘Ius scholae’ tiene banco da settimane nel dibattito politico italiano. Rilanciata in una calda giornata d’agosto, mentre il Parlamento era in ferie, dal vicepremier e leader di Forza Italia, Antonio Tajani, la questione è diventata motivo di scontro con gli alleati della Lega, contrari alla riapertura di un dibattito sulla cittadinanza italiana.
Il tema della cittadinanza italiana ai cittadini stranieri residenti in Italia è sempre stato un tema fortemente divisivo anche per l’opinione pubblica, e la proposta di uno ‘Ius scholae’, non fa eccezione. C’è chi è favorevole, chi è scettico e chi è profondamente contrario. Uno dei principali timori di chi è contrario alla sua introduzione nel nostro paese è rappresentato dal rischio di favorire l’estensione della cittadinanza anche ai parenti più prossimi.
Esiste davvero questo rischio? Lo abbiamo chiesto all’avvocatessa Raffaella Romeo, specializzata in tematiche relative al diritto internazionale e immigrazione per lo Studio Legale Zofrea a Roma.
Come si ottiene la cittadinanza italiana? Cosa dice la legge
D: Facciamo chiarezza, cosa prevede la legge per i cittadini minori stranieri residenti in Italia: oggi come si ottiene la cittadinanza italiana?
R: Innanzitutto la legge di riferimento è la legge 91 del 5 febbraio 1992, quindi parliamo di una legge che effettivamente risale a 32 anni fa e che andrebbe sicuramente modificata. Oggi, in particolare per i minori, l’unica possibilità per acquisire la cittadinanza – se nati in Italia – in base all’art.5 della legge 91/92, è di fare una richiesta al comune di residenza entro il compimento del diciannovesimo anno di età, solo in caso di una residenza ininterrotta sin dalla nascita. Quindi parliamo di una persona nata in Italia, cresciuta in Italia, che studia in Italia e che a tutti gli effetti è italiano. Poi ci sono solo dei casi particolari per i figli di apolidi, di genitori ignoti, o di genitori stranieri che secondo la legge dello Stato di appartenenza non possono trasmettere la loro cittadinanza. Questi sono solo gli unici casi in cui non sono richiesti ulteriori requisiti.
D: Cosa succede se i genitori acquistano la cittadinanza italiana?
R: Se i figli sono minori, in automatico la cittadinanza viene trasmessa. Però una volta maggiorenni possono anche decidere di rinunciarvi.
Ius scholae scorciatoia? L’esperta: “Nessun fondamento giuridico”
D: Cosa cambierebbe con lo “Ius scholae”?
R: Con lo “Ius scholae” il riconoscimento della cittadinanza si avrebbe al compimento di un ciclo di studi, in particolare per i minori nati in Italia, oppure, chi è giunto in Italia prima del dodicesimo anno di età ed ha regolarmente seguito un ciclo di studi di almeno cinque anni, quindi si otterrebbe prima.
D: Questa sarebbe la proposta di cui si sta parlando in questi giorni?
R: Sì, che era già stata fatta nel 2018 e poi è rimasta ferma nel 2022 in seguito al cambio del governo.
Raffaella Romeo: “Previsto divieto espulsione per straniero convivente con cittadino italiano”
D: Lo ius scholae comporterebbe il rischio di estendere la cittadinanza a genitori e parenti?
R: Questa è una cosa che non ha fondamento giuridico. Il minore acquista la cittadinanza per sé. Se il genitore, poi, decide di fare la cittadinanza italiana deve avere tutti i requisiti previsti dalla legge attuale. La presenza di un figlio italiano, a livello pratico, potrebbe avere una connotazione positiva, ma, non c’è una legge o un articolo specifico che lo dice. Per completezza, però, devo precisare che l’art.19 del Testo Unico per l’immigrazione è previsto il divieto di espulsione per il cittadino straniero che convive con un cittadino italiano. Ma, già oggi la legge prevede che questo divieto venga meno in presenza di motivi molto gravi.
D: Lei per lavoro si occupa quotidianamente di casi relativi all’acquisizione della cittadinanza italiana. Secondo lei è una riforma che è necessaria?
R: Sicuramente sì, perché quando si parla di ius scholae e ius culture si parla di persone che non sono migranti in senso stretto, ma di persone che sono nate in Italia e prima del compimento del 12° anno di età hanno fatto un ciclo di studi in Italia di almeno 5 anni, si sono formati nel nostro paese, quindi, in realtà parliamo di italiani. E’ sicuramente un modo per favorire l’integrazione e la partecipazione attiva alla vita sociale, poiché la cittadinanza è sicuramente un diritto umano fondamentale. Ad oggi il fenomeno migratorio è aumentato e ci sono delle esigenze diverse rispetto a una legge di 32 anni fa.