Le recenti aggressioni all’ospedale di Foggia contro i medici e il personale sanitario sono la punta dell’iceberg di un sistema che non funziona e che è al collasso, non da un giorno, ma da tempo. Chi lavora nel settore della sanità pubblica da dopo la pandemia è arrivato allo stremo delle forze, e non soltanto per l’impegno e il duro lavoro svolto per aiutare i cittadini italiani in quegli anni particolarmente complicati.
Il peggio è arrivato dopo, per via della questione della sicurezza, degli stipendi bassi, delle troppe ore di lavoro: dati ufficiali dimostrano come sempre meno ragazzi siano disposti a iscriversi alle facoltà di medicina e legate alle professioni sanitarie, e che sempre più persone abbandonano il pubblico per il privato, l’Italia per l’estero, in cerca di prospettive di vita migliori.
La situazione sembra essere giunta a un punto di non ritorno: la preoccupazione e la rabbia per quello che succede negli ospedali italiani non fa che crescere con il passare dei giorni. Tag24 ha approfondito la questione con Ludovico Abbaticchio, il presidente nazionale di SMI (Sindacato Medici Italiani).
Aggressioni ospedale Foggia: tre episodi di violenza in pochi giorni. Cosa è successo?
Nel mese di settembre 2024 si sta progressivamente assistendo a un’escalation di violenza contro i medici e il personale sanitario in Italia. Le aggressioni avvenute presso l’ospedale di Foggia sono l’emblema di una situazione giunta al limite. Tre episodi in pochi giorni si sono verificati al Policlino Rinuti della città. Il direttore generale della struttura, Giuseppe Pasqualone, ha lanciato un preoccupante allarme:
“Se continuiamo così finiremo per chiudere il pronto soccorso perché rimarremo senza medici, infermieri e operatori sanitari. Il mio appello è al rispetto del personale in servizio. Il policlinico di Foggia è posizionato tra i migliori in Italia. In pronto soccorso si lavora in condizioni difficili, abbiamo un organico dimezzato, non riusciamo a recuperare medici e i cittadini che arrivano in condizioni non gravi devono aspettare, devono avere pazienza”.
Il caso che ha sconvolto l’Italia intera in questi giorni si è verificato proprio all’ospedale di Foggia, lo scorso 6 settembre: i parenti di una 23enne di Cerignola, morta dopo essere stata sottoposta a un intervento chirurgico, hanno aggredito il personale sanitario. Cinquanta sarebbero le persone riuscite a entrare nella struttura e alcune di loro avrebbero aggredito medici e infermieri, costringendo altri, per paura, a cercare un rifugio sicuro per barricarsi nell’edificio. Si è creato il caos ed è stato necessario l’intervento delle forze dell’ordine, per mettere fine ai calci e ai pugni.
Dopo questa vicenda, i problemi all’ospedale di Foggia non sono terminati: il 9 settembre 2024 un 33enne è stato sottoposto agli arresti domiciliari. Aveva accompagnato suo padre al Policlinico Riuniti e ha colpito con il braccio ingessato due infermieri e un vigilante. Solo poche ore prima i carabinieri avevano arrestato un ragazzo di 18 anni, arrivato all’ospedale di Foggia in stato di ansia, che si era gettato contro gli infermieri presenti.
Ludovico Abbaticchio, presidente SMI: “Azione vergognosa. Istituzioni devono intervenire”
Tag24 ha intervistato in esclusiva il Presidente Nazionale del Sindacato Medici Italiani, Ludovico Abbaticchio, che sulle aggressioni all’Ospedale di Foggia ha detto:
“Il Sindacato Medici Italiani sono anni che chiede sempre di più l’intervento a livello nazionale e regionale per la tutela degli operatori sanitari e dei medici, in particolare della guardia medica, del 118 e del pronto soccorso, ma c’è stata una grande sottovalutazione istituzionale su tema. Adesso che sono accaduti gli episodi eclatanti, che si sono ripetuti nel tempo, bisogna intervenire.
Questa vicenda è vergognosa: è stata un’azione punitiva quella organizzata a Foggia. Noi di SMI parteciperemo ad una manifestazione di protesta per quanto accaduto e chiediamo una volta per tutte alle prefetture, agli assessorati regionali, al Ministero della Salute e a quello degli Interni, di mettere in atto nuove proposte di tutela, a favore della sicurezza del lavoratore”.
Tra le varie formule di protezione per i medici e il personale sanitario ci sono tante proposte. Il Presidente di SMI ha parlato di garantire ambienti di lavoro idonei e sicuri, apposite auto per le guardie mediche, per le viste domiciliari notturne, prefestive e festive, la possibilità di avere degli allarmi portatili e delle videocamere, per tenere sotto osservazione l’ambiente dove si opera nell’accoglienza del cittadino che ha bisogno, nel rispetto della privacy.
Infine ha ribadito che serve un percorso educativo, perché il grosso rischio in questo momento: “E’ che giovani medici, soprattutto le donne, possano abbandonare il servizio sanitario pubblico per paura”.
I dati delle aggressioni ai medici e al personale sanitario in Italia: 16 mila casi nel 2023
Il Presidente Nazionale di SMI poi è passato ai dati ufficiali delle aggressioni ai medici e al personale sanitario in Italia, sempre più preoccupanti:
“Nel 2023 ci sono stati 16.000 casi di aggressioni – maggiormente verbali – e fisiche al personale sanitario e agli automezzi. Sono percentuali fornite dal Ministero della Salute. Ci sono donne medico, soprattutto al Sud, che hanno paura e si fanno accompagnare da fratelli, padri o fidanzati a lavoro per i turni di notte. Ci rendiamo conto di quello che sta accadendo? La situazione è gravissima.
La prima classe aggredita è quella degli infermieri, poi ci sono i medici, gli operatori sociosanitari, territoriali e anche gli enti locali. Il servizio sanitario pubblico deve essere tutelato e mantenuto, non smantellato. E’ necessario che per primo il Governo investa non solo nella qualità dei servizi, degli stipendi dei medici, ma anche e soprattutto sulla sicurezza degli operatori sanitari”.
Presidente SMI: “Rischiamo esodo dei medici nel privato e tessera sanitaria come carta di credito”
“Il rischio è che la maggioranza dell’attività del servizio sanitario pubblico, degli operatori, si sposti nelle case di cura private, dove ci sono stipendi migliori e anche maggiore tranquillità operativa. Vogliamo arrivare a questo?
Qualche giorno fa ho lanciato una provocazione come Presidente Nazionale dello SMI: dobbiamo chiedere il porto d’armi per i medici piuttosto che farli andare in giro con i computer, l’apparecchio della pressione e gli altri strumenti? Dobbiamo arrivare a fare questo? Il caso di Foggia è emblematico.
Bisogna procedere con le denunce, con leggi più dure che puniscano gli aggressori, almeno con 48 ore di fermo, per dare un segnale. Serve una sana e corretta educazione civica da riprendere nell’ambito scolastico, che vale per tutte le questioni che possono riguardare il diritto democratico di un lavoratore o di un cittadino ad essere assistito”.
Circa 10 mila medici all’anno, tra cui tanti giovani appena laureati, poi se ne vanno all’estero, oppure se scelgono il settore privato. E allora se il privato deve sostituire il pubblico, lo si dica apertamente. Se poi la tessera sanitaria si deve trasformare in carta di credito, dobbiamo fare i conti con circa 8 milioni di poveri in Italia“.
Daspo sanitario per chi aggredisce i medici? SMI: “Assolutamente no, ma servono soluzioni concrete”
A proposito della possibile disposizione di un daspo sanitario per non fornire servizi gratuiti a chi aggredisce il personale negli ospedali, il Presidente Nazionale di SMI ha dichiarato:
“Credo che sia una proposta dettate da rabbia e da tensione. Il medico deve fare il medico, deve svolgere la funzione a cui è adibito e fare il suo dovere, senza togliere nulla a nessuno. Il problema è che il cittadino che ha un atteggiamento scorretto deve essere fermato e punito con leggi qualificate. Non si punisce qualcuno togliendo un farmaco o le prestazioni. L’assistenza sanitaria non deve essere negata a nessuno”.