Come andare in pensione con opzione donna se nate nel 1963? Il quesito riguarda le lavoratrici che abbiano maturato negli anni scorsi il diritto al pensionamento anticipato, grazie ai requisiti di carattere anagrafico e contributivo.

Negli ultimi due anni, tuttavia, la misura è stata modificata nella direzione di imporre ulteriori paletti, di carattere economico e sociale, alle lavoratrici interessate a questa formula. Peraltro, anche l’età di uscita sale di anno in anno, con l’attuale limite per le lavoratrici autonome a 61 anni di età e a 60 per le dipendenti.

I requisiti per una lavoratrice nata nel 1963 potrebbero risultare maturati negli anni scorsi. Il diritto a uscire con opzione donna è cristallizzato, ovvero può essere fatto valere anche negli anni successivi.

Pensione con opzione donna per le nate nel 1963: si può uscire in anticipo?

Risulta essenziale controllare i requisiti anagrafici e contributivi necessari a opzione donna nel caso in cui si voglia andare in pensione in anticipo. Per una lavoratrice nata nel 1963, infatti, la prima data utile per il pensionamento era fissata al 31 dicembre 2021, giorno entro il quale bisognava arrivare a 58 anni di età (59 anni per le lavoratrici autonome).

Unitamente all’età, gli anni di contributi richiesti erano pari a 35. A queste due condizioni, le lavoratrici potevano andare in pensione con l’opzione donna, rispettando una finestra mobile di 12 mesi (per le dipendenti) o di 18 mesi (per le autonome), rappresentanti il tempo di attesa tra la maturazione dei requisiti e il pagamento del primo assegno di pensione.

Conti alla mano, dunque, una lavoratrice nata nel 1963 potrebbe vantare il diritto ad andare in pensione con le regole di opzione donna valide fino alla fine del 2021. Le successive leggi di Bilancio (quella del 2023 e l’ultima del 2024), fissano regole più gravose per riuscire ad andare in pensione con questa misura.

Pensioni donne a 61 o 60 anni di età: come fare?

Infatti, oltre all’età aumentata a 61 anni (entro il 31 dicembre del 2023) per le lavoratrici autonome e a 60 per le dipendenti, per rientrare nella misura è necessario dimostrare di essere in una delle tre situazioni di disagio economico e sociale, ovvero:

  • di prendersi cura di un parente di primo grado o di un affine di secondo grado, convivente, da almeno 6 mesi (caregiver);
  • di aver subito una riduzione della capacità lavorativa di almeno il 74%;
  • di aver subito un licenziamento da un precedente impiego.

Serve anche il numero minimo di anni di contributi, pari ad almeno 35 anni. Si prevedono degli sconti sul requisito dell’età: le donne che abbiano avuto un figlio escono, attualmente, un anno prima (60 anni le autonome e 59 le dipendenti), mentre in presenza di due figli si beneficia di un taglio di due anni (59 anni le autonome e 58 le dipendenti).

Pensione, rebus opzione donna: quali possibilità di uscita nel 2025?

Oltre ai requisiti anagrafici, contributivi e di disagio economico e sociale, rimane la regola del ricalcolo contributivo per le lavoratrici in uscita con l’opzione donna. Ciò significa che la futura pensione non verrà determinata con il sistema misto e retributivo dal quale provengono le lavoratrici con almeno 35 anni di contributi, ma con il sistema contributivo puro, meno conveniente.

Il cambio del sistema di calcolo della pensione può determinare un taglio che si attesta, a seconda dei casi, tra un minimo dell’8 per cento (secondo i dati Inps) e un massimo del 25% (secondo le stime della relazione accompagnatoria alle leggi di Bilancio degli ultimi anni).

Per il prossimo anno, la conferma dell’opzione donna è ancora in bilico. La proroga dovrebbe essere inserita nella legge di Bilancio 2025, insieme alla conferma di altre misure-ponte come quota 103 e Ape sociale.