Giada Zanola fu trovata morta, sul ciglio dell’A4, all’altezza del Comune di Vigonza, nel Padovano, la mattina del 29 maggio scorso. Si pensò subito che potesse essersi suicidata; poi l’ex compagno Andrea Favero – con il quale viveva – fu arrestato con l’accusa di omicidio aggravato perché sospettato di averla spinta di sotto. Ancora è in carcere. Ecco la storia, dall’inizio.
La storia di Giada Zanola, dall’inizio a oggi
Davanti agli inquirenti, in assenza di un avvocato difensore, Favero, di professione camionista, confessò, raccontando per filo e per segno quanto accaduto la notte precedente. Spiegò che lui e Giada avevano avuto un rapporto sessuale consenziente e che poi la donna gli aveva inveito contro, minacciandolo di portargli via il figlio che avevano avuto insieme.
“Questa è l’ultima volta che ci vediamo”, gli avrebbe detto, “te la faccio pagare”, allontanandosi a piedi dalla loro abitazione. Lui, a quel punto, avrebbe preso l’auto e avrebbe iniziato a seguirla, raggiungendola e convincendola a salire a bordo. Al culmine della lite, dopo essersi avvicinati al parapetto del cavalcavia, Favero, stando a quanto ha riferito, l’avrebbe afferrata per le ginocchia, gettandola oltre la ringhiera.
Disse di essere stato “provocato“, di aver reagito alle “intimidazioni” della 33enne. Poi incontrò per la prima volta il suo avvocato. Quando fu risentito, ritrattò tutto. “Ero sul cavalcavia con lei quella notte ma non so cosa sia successo“, avrebbe fatto mettere a verbale, parlando anche di vari tentativi di suicidio passati da parte dell’ex. La confessione resa senza avvocato per la legge non vale. Resta l’ultima versione.
Le confidenze su Andrea Favero a un’amica prima di morire
Per il gip che ne ha convalidato il fermo, disponendone la custodia cautelare, a carico di Favero ci sarebbero, comunque, “indizi gravi e precisi“. Sembra che da un po’, i rapporti tra lui e Giada, si fossero fatti tesi: la donna, a causa dei suoi comportamenti “possessivi e violenti”, aveva deciso di annullare le nozze programmate per questo settembre e aveva intrapreso una relazione con un altro uomo.
Voleva allontanarsi da Favero: ne era intimorita. E a un’amica, poco prima che venisse uccisa, aveva confidato, in dei messaggi, di avere il sentore che l’uomo la drogasse, perché si era sentita male dopo aver bevuto un cocktail che lui le aveva offerto. A riportarlo è Il Corriere della Sera.
Giada aveva paura che l’obiettivo del 38enne fosse quello di approfittare della sua perdita di conoscenza per violentarla e avere da lei un secondo figlio. Gli esiti degli esami tossicologici eseguiti sul suo corpo hanno confermato che aveva assunto delle benzodiazepine mai prescrittegli dal medico.
Un dettaglio che, anche alla luce delle confidenze che aveva fatto all’amica, potrebbe portare gli inquirenti a contestare al sospettato l’aggravante della premeditazione. Certezze, per il momento, non ce ne sono.
I familiari della vittima
I familiari di Giada non aspettano altro che verità e giustizia. Così il fratello, parlando con i giornalisti, si espresse su Favero in occasione dei funerali:
Gli volevo bene e continuo a volergliene. Non lo accuso, ma voglio parlarci: se è stato lui che paghi per quello che ha fatto, altrimenti ci spieghi cosa è accaduto. Di una cosa sono certo: non è stato un suicidio.
La sua storia è simile a quella di molte altre donne. Si pensi, fra tutte, a Vera Schiopu, trovata impiccata alla trave di un casolare del Catanese. Si pensò subito a un suicidio; poi il fidanzato fu arrestato con l’accusa di omicidio. Secondo gli inquirenti fu lui ad ucciderla.