Luigi Marattin non molla: il deputato di Italia Viva, a differenza del leader del suo partito Matteo Renzi, continua a credere che il Terzo Polo possa avere un futuro. E che quel futuro possa portare alla costituzione di un partito liberal-democratico unitario che possa andare al di là delle esperienze e delle sconfitte elettorali (le ultime alle Europee) subite da Italia Viva e Azione. In un libro che uscirà venerdì prossimo, 13 settembre, intitolato significativamente “Missione possibile” (edizioni Rubbettino), Marattin rilancia la sua scommessa. E oggi, 8 settembre 2024, ne ha parlato in anteprima con Tag24.it.

Marattin lascia Italia Viva? Intanto presenta la sua “Missione possibile” per un partito liberal-democratico

Luigi Marattin, napoletano, classe 1979, docente di economia presso l’Università di Bologna, è stato il primo, dopo la sconfitta elettorale subita da Italia Viva a giugno scorso, a credere che bisognava voltare pagina mettendo tutto in discussione nel Terzo Polo, a cominciare dalle leadership di Renzi e Calenda. Quel progetto, in un primo momento sottoscritto in un manifesto anche dal calendiano Enrico Costa, però, con il passare delle settimane, anziché rafforzarsi, è sembrato perdere verve, tanto che, dopo aver annunciato la svolta di Italia Viva di nuovo nel centrosinistra, Renzi lo ha ridimensionato dicendo che a crederci era solo Marattin. Fatto sta che quest’ultimo non ha affatto rinunciato alla sua posizione, tanto da scriverne un libro che sarà in vendita da venerdì prossimo: “Missione possibile”.

D Marattin, crede ancora che sia una missione possibile la terza via con un partito liberal-democratico?

R “Sì. Perché l’Italia non è un Paese come gli altri: ha due particolarità”.

D Ce le descriva.

R “La prima è che è il più bello del mondo. La seconda è che è quello che, da quando è iniziata la globalizzazione, è cresciuto di meno sull’intero pianeta Terra”.

D Un primato globale.

R “Perché i due principali schieramenti della politica italiana, la cosiddetta “destra” e la cosiddetta “sinistra”, si basano su due convinzioni errate sul motivo per cui questo è accaduto”.

D Qual è la tesi della destra?

R “Che siamo ultimi per colpa della globalizzazione, dell’integrazione Europea e dell’apertura dei mercati”.

D E quella della sinistra?

R “Che il motivo è lo Stato che non interviene e non spende più abbastanza”.

D Sbagliano entrambe?

R “Nel libro documento che entrambe queste diagnosi sono basate su convincimenti ideologici e non su dati di fatto. Ma se è sbagliata la diagnosi, è ovvio che sia sbagliata anche la prognosi su come curare il male”.

D Quale sarebbe allora la diagnosi corretta?

R “Questa: l’Italia ha smesso di crescere perché, dalla fine del miracolo economico, a fine anni 60, ha fallito la sfida di disegnare i successivi passi dello sviluppo adattandosi ai grandi cambiamenti che avvenivano nel mondo: quelli piccoli, negli anni 70, e quelli enormi, vedi la globalizzazione negli anni 90”.

D L’Italia è rimasta ferma?

R “Lo dimostra il fatto che non esiste un partito che basi la sua proposta politica sulla diagnosi che dicevo. E che, quindi, coerentemente, imposti una visione di società basata sulla creazione di opportunità, sulla meritocrazia, sul mercato e la concorrenza, sul ruolo del potere pubblico come quella cosa che rimuove gli ostacoli al perseguimento della felicità e della realizzazione individuale. Non esiste un partito che abbia il coraggio di basarci sopra la campagna elettorale”.

D Il mercato della politica lo reclama?

R “Sì perché non esiste un’offerta politica in grado di rappresentare quell’Italia che vuole liberare le energie, limitare il ruolo dello Stato, abbassare con decisione la pressione fiscale, e ammodernare la Repubblica con un programma realistico e pragmatico in grado di aggredire i nodi strutturali che hanno fermato il Paese così a lungo”.

D Lei sostiene che siamo in balia di due populismi: uno di destra e uno di sinistra.

R “Sì: tant’è che, negli ultimi 30 anni, già ben 10 milioni di italiani hanno smesso di votare. Evidentemente, perché non si sentono rappresentati da questo bipolarismo che somiglia ad un mix tra un reality show e una sfida tra curve ultra”.

D È la tesi che porterà nell’assemblea di Italia Viva in programma il 28 settembre?

R “A metà luglio il Presidente del partito ha annunciato con molta chiarezza la nuova linea del partito: alleanza strutturale e permanente col Campo largo sia a livello nazionale che in tutte le realtà locali. Io e tantissimi altri non siamo d’accordo con questa linea, nè nel merito nè nel metodo: il primo e unico congresso di Italia Viva, un anno fa, aveva stabilito una linea completamente opposta: quella di essere autonomi dai due poli. Quindi, non può certamente essere una riunione di partito a invertire quella linea, ma la parola sarebbe dovuta tornare agli iscritti in un congresso in cui confrontarsi serenamente”.

Luigi Marattin assieme a Carfagna, Gelmini e Costa?

D Non è stata questa la scelta di Renzi: ha sostenuto che nessun eletto, né parlamentare né consigliere regionale, l’ha seguito. Andrà via, quindi, da Italia Viva?

R “Per due mesi ci hanno detto che il congresso era già stato fatto e chiunque lo chiedesse, come circa 300 dirigenti locali e 100 giovani delle scuole di formazione, è stato aggredito sui social con una violenza verbale che ha inorridito chiunque”.

D Con lei ci sono i Libdem di Andrea Marcucci e Nos di Alessandro Tommasi. Potrebbero esserci anche Carfagna, Gelmini e Costa, i tre big di Azione in rotta con Calenda tanto più dopo il sostegno che quest’ultimo ha garantito a Orlando per le regionali liguri?

R “Ho molto rispetto per ciò che accade negli altri partiti, non entro in dinamiche di case altrui: non sono e non saranno le mie. Dico però che il nostro percorso politico è aperto a tutti coloro che non sono rassegnati all’ineluttabilità storica del bipolarismo, o perlomeno di questo bipolarismo, e hanno voglia di costruire con pazienza ma determinazione un partito liberal-democratico e riformatore autonomo dai due poli”.

D Perché questa dovrebbe essere la volta buona?

R “Perché stavolta si basa sulla condizione che sia un percorso senza “padroni”, senza personalismi esasperati e che riesce a fare gioco di squadra”.