Non ci saranno nuove indagini sulla morte di Francesco e Salvatore Pappalardi, i fratellini di Gravina di Puglia morti nella “casa delle cento stanze”: la Procura di Bari ha fatto sapere di aver rigettato l’istanza che lo scorso 29 marzo l’avvocato Giovanni Ladisi aveva presentato su iniziativa della madre e della sorella dei ragazzini, che da sempre sostengono che non sia stata fatta pienamente luce sul caso.

Ciccio e Tore, la Procura dice “no” alla riapertura delle indagini: il commento dell’avvocato Giovanni Ladisi

Nel provvedimento, firmato dal procuratore aggiunto Ciro Angelillis, si legge che

non solo difettano le nuove fonti di prova o i nuovi elementi probatori, ma difettano le esigenze delle nuove investigazioni anche nel senso della rivalutazione delle indagini espletate.

In pratica, secondo la Procura, non ci sarebbero i “presupposti” per tornare ad indagare sulla morte dei ragazzini. Secondo i familiari, invece, sarebbero almeno tre gli elementi mai davvero chiariti. Il primo riguarda l’orario della caduta nella cisterna (fissata dai consulenti di parte attorno alle 23.30 e dagli inquirenti qualche ora prima).

Poi la questione delle testimonianze “contraddittorie” rese da diverse persone sia nel corso del processo penale che di quello civile. Infine, il “giallo” della boccetta di ansiolitico rinvenuta accanto ai cadaveri e riconducibile, secondo la difesa, a una delle figlie della nuova compagna del padre di Ciccio e Tore, a cui i bambini erano stati affidati quando scomparvero nel 2006.

Cosa ci facesse lì resterà un dubbio, come tante altre cose. “Sono semplicemente rammaricato, dispiaciuto. Ricevere un rigetto su un’istanza non è mai piacevole, ma questa volta è davvero molto triste”, le parole affidate dall’avvocato Giovanni Ladisi a una nota inviata a Tag24. “Si sperava naturalmente in una riapertura delle indagini o quantomeno in un provvedimento di rigetto più articolato. Ritengo che la motivazione sia carente sotto ogni punto di vista e mi dispiace molto”.

Cosa è successo ai due fratellini di Gravina di Puglia? La ricostruzione

I due fratellini avevano 11 e 13 anni quando, il 5 luglio del 2006, scomparvero dopo essere usciti a giocare. Furono cercati ovunque, senza successo. Un anno e mezzo dopo il papà fu arrestato con l’accusa di duplice omicidio e occultamento di cadavere.

Si pensava che potesse aver fatto loro del male. Cinque mesi dopo, però, ci si rese conto che era innocente e fu scarcerato. La vera svolta arrivò nel 2008, quando, nel corso delle operazioni di recupero da parte dei soccorritori del 12enne Michele Di Nardo – finito in una cisterna della “casa delle cento stanze”, un casolare abbandonato di Gravina, mentre giocava con gli amici – i corpi dei ragazzini furono ritrovati in stato di decomposizione.

L’autopsia stabilì che Francesco, “Ciccio”, era morto per un’emorragia a causa della caduta; Tore, invece, secondo le ricostruzioni, morì di stenti, per la fame e per il freddo. Se qualcuno lo avesse aiutato, si sarebbe salvato. Per questo, nel corso dei 16 anni trascorsi dal loro ritrovamento, i familiari hanno continuato a chiedere giustizia. Sono convinti che dietro la morte dei ragazzini si celi altro.

Che quella sera Ciccio e Tore non fossero soli. È possibile, dicono, che siano stati sfidati da ragazzini più grandi a una prova di coraggio e siano caduti. Qualcuno, quindi, potrebbe aver assistito alla scena senza poi proferirne parola. Sul piano civile hanno avanzato una richiesta di risarcimento al Comune di Gravina e alla società che si occupava del rudere. Dopo il “no” del tribunale e della Corte d’Appello, si aspetta la decisione della Cassazione.