Ci sono storie che restano impresse nella nostra mente perché semplicemente ci appaiono “incredibili”, “inspiegabili”. Non riusciamo a capacitarci di come una mamma o un papà possano arrivare a uccidere i propri figli, ma anche perché siano i figli, a volte, a uccidere i propri genitori. Novi Ligure, di recente Paderno Dugnano, sono casi che ci agitano, ci sconvolgono. Come quello di Montecchia di Crosara, quello che ebbe come protagonista Pietro Maso. Un caso che nessuno, in Italia, ha mai dimenticato. Per ricostruirlo dobbiamo tornare indietro nel tempo.
La storia di Pietro Maso
L’infanzia
Pietro Maso nasce il 17 luglio del 1971 a San Bonifacio, un piccolo borgo della provincia di Verona. È un “bimbo pretermine”, come si dice in gergo, un bimbo nato prematuramente, e trascorre i suoi primi mesi di vita in ospedale a causa di una meningite acuta.
Ha le difese immunitarie bassissime. Quando i medici lo dimettono, poco prima dell’anno di età, si raccomandano con i genitori di fare attenzione. Pietro cresce, quindi, amato e coccolato (“viziato”, come avrebbe ammesso lui stesso da adulto) tra le mura di casa.
Le attenzioni che i familiari gli riservano (incluse le sorelle più grandi) sono costanti: un tentativo di sopperire alle difficoltà che ogni giorno il bimbo incontra. Quando inizia ad andare a scuola, in prima elementare, viene affiancato da un’insegnante di sostegno perché fa fatica ad apprendere e anche a muoversi; a differenza dei suoi coetanei, non gli è permesso di uscire in cortile a giocare.
Qualcosa cambia in quinta: quando le sue condizioni di salute migliorano, i genitori, infatti, lo mandano a un campo estivo cattolico. È il suo primo vero contatto con il mondo e ne rimane sorpreso al punto di chiedere di essere iscritto in seminario. Un anno dopo, però, a causa degli scarsi risultati scolastici, viene espulso.
È a quel punto, forse, che qualcosa si scatena in lui: quando torna a scuola – rinnegando la religione – inizia con gli eccessi. E si allontana sempre più dai genitori: nella sua mente, probabilmente, li incolpa di averlo tenuto intrappolato, di considerarlo “fragile”, non autonomo, di averlo riportato a casa.
Voglia di soldi, fama e potere
Negli anni delle medie e del liceo accresce il suo ego: si veste alla moda, vuole essere notato e diventare un punto di riferimento per gli amici. Dopo tre anni trascorsi all’Istituto agrario, abbandona gli studi per andare a lavorare.
L’idea è quella che segua le orme della famiglia, di origine contadina: Pietro, però, non è fatto per il lavoro nei campi. Gli interessano gli abiti firmati e le auto di lusso, passare le serate in discoteca e rimorchiare le ragazze.
Fanno parte della sua combriccola Giorgio Carbognin, il suo “braccio destro”; Paolo Cavazza e Damiano Burato. I ragazzi che sceglie come suoi complici quando, all’età di 19 anni, porta a termine l’omicidio dei genitori. Omicidio che, insieme a loro, aveva a lungo pianificato.
I tre tentativi prima del vero omicidio dei coniugi Maso
Ne parlano per la prima volta nel 1990, dopo essere riusciti a spendere, in un solo mese, i 25 milioni di lire ottenuti in prestito da Carbognin per acquistare una macchina. Si chiedono quale sia il modo più veloce per fare soldi (e sanare il debito) e da soli si rispondono: “Uccidere”.
Il loro movente, quindi, è di tipo economico: prendono di mira Mariarosa Tessari e Antonio Maso (e le sorelle di Pietro, che nei loro piani iniziali avrebbero dovuto morire) con l’obiettivo di impossessarsi della loro eredità.
Pensano prima di avvelenarli con dei topicidi; poi si procurano delle bombole di gas e le piazzano nella taverna dei Maso, ostruendo il camino con dei vestiti: vogliono dar fuoco all’abitazione; alla fine, però, non trovano il coraggio.
Anche il terzo tentativo fallisce. Il piano era il seguente: nel corso di un viaggio in auto, mentre Pietro avrebbe guidato, l’amico Giorgio avrebbe aggredito la mamma dal sedile posteriore con un batticarne.
L’omicidio vero e proprio si consuma, alla fine, la sera del 17 aprile del 1991. Dopo aver trascorso la serata al solito bar, i quattro rientrano in casa Maso e preparano la scena del crimine: svitano le lampadine, di modo che, rientrando dall’incontro di preghiera a cui avevano partecipato, i coniugi non riescano a vederli; indossano delle maschere carnevalesche, si procurano degli arnesi e aspettano.
All’arrivo delle vittime, la mattanza a colpi di spranghe, padelle e addirittura di un bloccasterzo, in aggiunta a vari tentativi di soffocamento. Dura tutto 53 minuti. Poi gli amici di Maso se ne vanno; lui, con freddezza, tenta di depistare le indagini, fingendo di essere rientrato e di aver trovato i corpi dei genitori.
L’arresto e la condanna
Il 19 aprile del 1991 viene arrestato. A differenza delle sorelle, infatti, nei momenti successivi al duplice omicidio, non si era mai mostrato sconvolto. A incastrarlo, il fatto che la villetta non presenti segni di effrazione e il ritrovamento di un foglio con svariate imitazioni della firma della madre.
Non un caso, secondo gli inquirenti: qualche giorno prima del delitto, infatti, Carbognin aveva beneficiato di un assegno di 25 milioni di lire da parte della signora. Davanti a tali evidenze, tutti e quattro confessano. Maso dichiara di aver perso il controllo.
Dice che è pervaso da due entità: quella vulnerabile e una con manie di onnipotenza, la sua maschera. Alla seconda addossa tutte le colpe. Gli esperti che lo visitano in carcere gli diagnosticano un disturbo narcisistico della personalità, ma lo giudicano “capace di intendere e di volere”. Al termine del processo a suo carico viene condannano, quindi, a trent’anni e due mesi di reclusione.
Dopo averne scontati 22 nel 2013 è tornato in libertà. Nel 2016 una delle sorelle lo ha denunciato per tentata estorsione ed è stato ricoverato in una clinica psichiatrica. Dove viva oggi e cosa faccia di preciso Pietro Maso non è chiaro, ma in tanti, sentendo parlare della strage di Paderno Dugnano, avranno ripensato alla sua storia.
Ricordiamo l’appuntamento con “Crimini e criminologia”, in onda tutti i giorni dalle 19 alle 20 in radiovisione su Radio Cusano Campus e Cusano Italia TV (canale 122 del digitale terrestre) con la conduzione di Fabio Camillacci.