A pochi giorni dal primo anniversario della strage di Brandizzo, consumatasi il 30 agosto di un anno fa, La Repubblica fa sapere che quattro minuti prima dell’incidente ferroviario costato la vita a cinque operai della Sifiger di Borgo Vercelli, il capo scorta di Rete Ferroviaria Italiana che era di turno avrebbe aggiornato il suo stato Whatsapp con un link che rimandava a un articolo pubblicato su Facebook.
Strage di Brandizzo, Antonio Massa sui social poco prima dell’incidente ferroviario?
Erano le 23.45 del 30 agosto 2023. Alle 23.49 della stessa sera Kevin Laganà, Michael Zanera, Giuseppe Sorvillo, Giuseppe Aversa e Giuseppe Saverio Lombardo furono travolti in pieno da un treno in transito presso la stazione di Brandizzo mentre erano impegnati nella sostituzione di alcuni binari e morirono sul colpo.
Se l’apparente incursione social di Antonio Massa, che era di turno come capo scorta di Rfi, possa aver influito e come sulle procedure di sicurezza lo stabiliranno le indagini. L’uomo, comunque, diede il via alle operazioni prima che la circolazione fosse interrotta: la dirigente movimento Vincenza Repaci, dalla centrale di Chivasso, gli disse per ben tre volte – secondo le ricostruzioni – che “doveva passare ancora un treno”.
Mentre aggiornava il suo stato Whatsapp con un link che rinviava a un articolo pubblicato su Facebook dal titolo acchiappa lettori “Cari italiani ascoltatelo tutto e condividete, non servirà a nulla ma…” – circostanza catturata in uno screenshot da un funzionario per la sicurezza, secondo La Repubblica -, i cinque operai della Sifiger di Borgo Vercelli erano già al lavoro.
A testimoniarlo, anche un video girato dal più giovane, in cui Massa diceva loro: “Se dico treno, spostetevi”. Non fece in tempo ad avvisarli. E ora, insieme al caposquadra dei lavoratori Andrea Gibin Gherardin, che aveva obblighi di sorveglianza sugli stessi, risulta indagato per disastro ferroviario e omicidio plurimo con dolo eventuale. A difenderlo, gli avvocati Maria Grazia Cavallo e Antonio Maria Borello.
15, in totale, gli indagati, tra cui quattro società
Oltre a Massa e a Gherardin sono indagati anche i vertici della ditta per cui gli operai lavoravano (che secondo alcuni ex colleghi delle vittime non di rado correva rischi simili), alcuni dirigenti di Rete Ferroviaria Italiana e quattro società, tra cui la Clf, che aveva subbaltato alla Sifiger i lavori, e la Uniferr Srl, da essa controllata. Da accertare se abbiano avuto un ruolo e in che termini.
Le famiglie di coloro che sono morti si aspettano verità e giustizia e insieme a delle associazioni di recente hanno dato vita alla “Settimana del Lavoro Sicuro” per “non dimenticare quanto avvenuto” e portare avanti una campagna di sensibilizzazione “sulle tematiche della salute e sicurezza dei lavoratori”.
Un tema caldo, nel nostro Paese. Sono tanti, infatti, i casi di morti sul lavoro che ricordano quello di Brandizzo. Si pensi agli operai che a Casteldaccia, nel Palermitano, sono morti mentre lavoravano in un impianto di sollevamento di acque reflue del sistema fognario. Il più giovane, Giuseppe La Barbera, aveva 28 anni ed era appena diventato papà bis.
Lavorava in superficie: secondo le ricostruzioni scese nella vasca in cui i colleghi si erano calati per aiutarli dopo essersi accorto che erano in difficoltà. Aveva ancora tutta la vita davanti. Come il bracciante indiano che a Latina è deceduto dopo aver perso un braccio sui campi: per non correre guai (visto che era irregolare), il datore di lavoro lo abbandonò davanti casa invece di portarlo in ospedale. Se fosse stato aiutato per tempo – e non avesse perso tanto sangue – si sarebbe salvato.