Voleva fare in modo che il coltello usato per uccidere Sharon Verzeni nella notte tra il 29 e il 30 luglio scorso restasse a sua disposizione, come “ricordo”: per questo, nei giorni successivi al delitto, invece di gettarlo nell’Adda – come ha fatto con i suoi indumenti e altri oggetti che aveva portato con sé da Suisio a Terno d’Isola – lo ha seppellito lungo l’argine del fiume. Moussa Sangare, 31 anni, è accusato di omicidio volontario aggravato. A rendere noti i dettagli di ciò che ha rivelato agli inquirenti è stata la gip Raffaella Mascarino, che ieri, 2 settembre 2024, ne ha convalidato il fermo, disponendone la custodia cautelare in carcere.
Ecco perché Moussa Sangare ha ucciso Sharon Verzeni secondo la gip che ne ha convalidato il fermo
Non l’ho buttato nel fiume perché ho pensato che avrei potuto trovarlo ancora lì. Volevo tenerlo per avere memoria di quello che avevo fatto, come un ricordo,
avrebbe detto Sangare a chi lo ha interrogato dopo il delitto. Stando alla sua versione dei fatti, la notte tra il 29 e il 30 luglio scorso sarebbe uscito dall’abitazione in cui viveva a Suisio con la “sensazione” di voler fare del male a qualcuno.
Avrebbe puntato prima due ragazzini attorno ai 15 anni, poi un uomo che era in auto con un computer e una persona che stava fumando una sigaretta, scagliandosi, infine, contro “il bersaglio più vulnerabile“, Sharon Verzeni, uscita di casa per una passeggiata. Il motivo? Secondo la gip Mascarino era “annoiato” e in cerca di “emozioni forti, in grado di scatenare nel suo animo” dell’adrenalina.
Una volta rientrato, per sua stessa ammissione, avrebbe infatti “sentito una specie di comfort”, come se si fosse “liberato da un peso“. L’avvocato che lo difende d’ufficio, Giacomo Maj, ha fatto sapere che potrebbe essere affetto da qualche “problematica psichiatrica“. Nonostante ciò, sempre secondo la gip,
la lucidità mostrata nell’adottare tutta una serie di accorgimenti nel momento di compiere l’omicidio, nei momenti precedenti e nei giorni seguenti evidenzia uno stato mentale pienamente integro.
Il trasferimento in un altro carcere per motivi di sicurezza
Sangare non si sarebbe solo preoccupato di scegliere la vittima “perfetta”, ma dopo il delitto avrebbe anche provato a depistare le indagini, manomettendo il manubrio e i catarifrangenti della sua bici e tagliandosi i capelli.
Ad incastrarlo, alla fine, la testimonianza di due cittadini italiani di origine marocchina che lo avevano notato in strada con “un’aria strana”. È accusato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi.
Ieri, 2 settembre 2024, i carabinieri hanno perlustrato di nuovo la sua casa alla ricerca di elementi utili alle indagini, facendo sapere di aver “isolato alcuni reperti di interesse”. Di sicuro, tra gli oggetti finora sequestrati, c’è una sagoma di cartone che il 31enne avrebbe usato per esercitarsi a lanciare coltelli.
Fonti locali fanno sapere che nelle scorse è stato trasferito dal carcere in cui era recluso a Bergamo in un’altra struttura (non nota) per motivi di “sicurezza”: dei detenuti gli avrebbero infatti riservato un’accoglienza tutt’altro che amichevole, lanciandogli contro delle bombolette incendiarie.
Quella di Terno d’Isola era una tragedia evitabile?
Secondo molti Sangare poteva essere fermato: la sorella Awa ha raccontato che gli stessi familiari lo avevano denunciato per ben tre volte, sperando che qualcuno lo aiutasse a cambiare. L’ultima volta a maggio, quando, proprio con un coltello, il 31enne l’aveva minacciata.
Sognava di fare carriera come rapper, di essere preso a X Factor per essere conosciuto dal pubblico; un viaggio all’estero e l’incontro con le droghe sintetiche lo avrebbero cambiato per sempre.