Si è conclusa, dopo circa due ore dal suo inizio, l’udienza di convalida del fermo di Moussa Sangare, l’assassino reo confesso della 33enne Sharon Verzeni, accoltellata in strada a Terno d’Isola nella notte tra il 29 e il 30 luglio scorso. Davanti alla gip Raffaella Mascarino il 31enne italiano di origine maliana avrebbe confermato quanto già detto al pm Emanuele Marchisio nel corso del primo interrogatorio, sostenendo di non sapere “perché ha agito”.
Moussa Sangare, dal sogno di X Factor all’omicidio di Sharon Verzeni: cosa sappiamo di lui e della sua vita
Stando alla sua versione dei fatti, la sera del delitto di Terno d’Isola sarebbe uscito di casa con quattro coltelli e l'”inspiegabile” sensazione (un feeling, come lo ha definito lui) di “voler far del male” a qualcuno.
Moussa Sangare, 31 anni, è recluso, al momento, nella struttura carceraria di via Gleno, a Bergamo, sotto stretta sorveglianza ed ha più volte incontrato l’avvocato che lo difende d’ufficio, Giacomo Maj, che ha fatto sapere che potrebbe essere affetto da qualche “problematica psichiatrica“.
Sembra che da un po’, in effetti, il ragazzo non fosse particolarmente lucido. Come rapper aveva collaborato con artisti del calibro di Ernia ed Izi; secondo chi lo conosceva voleva “fare carriera”, partecipando ad X Factor per farsi conoscere dal pubblico. A cambiarlo, pare, un viaggio negli Stati Uniti e poi in Inghilterra e l’incontro con le droghe sintetiche.
È accusato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi. La gip Raffaella Mascarino, su richiesta della Procura, ne ha convalidato il fermo.
Le parole della sorella ai giornalisti
Per mio fratello nessuno si è mosso – ha detto ai giornalisti de L’Eco di Bergamo la sorella Awa -. Abbiamo fatto di tutto per liberarlo dalla dipendenza dalla droga, per affidarlo a chi potesse aiutarlo.
Purtroppo senza successo. Di segnali ce n’erano stati. Tant’è che la stessa famiglia lo aveva denunciato, più di una volta. L’ultima, per maltrattamenti, lo scorso maggio, dopo che, con un coltello, il giovane aveva minacciato proprio Awa, che si era messa paura.
Quando ci hanno detto che era stato lui ad uccidere quella povera ragazza – racconta ora – (io e mia madre, ndr) siamo rimaste scioccate. Sapevamo che non stava bene, ma mai avremmo potuto pensare che potesse arrivare a questo. Non doveva finire così, assolutamente no.
Sono in tanti a pensarlo, a pensare che la morte della 33enne si potesse evitare. Tra chi ha preso posizione, anche il Codacons, che nelle scorse ore ha chiesto formalmente alla Procura di Bergamo di non indagare solo sul delitto in sé, ma anche su possibili negligenze da parte delle autorità locali. Il dubbio è che possano aver sottovalutato la situazione.
In programma un nuovo sopralluogo nella casa del presunto killer
Per le 13 di oggi è in programma, intanto, un nuovo sopralluogo nell’abitazione di Suisio in cui il presunto killer abitava, al cui interno è già stata rinvenuta una sagoma di cartone che il 31enne avrebbe usato per esercitarsi a lanciare i coltelli.
Se i carabinieri stiano cercando qualcosa di specifico non è chiaro. Probabilmente puntano solo a capire in che condizioni Sangare vivesse e se è possibile che davvero abbia agito senza un movente. Di sicuro lui e la vittima non si conoscevano.
Sharon, che era uscita per una passeggiata serale mentre il compagno Sergio Ruocco dormiva, si sarebbe solo trovata – come ha detto la procuratrice aggiunta di Bergamo Maria Cristina Rota – “nel posto sbagliato al momento sbagliato“.