R. C., 17 anni, ha confessato di essere l’autore della strage di Paderno Dugnano, in cui sono morti il fratello Lorenzo, di cinque anni più piccolo, la madre Daniela e il padre Fabio, facendo luce anche sul movente: ecco le sue parole.
Strage di Paderno Dugnano, cosa ha detto il 17enne fermato sul movente
Era stato lui, nella notte tra il 31 agosto e il primo settembre, a dare l’allarme. Mettendosi in contatto con il 112 aveva riferito all’operatore di turno di aver ucciso il papà Fabio dopo essersi accorto che a sua volta l’uomo, 51 anni appena compiuti, aveva accoltellato sia il fratellino che la madre nella stanza da letto del primo.
Quando i carabinieri lo avevano raggiunto nella loro villetta di via Anzio 33 a Paderno Dugnano, nel Milanese, era già fuori, sporco di sangue e con un coltello in mano. Sul corpo non presentava segni di colluttazione. “Ho ucciso mio papà”, aveva ripetuto. Nel corso dell’interrogatorio a cui è stato sottoposto, assistito dall’avvocato Giorgio Conti, nella giornata di ieri ha poi confessato: “Li ho uccisi tutti”.
Mi sentivo un corpo estraneo nella mia famiglia. Ho pensato che uccidendoli tutti mi sarei liberato da questo disagio,
avrebbe detto, aggiungendo anche:
Me ne sono accorto un minuto dopo. Ho capito che non era uccidendoli che mi sarei liberato.
A riportarlo è Il Corriere della Sera, secondo cui i vicini di casa del ragazzo lo avrebbero descritto, in queste ore, come un tipo “tranquillo, normalissimo”, che non aveva mai dato problemi. Tra pochi giorni avrebbe iniziato l’ultimo anno del liceo scientifico. Poi l’agognato diploma.
Un ragazzo all’apparenza “normalissimo”
L’accusa che pende su di lui adesso è di triplice omicidio volontario aggravato dalla premeditazione. Si trova nel carcere di Brescia.
Non è successo niente di particolare sabato sera. Ma ci pensavo da un po’, era una cosa che covavo,
avrebbe fatto mettere a verbale. Insieme ad amici e parenti aveva appena festeggiato il compleanno del papà; mentre tutti dormivano, si sarebbe alzato e avrebbe preso un coltello dalla cucina, colpendo per primo il fratellino, “senza una ragione precisa” e poi i genitori, intervenuti a soccorrerlo.
I loro corpi, all’arrivo dei carabinieri, giacevano tutti e tre senza vita, in una pozza di sangue, nella sua camera da letto, con indosso biancheria da notte.
Mi sento solo anche in mezzo agli altri. Non avevo un dialogo con nessuno. Era come se nessuno mi comprendesse,
la spiegazione del 17enne, che da molti è già stato accostato a Erika Di Nardo, che nel febbraio del 2001, insieme all’allora fidanzatino Mauro Favaro, detto “Omar”, pianificò e portò a compimento il brutale omicidio della madre Susanna Cassini e del fratello di 11 anni Gianluca De Nardo.
Aveva 16 anni, Omar 17. Secondo le ricostruzioni furono mossi dalla volontà di “vivere con libertà” la loro relazione, ostacolata dai familiari della giovane, nella casa della strage. Anche il padre, infatti, nei loro piani, avrebbe dovuto morire.
Si tratta di casi che scuotono, che sconvolgono. Così ha parlato del più recente la sindaca di Paderno Anna Varisco:
Era una famiglia normale come tante altre, conosciuta in paese e tranquilla. Non era seguita dai servizi sociali o problematica. Il papà lavorava nell’edilizia e abitava in un bel quartiere. Siamo sbalorditi e sgomenti.
Per il giorno dei funerali delle tre vittime proclamerà il lutto cittadino in segno di vicinanza e solidarietà ai familiari, che mai avrebbero potuto immaginare ciò che è successo.