Immobiliare, perché molti italiani rinunciano ad acquistare un immobile? Sono i dati dell’Osservatorio dell’Agenzia delle Entrate a confermare questo trend.
Molti potenziali acquirenti italiani hanno deciso di rinunciare ad acquistare un immobile: complice di questo trend è sicuramente l’andamento dei tassi di interesse che a partire da luglio 2022 sono stati innalzati fino al mese di giugno 2024. Per combattere l’inflazione, la Banca Centrale Europea ha deciso di implementare una politica restrittiva. A giocare un ruolo rilevante sulla rinuncia ad acquistare una casa c’è stato anche il deprezzamento del valore degli immobili. Ecco perché la classe media ha visto ridurre la propria ricchezza di quasi 5 punti percentuali nel corso degli ultimi dieci anni. Secondo la BCE, alla fine dello scorso anno il patrimonio immobiliare rappresenta i ¾ della ricchezza lorda delle famiglie meno abbienti. La perdita di valore dei beni immobiliare ha inciso in modo determinante sul benessere della collettività.
Immobiliare, ecco perchè molti italiani rinunciano ad acquistare una casa
I dati dell’Osservatorio dell’Agenzia delle Entrate hanno messo in evidenza che lo scorso anno sono state concluse quasi 710mila compravendite di immobili. I dati confermano una contrazione delle transazioni sul mercato immobiliare pari a dieci punti percentuali rispetto al 2022. Anche i dati relativi al primo trimestre del corrente anno non sono di certo rassicuranti: le compravendite concluse sono state pari a 155.000 con una contrazione di oltre sette punti percentuali rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
C’è una minore propensione da parte degli acquirenti a comprare un bene immobiliare. Rispetto al trimestre precedente gli acquirenti che hanno deciso di sottoscrivere un mutuo sono in lieve incremento. La principale causa che ha impattato sulla rinuncia ad acquistare un immobile da parte degli italiani sono stati i tassi di interesse, che sono saliti dall’estate del 2022 fino al mese di giugno 2024, mese in cui la BCE ha ufficializzato il taglio dei tassi di interesse.
Un ruolo determinante ha avuto anche il deprezzamento del valore dei beni immobiliari, ragione per la quale la classe media ha visto ridurre la ricchezza a propria disposizione del 5 percento nel corso dell’ultimo decennio. Il report pubblicato da Banca d’Italia mette in evidenza lo stabile grado di disuguaglianza.
Immobiliare, un confronto con gli altri strumenti finanziari
Il calo della ricchezza posseduta dalla classe media è stato determinato dalla riduzione del valore del patrimonio immobiliare, che in parte è stata compensata dal rendimento offerto dagli strumenti finanziari più rischiosi. In seguito ad un’espansione del valore del patrimonio immobiliare la ricchezza delle famiglie più povere è rimasta stabile.
Alla fine dello scorso anno il patrimonio immobiliare rappresentava i ¾ della ricchezza detenuta dai nuclei famigliari meno abbienti: è quanto messo in evidenza dalla BCE. Si tratta di una quota piuttosto elevata se si effettua una comparazione a livello comunitario. Obbligazioni e conti deposito rappresentano il 17 percento. L’Osservatorio sul credito al dettaglio realizzato da Crif, Assofin e Prometeia ha confermato la flessione dei mutui: nel primo quadrimestre del corrente anno si è registrata una contrazione per l’acquisto di immobili ad uso abitativo.
I dati confermano che gli italiani preferiscono sottoscrivere un mutuo a tasso fisso e molti hanno fatto ricorso alla surroga del mutuo (oltre 61 punti percentuali). Secondo i dati è in lieve incremento la rischiosità del credito ai nuclei familiari, che rimane su livelli contenuti. Secondo le previsioni dell’Osservatorio il credito alle famiglie dovrebbe crescere a ritmi contenuti.
Immobiliare, in quali zone si acquistano più case?
Secondo i dati statistici notarili, la maggior parte delle transazioni immobiliari avviene nel Settentrione italiano. Il maggiore numero di compravendite di immobili avviene nel Settentrione italiano: il maggiore numero di transazioni avviene in Lombardia, con quasi il 20 percento del totale rispetto al territorio nazionale. Segue il Piemonte ed il Veneto con oltre 9 punti percentuali.