Su “Appunti”, una newsletter ideata da Stefano Feltri, è stato pubblicato un articolo di Fabrizio Tesseri in cui l’autore si chiede perché “persone tanto diverse, con nessuna ideologizzazione spicciola delle origini, che però restano legate a qualcosa” partecipano alle sagre paesane. Scrive che ci sono “quelli cha partono e non tornano più. Quelli che invece a un certo punto tornano. E quelli che sono restati, sempre, nonostante tutto. Le radici, quello che siamo”.
In difesa delle sagre paesane che fanno vivere e crescere le comunità
Aggiunge: “Come ho capito forse troppo tardi, le radici però non fanno di noi alberi e quello che siamo possiamo esserlo ovunque. Anzi, forse allontanarci un po’ ci può solo far crescere meglio, che sotto gli alberi crescono solo cespugli e funghi e fragoline, quando va bene. Ecco, al di là della mercificazione dei Santi, delle sagre vere o inventate, credo che quello che lega tutte le persone che si riversano in strada in queste occasioni, soprattutto nei mesi d’estate, sia il sentirsi parte di qualcosa, riconoscersi in un luogo, nelle facce di chi ci sta intorno e, in fondo, forse ne abbiamo tremendamente bisogno di questo riconoscersi. Come persone e come società”.
Ci si riconosce in una squadra di calcio, in un’associazione, in una festa. Anche in una sagra, in quelle iniziative che coinvolgono centinaia e centinaia di persone che difendono e alimentano le radici.