Nicoleta Rotaru temeva che l’ex marito Erik Zorzi, 42enne di Abano, potesse farle del male: per questo, nelle settimane precedenti al suo omicidio, avrebbe continuato a registrare le sue aggressioni e i suoi insulti, confidando alle amiche più strette di voler redigere un testamento per proteggere le figlie.

La storia di Nicoleta Rotaru, uccisa dall’ex marito nel Padovano

Sarebbero oltre mille gli audio rinvenuti sul cellulare della donna. Registrazioni in cui si sentirebbe Erik Zorzi scagliarsi contro di lei per i motivi più disparati. Secondo la madre, Nicoleta li conservava per tutelarsi nel caso in cui l’uomo l’avesse denunciata quando, insieme alle figlie di 8 e 13 anni, si sarebbe allontanata dall’abitazione in cui vivevano ad Abano, in provincia di Padova.

Mancava poco: quando è stata uccisa – venendo strangolata con una cintura, nell’agosto del 2023 – stava per partire per le vacanze. Al ritorno avrebbe firmato un contratto a tempo indeterminato; poi si sarebbe trasferita. Un cambiamento che il 42enne non era disposto ad accettare. Secondo le ricostruzioni, dopo averla chiusa in bagno, la aggredì.

Poi, come se niente fosse, chiamò il 112 e finse che la donna avesse fatto tutto da sola. “È chiusa in bagno da due ore e non risponde più, ho paura che sia morta”, le sue parole. Quando i soccorritori arrivarono, buttando giù la porta del bagno (di cui un pannello sembrava essere stato rimesso a posto dall’esterno), la trovarono morta e chiesero subito all’uomo se c’entrasse qualcosa.

Lui negò. Diversi mesi dopo le indagini – inizialmente concentratesi sulla pista del suicidio, a cui la famiglia non ha mai creduto – la svolta, con il ritrovamento dei famosi audio, di cui uno dell’omicidio. Solo una delle prove raccolte contro il 42enne, che però, dal carcere, continua a professarsi innocente.

Un femminicidio annunciato

La vittima non aveva mai sporto querela, ma più volte, nel corso delle aggressioni dell’ex, con cui era costretta a convivere, si era messa in contatto con i carabinieri, chiedendo loro di intervenire. Sembra che adirittura avesse confidato alle amiche di voler redigere un testamento per proteggere le figlie, nel caso in cui le fosse successo qualcosa: voleva fare in modo che non fossero affidate a lui e alla sua famiglia. Ne aveva paura.

Lo sapevano i colleghi e il datore di lavoro Maurizio Giaron che, intercettato dai giornalisti del Corriere della Sera, ha raccontato:

Era ossessionato e lei piangeva, ma aveva paura di denunciare perché vivevano insieme […]. Qualche giorno dopo il funerale sono andato al cimitero a trovarla. La sua tomba era distrutta, la foto era rotta e i fiori coprivano il nome. Il custode ci ha detto che era stato Zorzi. Noi non abbiamo le prove, ma di lui non ci siamo mai fidati.

È ciò che dicono anche i vicini di casa, parlando di una “tragedia annunciata”. Zorzi, raccontano tutti, dava spesso in escandescenze: bastava che Nicoleta rientrasse tardi dal lavoro oppure che uscisse indossando abiti che lui non riteneva “appropriati”. Si arrabbiava per qualunque cosa: se la 39enne usciva con le amiche o se, in ambito professionale, raggiungeva dei traguardi.

A riportarlo, citando l’interrogatorio a cui il 42enne è stato sottoposto, è Il Gazzettino Veneto. Una storia che, purtroppo, ne porta alla mente altre. Storie di donne che sono state uccise dagli uomini che avevano amato solo per aver cercato di allontanarsene, di costruirsi una nuova vita. Come Giulia Cecchettin e Vanessa Ballan, come Giada Zanola. Solo alcune delle ultime vittime di femminicidio.