Nell’ultimo rapporto sullo stato del Servizio Sanitario Nazionale (presentato il 10 ottobre 2023), la Fondazione Gimbe ha utilizzato parole molto dure per descrivere la gestione della sanità pubblica in Italia, evidenziando come “i principi fondanti del SSN, universalità, uguaglianza e equità sono stati traditi”. Un sistema definito al ‘capolinea’ che condiziona negativamente la vita quotidiana delle persone, “in particolare delle fasce socio-economiche meno abbienti” con interminabili tempi di attesa, affollamento dei pronto soccorso, inaccettabili diseguaglianze regionali e locali, aumento della spesa privata sino all’impoverimento delle famiglie e alla rinuncia alle cure.

Nelle scorse settimane il Governo è intervenuto direttamente sulla questione approvando un decreto legge per contrastare l’emergenza delle lunghe liste di attesa. Qualche settimana prima, inoltre, il Parlamento aveva dato il via libera alla Legge Calderoli sull’Autonomia Differenziata che prevede un’ulteriore ‘decentramento’ della sanità a favore delle regioni.

Sulle condizioni del Sistema Sanitario Nazionale e sugli effetti dell’Autonomia Differenziata, oltre che del Dl Liste d’attesa, Tag24.it ha intervistato in esclusiva il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta.

Autonomia differenziata, Cartabellotta: “Ho firmato il referendum. Causerà un disastro sanitario”

D: Presidente, lei ha firmato per il Referendum contro l’Autonomia differenziata? Quale sarà l’impatto che avrà sulla sanità pubblica?

R: Certo che ho firmato! Nonostante gli slogan accattivanti e i proclami illusori che hanno portato all’approvazione della Legge Calderoli, è chiaro che l’autonomia differenziata non potrà ridurre le disuguaglianze in sanità. Anzi, renderà le regioni del Centro-Sud sempre più dipendenti dalle ricche regioni del Nord. Paradossalmente, anche quest’ultime, non potendo aumentare in maniera illimitata la produzione di servizi e prestazioni sanitarie, rischieranno di peggiorare l’assistenza sanitaria per i propri residenti a causa di un massivo incremento della migrazione sanitaria dal Sud. L’autonomia differenziata in materia di “tutela della salute” non solo porterà al collasso la sanità del Mezzogiorno, ma infliggerà un duro colpo al SSN, causando un disastro sanitario, economico e sociale senza precedenti.

“DL Liste d’attesa va nella giusta direzione, ma non raggiunge la sufficienza”

D: Nelle scorse settimane il Parlamento ha approvato il Dl Liste d’attesa. Che voto gli dà e perché?

R: Il DL Liste d’attesa è un passo nella giusta direzione, ma non raggiunge la sufficienza. Tra i punti positivi c’è la Piattaforma Nazionale per le Liste D’attesa, che servirà a realizzare un monitoraggio rigoroso per le varie prestazioni sanitarie in tutte le Regioni e alla stessa maniera. Oltre all’estensione dei CUP regionali alle strutture private accreditate, che permetterà una maggior trasparenza sull’offerta reale di prestazioni, anche al fine di un’adeguata programmazione e dell’identificazione di eventuali criticità. La norma tuttavia non prevede risorse aggiuntive e potrà essere pienamente operativa solo previa approvazione di almeno sette decreti attuativi con scadenze non sempre definite e tempi di attuazione che rischiano di diventare biblici. Inoltre, non include misure per ridurre la domanda inappropriata di esami diagnostici e visite specialistiche.

Cartabellotta: “Eliminazione facoltà a numero chiuso non è soluzione alla carenza di medici”

D: Negli ultimi tempi si discute molto dell’opportunità di eliminare le facoltà a numero chiuso nelle università. Qual è la sua posizione in merito?

R: Eliminare le facoltà a numero chiuso è un argomento complesso. Per quanto riguarda il corso di laurea in medicina, la carenza di medici ha rilanciato la questione ma l’eliminazione del numero chiuso non risolverebbe efficacemente le difficoltà di reperimento del personale sanitario. Infatti, senza un parallelo incremento delle borse di studio per la specializzazione e per la Medicina Generale, si andrebbe a espandere il cosiddetto “imbuto formativo” che alimenta da un lato il lavoro a basso costo, dall’altro la fuga dei laureati verso l’estero.