L’Afghanistan è un paese dove le donne non hanno diritti. Da quando i talebani sono tornati al potere con un colpo di stato nell’agosto 2021, la situazione non fa che peggiorare. Le condizioni di vita umane – anche per il sesso maschile – stanno precipitando verso il baratro: non c’è più libertà, né rispetto dei diritti umani fondamentali. Cosa prevede la nuova legge contro le donne in Afghanistan?
La morsa del regime sull’intera popolazione si fa sempre più stretta. Le violazioni messe in atto, di consueto nella prassi, ora vengono permesse attraverso le norme. La giustificazione delle barbarie portate avanti dai talebani trova essenza di esistere nella Shariʿa, le condotte di vita da rispettare secondo i dettami dell’Islam.
Nei giorni scorsi, il 21 agosto 2024, una nuova legge ha affossato ulteriormente i diritti delle donne: non possono più cantare, recitare o leggere ad alta voce in pubblico. La voce di una donna per i talebani rappresenta un “elemento intimo” e per questo, a loro avviso, deve rimanere privata. Dalle restrizioni sull’abbigliamento – il fatto di indossare il burqa (il velo integrale) e abiti che coprano l’intera figura femminile per “decoro” – si è passato a limitare per legge comportamenti e libertà essenziali, come il diritto di parlare.
Anche gli uomini sono oggetto di interesse di questa nuova previsione normativa: non possono indossare pantaloni al di sopra del ginocchio e devono sempre curare con attenzione la propria barba. Per un approfondimento sulla situazione attuale in Afghanistan e per capire meglio quali sono le conseguenze della nuova legge, Tag24 ha intervistato in esclusiva Luca Lo Presti, presidente dell’associazione Pangea Onlus, che da anni è impegnata nella lotta alla violenza di genere in Italia e nel mondo e che, è presente in Afghanistan sul campo, per aiutare le donne e favorire la loro indipendenza.
Cosa prevede la nuova legge contro le donne in Afghanistan?
I Talebani da anni stanno mettendo in atto una calcolata e progressiva distruzione dei diritti delle donne. Siamo di fronte ad una vera e propria apartheid. Se prima le violazioni venivano perpetuate solo tramite la prassi, adesso trovano giustificazione grazie alle norme scritte. Una nuova legge contro le donne è stata promulgata nel Paese, proprio nei giorni scorsi.
E’ stata emanata dal ministero per la Prevenzione dei vizi e la Promozione delle virtù. Nei 35 articoli di cui la normativa è composta, sono tantissimi i divieti che restringono le libertà fondamentali delle donne. Non possono cantare, recitare o leggere ad alta voce in pubblico. Il motivo? Per i talebani la voce femminile è reputata un qualcosa di intimo, che deve rimanere privato, confinata tra le mura domestiche.
Un bavaglio a tutti gli effetti, che mira ad annientare la vita delle donne e a farle diventare sempre più invisibili, in una società che da tempo le opprime e le ha dimenticate. Tutto questo si aggiunge alle prescrizioni già attive in precedenza, l’obbligo di girare sempre con il velo, coprire il viso per scongiurare “tentazioni”. Niente abiti corti, minigonne, o indumenti dalla silhouette aderente. Le donne devono viaggiare sempre o spostarsi da casa in compagnia di un uomo membro della propria famiglia.
E’ vietato loro parlare o persino guardare uomini con i quali non abbiano legami di sangue o che non siano i loro mariti. Tra le altre proibizioni già attive in Afghanistan ci sono il divieto di omosessualità, l’adulterio, di recarsi dal parrucchiere o in un salone di estetica, senza dimenticare l’abolizione del diritto allo studio per le donne, alle quali non è consentito di procedere nell’istruzione secondaria e vietato di frequentare le università.
La nuova legge è stata emanata mercoledì 21 agosto 2024, dopo l’approvazione del leader supremo Hibatullah Akhundzada. Chi violasse le nuove normative verrà punito dal ministero per la Prevenzione dei vizi e la Promozione delle virtù, un’istituzione ideata dai talebani per promuovere il serrato rispetto della Sharia.
La nuova legge contro le donne in Afghanistan secondo Pangea è “simbolo di un apartheid”
D: Quale sarà l’impatto della nuova legge contro le donne promulgata in Afghanistan? Non avere più la possibilità di far sentire la propria voce in pubblico, a tutti gli effetti, sembra il preludio di una tragedia. Dalla prassi alla legge scritta le proibizioni si fanno sempre più stringenti…
R: Pangea da tempo sta denunciando questa situazione che ormai è ai livelli di una vera e propria apartheid di genere, a tutti gli effetti. Il fatto che i talebani l’abbiano messa su carta non può farci negare che quello che si sta verificando in realtà sia sempre accaduto. Durante i vent’anni di presidio occidentale, la nostra presenza ha causato solo guerra. Tutti i soldi investiti per costruire pace, consapevolezza, diritti e sviluppo sono una favola finta.
Alla fine abbiamo rimesso noi occidentali i talebani al potere, perché abbiamo fatto anni e anni di incontri a Doha tra americani e poche altre nazioni per concordare un loro rientro al governo, per poterci ritirare e impiegare lo sforzo bellico altrove. Abbiamo sempre saputo chi erano i talebani, oggi puntiamo il dito contro un governo che abbiamo voluto noi e che accusiamo di essere integralista. Ma i talebani sono talebani e stanno unicamente tornando a mettere in pratica, a scrivere su carta quello che noi non abbiamo mai evitato accadesse in Afghanistan.
La situazione negli anni scorsi era molto cambiata nelle grandi città, c’era stato uno sviluppo per quanto riguarda i diritti. Pangea ha portato economia, miglioramento dei diritti delle donne. Tutta la cooperazione internazionale ha lavorato molto bene. Se avessimo investito tutti quei soldi che sono stati spesi per fare la guerra, per costruire pace davvero, oggi non saremmo a questo punto.
Presidente Pangea: “La nuova legge mette in pericolo la libertà di tutto il popolo afghano”
D: Destinatari di questa nuova legge non sono solo le donne, ma anche gli uomini: le prescrizioni sull’abbigliamento, il modo di portare la barba o il turbante sono il simbolo di qualcosa di più che semplici osservanze?
R: Non dimentichiamo che in questa legge ci sono restrizioni anche per gli uomini. Gli uomini devono avere la barba sufficientemente lunga e curata. Questo rappresenta un fattore di riconoscibilità: se sei un talebano hai un certo aspetto, lo si vede dalla barba, dai capelli, dal modo di portare il turbante. E’ tutta una simbologia che sottolinea l’appartenenza al regime. Lo abbiamo visto in passato anche per altri totalitarismi.
In Afghanistan c’è l’ignoranza che governa, e per ignoranza non intendo la mancanza di scolarizzazione, ma proprio un pensiero da “bullo”. Per loro la forza vince sulla ragione, l’arroganza sull’educazione, l’egoismo sull’altruismo. I talebani sono bulli che indossano un turbante e con queste leggi stanno annientando tutta la popolazione, indistintamente. Uomini e donne hanno paura di uscire di casa in Afghanistan. Hanno paura di esporsi pubblicamente in disaccordo con quelli che sono al comando.
Vedere la donna come un oggetto di proprietà, arrivare al punto di non permetterle di parlare perché altrimenti la sua voce potrebbe far eccitare il vicino di casa, è una situazione atroce e agghiacciante. E’ la mentalità del possesso che si nasconde dietro la violenza di genere, dietro i femminicidi, in tutto il mondo. È un pensiero ignorante, da bullo.
Bisogna lavora sulla diffusione della cultura di genere, di rispetto che si costruisce con l’esempio da padre in figlio ogni giorno. Invece negli incontri a Doha mai nessuno dei potenti ha affrontato il tema dei diritti delle donne, si parlava solo di soldi e di limiti. I talebani fanno il loro mestiere, sono i talebani, che cosa ci aspettavamo che facessero? All’Afghanistan oggi serve una stabilizzazione, perché quel paese è un buco nero per tutti i terroristi del mondo, non solo per gli islamici.