Il fronte dei partiti, dei sindacati e delle associazioni sceso in campo per giungere al referendum abrogativo della legge Calderoli sull’Autonomia differenziata ha già raggiunto le 500mila firme e, entro settembre, ha fissato l’obiettivo di arrivare al milione. La consultazione popolare, che dovrebbe svolgersi la prossima primavera, è, quindi, vicina. Resta il fatto che all’interno del Partito Democratico di Elly Schlein, il principale proponente referendario per far saltare la riforma-bandiera della Lega, c’è chi si oppone a questa iniziativa. Si tratta dell’ex senatore nonché ex viceministro dell’Economia dei Governi Renzi e Gentiloni Enrico Morando. Con l’ex senatore dem Giorgio Tonini ha firmato una lettera aperta in cui spiega le ragioni del suo no al referendum. E con Tag24.it ne ha approfondito i motivi con una intervista.

Antonomia differenziata, nel Pd Enrico Morando si schiera contro il referendum abrogativo

Enrico Morando, piemontese classe 1950, presidente dell’associazione Libertà Eguale, è tra le poche voci riformiste del Partito Democratico che si levano contro il referendum promosso dal centrosinistra, nella sua accezione più ampia, per cancellare la riforma Calderoli sull’Autonomia differenziata.

D Senatore, perché con Giorgio Tonini ha firmato la lettera in cui sostiene che il Pd sbaglia a sostenere il referendum abrogativo?

R “Per reagire alle dichiarazioni rese dal presidente del Comitato promotore, l’ex ministro della Giustizia Giovanni Maria Flick”.

D Cosa ha detto di così grave?

R “Che l’obiettivo politico del referendum non è tanto la cancellazione della legge Calderoli sull’Autonomia, ma il superamento della logica che aveva ispirato nel 2001 la riforma del Titolo V della Costituzione”.

D Quello dedicato alle Regioni, le Province e i Comuni che voi stessi, come centrosinistra, avete voluto.

R “Esatto. L’ha definito “un disastro”“.

D Per lei non si è rilevata tale?

R “Per me bisognava ritoccarla, ma non certo disconoscerla”.

D La convince, in tal senso, la legge Calderoli?

R “No. E’ una legge brutta. Ma di pura attuazione del terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione, quello che abbiamo voluto noi come centrosinistra”.

D Contro di essa ora quella stessa parte politica si straccia le vesti dicendo che spacca l’Italia, crea cittadini di serie A e di serie B etc. etc.

R “Ma alla fine è una legge sopravvalutata. Nel senso che le intese singole tra Stato e Regioni si facevano anche in sua assenza…”

D Una di queste intese vedeva al tavolo felici e contenti Stefano Bonaccini e Elly Schlein nemmeno due anni e mezzo fa nelle vesti di presidente e di vicepresidente della Regione Emilia Romagna.

R “Nessuno fa il suo con coerenza”.

D Tant’è che, dal suo canto, Giorgia Meloni, nel 2014, agli albori di Fratelli d’Italia, firmò un disegno di legge per abrogare l’articolo della Costituzione che prevede l’Autonomia differenziata: il mondo al contrario, direbbe Vannacci...

R “Se è per questo, ricordo bene anche le giravolte della stessa Lega all’epoca della riforma del 2001, ai tempi prima della Bicamerale, poi della Devolution…”.

D E comunque: tornando al presente, come bisognava agire per lei davanti alla legge Calderoli?

R “Con una forte opposizione. Ma non con il referendum, se l’obiettivo – come dichiarato dal presidente del Comitato promotore – è quello di attaccare tutto il Titolo V e tornare a un neocentrismo”.

D Lei non ci sta.

R “A me, che sono federalista da sempre, tutto si può chiedere tranne questo”.

D Per specificare i poteri di Stato centrale e Regioni qual era la soluzione migliore?

R “La soluzione migliore era sfidare sul terreno delle riforme il Governo Meloni, visto che vuole anche il premierato. La riforma del Titolo V della Costituzione ci vuole, ma magari come la si era immaginata nel 2016 con la riforma costituzionale Renzi-Boschi che andava a superare anche il bicameralismo perfetto con la creazione di una vera Camera delle Regioni”.

D Quel treno è andato.

R “Ma il centrosinistra ha una antica storia di autonomia e di regionalismo: anche nel Pci, come in quello dell’Emilia-Romagna, era una battaglia, ben prima dell’istituzione delle Regioni nel 1970”.

Essere nella minoranza del Pd ai tempi di Elly Schlein (col modello dei dem americani)

D Oggi giorno è difficile fare opposizione all’interno del Pd di Elly Schlein?

R “Più che opposizione, parlerei di stare in minoranza”.

D E’ complicato?

R “No, se si è minoranza con gande determinazione, ma in maniera leale. Del resto, è la lezione che ci sta arrivando dagli Stati Uniti in questi giorni”.

D Dalla convention di Chicago?

R “Esattamente. Quanta distanza c’è tra le posizioni del “socialista” Bernie Sanders e quelle di Joe Biden?”

D Quella che passa tra New York e Los Angeles.

R “Appunto. Ma nel Partito Democratico statunitense ci sono voci plurali, posizioni distinte, ma una iniziativa politica unitaria fino al punto che la candidata presidente Kamala Harris, a sua volta, ha l’aspirazione di parlare a nome di tutti gli americani”.

D Lezioni americane: non è solo un vecchio libro di Italo Calvino. Questa di Chicago è soprattutto per Elly Schlein?

R “La leadership di un partito si fa carico delle diverse posizioni, ma quella che arriva oggi è una lezione di un partito a vocazione maggioritaria che vale per tutti”.