Ralph John Perou, in arte Perou, è un poliedrico fotografo britannico originario di Newick, un piccolo villaggio nell’East Sussex e specializzato in ritratti, moda, musica, cinema e televisione.

Nel corso degli anni, l’artista, ora con base a Londra, ha lavorato con le maggiori icone del novecento e degli anni zero, catturando la loro essenza, cristallizzandoli, all’apice delle loro carriere.

Grandi nomi del mondo dello spettacolo, come lo shock rocker Marilyn Manson, il cantautore australiano Nick Cave, lo stand-up comedian Ricky Gervais, il pioniere dell’acid house e creatore del Thee Temple ov Psychick Youth Genesis P-Orridge, il calciatore David Beckham, la popstar Justin Timberlake, Coldplay, l’attore Jeff Bridges, Patrick Stewart, Ian McKellen e l’ex Primo Ministro inglese Boris Johnson.

Dietro una foto c’è l‘unione di due anime che si connettono tra loro: la prima di chi scatta, la seconda dell’immortalato. Ogni persona, volto, racconta una storia unica, a sé, fatta di sacrifici, felicità, tristezza, libertà, spensieratezza, rivalsa o riflessione.

Tag24 ha intervistato in esclusiva Perou sul suo passato, presente, futuro nel mondo dell’arte e sul suo viaggio in Ucraina, testimonianza in prima persona degli orrori della guerra.

Nel mondo di Perou: intervista al fotografo inglese

D. Come è nata la sua passione per la fotografia?

R. “Come molti fotografi, credo, non sono bravo a dipingere o a disegnare, così ho preso in mano una macchina fotografica per imbrogliare e fare arte in modo semplice. Le persone prendono sempre delle scorciatoie. Come i musicisti che usano i computer per fare musica quando non si preoccupano di imparare uno strumento o le persone che ora usano l’Ai per creare immagini che sembrano foto: stiamo diventando sempre più pigri. Diventare fotografo non era nei miei piani: è qualcosa in cui sono mutato gradualmente 30 anni fa“.

D. Cosa deve avere una fotografia per essere speciale? Quali sono stati i suoi esempi?

R. “Sappiamo tutti che la fotografia è un linguaggio, ma molti fotografi non hanno nulla da dire. Credo sia importante avere una voce e usarla. Le belle foto che non comunicano sono uno spreco. È come se una bella persona aprisse la bocca e pronunciasse parole incomprensibili: mi piacciono le foto con un’anima. Mi piacciono le foto che si distinguono dal generico bombardamento visivo a cui siamo sottoposti ogni giorno. Voglio che le persone si fermino davanti alle mie foto, che le considerino e le ricordino. Non mi importa se le persone amano o odiano le mie fotografie: non voglio che si sentano indifferenti o ambivalenti nei loro confronti”. Penso anche che le grandi fotografie richiedano autenticità e realismo, oggi più che mai. L’IA può produrre immagini simili alle foto, ma non sono foto-reali. La fantasia e i travestimenti vanno bene, ma sto arrivando al punto di pensare che il reportage sia la forma più pura e preziosa di fotografia”.

Perou e il processo creativo di una foto

D. Qual è il suo processo creativo? E quando decide che una foto è pronta per essere stampata?

R. “Ho diversi processi e modi di lavorare: a volte sogno idee, le scrivo o le disegno (male) su un quaderno e le trasformo in foto. A volte offendo le persone che ho disegnato nei miei schizzi, ma le foto sono sempre molto vicine allo schizzo. Di solito queste idee mi vengono mentre sto per addormentarmi o mentre cerco di non addormentarmi, in modo frustrante: anche mia moglie Lucy mi aiuta con le idee. A volte mi viene chiesto di andare a fotografare qualcuno e io arrivo senza preparare idee prestabilite e lascio che avvenga la magia spontanea, si spera. A volte sto letteralmente trasformando il disegno e l’idea di qualcun altro in una foto. Di solito per soldi”.

D. “Nelle sue foto c’è molta anima. Come riesce a farla emergere nei suoi soggetti? Qual è la sua definizione di umano?

R. “Grazie per averlo notato. In genere non dico alle persone come comportarsi o posare nelle mie fotografie. Creo un ambiente in cui possano essere se stessi. Molti fotografi hanno una visione creativa o un’idea di come vogliono che una persona appaia o cosa vogliono che faccia. Jay-Z mi ha insegnato una lezione per i servizi fotografici (che è anche una grande lezione di vita). Al suo arrivo in uno studio in cui stavo scattando, gli ho parlato con entusiasmo di tutte le cose che volevo che indossasse e che volesse fare. Lui mi ha ascoltato con attenzione, ma quando ha finito di parlare mi ha guardato e con tono ponderato mi ha detto: “Non si tratta di te, si tratta di me”. Questo mi ha colpito come una specie di epifania. I buoni ritratti riguardano il soggetto, non il fotografo. Definizione di umano… non sempre gentile”.

Nei molteplici mondi fotografici dell’artista: moda, cinema, musica e televisione

D. Lei scatta per diversi settori: musica, moda, cinema, televisione. Qual è il suo settore preferito?

R. “Mi definisco un “fotografo di persone” perché mi piace fotografare le persone, in qualsiasi settore si trovino. Mi sento fortunato perché riesco a trascendere tutti i generi”.

D. Che rapporto ha con i suoi soggetti? Lei ha fotografato artisti di tutti i generi, dai Coldplay, Jay-z, Frank Carter, Daft Punk a Nick Cave, Jarvis Cocker e Marilyn Manson… Tutti molto diversi tra loro.

R. “… e politici, presidenti, attori, reali, star dello sport, bande di motociclisti e drag queen. Vedo tutti come uguali e li tratto di conseguenza. Mi aspetto che tutti mi trattino allo stesso modo. Le persone sono persone (come dicono i Depeche Mode)”. Sono affascinato dagli esseri umani e amo ascoltare le storie, le opinioni e i punti di vista delle persone. Sono più interessato a incontrare e parlare con le persone che a fotografarle. I miei clienti vogliono le fotografie, comprensibilmente. Ma per me una fotografia è solo una traccia residua di dove sono stato e di chi ho incontrato”.

Da Marilyn Manson al viaggio in Ucraina per testimoniare gli orrori della guerra

D. “Con Marilyn Manson hai pubblicato anche un libro fotografico (che ho nella mia collezione), come è nata l’idea?”

R. “Ho scattato così tante fotografie di Marilyn Manson che mi è sembrato molto sensato fare un libro su come eravamo arrivati a quel punto. In realtà è stato difficile inserire 21 anni di foto in un libro, con un sacco di testo che deriva dalle conversazioni che abbiamo avuto sulle foto. Abbiamo scattato molto da quando il libro è stato terminato. Non dovremo aspettare altri 21 anni per fare il prossimo”.

D. Progetti per il futuro? Dove vede Perou nei prossimi anni?

R. “In questo momento mi sto preparando a tornare in Ucraina con “medics 4 Ukraine”, un’organizzazione no-profit che raccoglie fondi per la medicina traumatologica e per l’addestramento dei medici alle più recenti procedure mediche sul campo di battaglia. Sarà la mia quarta visita in Ucraina dopo l’invasione russa. Sto cercando di usare la mia fotografia NON solo per abbellire le celebrità o vendere prodotti alle persone di cui non hanno bisogno. Alla fine di quest’anno dovrei andare a Virunga, in Congo, per fotografare i gorilla. Potrebbe rivelarsi più pericoloso che andare in Ucraina. Ho un libro sui numeri che voglio pubblicare un altro con i punti salienti di 30 anni di foto, con storie di ciò che è accaduto sul set e fuori dal set. E ho intenzione di riaprire uno studio a Londra, che si chiamerà “BlackHearts in Battersea”: un anno tranquillo“.