Fumo, alcol, droghe sì, ma anche zucchero, cellulare e caffè! Qual è la causa delle dipendenze? Non importa che si tratti di sostanze o comportamenti. Parliamo di un fenomeno che tocca diverse sfere e che spesso ci preoccupa perché influenza notevolmente la nostra vita. Cosa accade esattamente nel cervello quando si diventa dipendenti? Ci sono dei meccanismi psicologici e neurologici che si attivano, è chiaro. Non dipende tutto soltanto “dal nostro corpo”.

Per rispondere a queste domande, Tag24 ha intervistato la psicologa Paola Campanaro, che ha fatto luce sul ruolo del circuito della ricompensa e sugli impulsi che governano i nostri comportamenti più comuni.

Qual è la causa delle dipendenze? Il circuito della ricompensa! Ecco cos’è

Alla base della dipendenza vi è il cosiddetto “circuito della ricompensa”, un sistema neurologico che ha il compito di regolare i meccanismi di piacere e gratificazione nel cervello umano. Lo spiega così la dottoressa Paola Campanaro:

“Il circuito della ricompensa è un sistema legato alle abitudini. Il nostro organismo si adatta a ricevere certi stimoli piacevoli, come il gusto dolce, ad esempio nel caffè zuccherato o nei cibi altamente gratificanti come il “junk food”.

L’essere umano è sostanzialmente pigro. Questi stimoli creano una sorta di pigrizia nel cervello, spingendoci a ripetere comportamenti anche dannosi, come bere frequentemente Coca-Cola, pur sapendo che fa male (corrode i denti, fa male all’intestino ecc..). Accade perché il nostro cervello, quando riceve stimoli gratificanti, rilascia dopamina, un neurotrasmettitore che crea una sensazione di piacere.

Pensiamo ad alcuni videogiochi: i ragazzi spesso vengono premiati con delle “skin” o ricompense virtuali, il che stimola la produzione di dopamina. Lo stesso accade quando scorriamo il telefono: siamo tendenzialmente curiosi e, ogni nuova notizia o informazione, ci dà una piccola dose di piacere, e senza accorgercene, passiamo le ore scrollando.

Con il tempo, questi comportamenti creano delle connessioni cerebrali che rendono più facile ripetere l’azione gratificante.

La dottoressa ci riporta una suggestiva similitudine e spiega che è come se aprissimo un sentiero in un bosco: anche se poi smettiamo di usare quel sentiero, il percorso è ormai segnato, e sarà sempre più facile ricadere in quella dipendenza:

“La dopamina ci dà un senso di piacere immediato e noi lo ricerchiamo nuovamente. Questa immediatezza, in particolare in età evolutiva, crea “una stradina”, (si chiamano sinapsi) è come  se si aprisse una strada. 

Immaginiamo il nostro cervello sia come un bosco: sarebbe come entrare con un  machete e aprire il sentiero. Una volta  fatto, il sentiero della dipendenza con un aiuto può essere chiuso nuovamente, ma ormai è stato battuto. Il corpo continua a sentire una “memoria storica”, dunque diventerà molto più faticoso gestire la sensazione legata alla dipendenza.”

Perché le cose “buone” fanno male e creano dipendenza?

Non è tanto il piacere in sé a essere dannoso, ma l’incapacità di gestire l’impulso. Ad esempio, un bicchiere di Coca-Cola non è pericoloso, ma una bottiglia al giorno può esserlo. Il problema nasce quando ci lasciamo dominare dall’impulso, che diventa il “burattinaio” della situazione, spiega la dottoressa:

“Questo accade perché il piacere immediato, come quello dato dal cibo spazzatura o dall’alcol, stimola la produzione di endorfine e dopamina, creando una forte sensazione di gratificazione. La dopamina, però, scende rapidamente dopo il picco, lasciandoci con un senso di vuoto, e ci spinge a cercare di nuovo quella sensazione di piacere.

I grassi del junk food, l’alcol, le sostanze, attivano un’elevata sensazione di piacere, producono endorfine, che rilasciano la dopamina, di cui sentiamo costantemente il bisogno. Vale per il gioco d’azzardo, la sostanza stupefacente e anche il cibo. “

Un broccolo, ad esempio, non contiene le stesse sostanze, ci ha spiegato la dottoressa.

Il collegamento tra disturbi alimentari e dipendenza

Anche i disturbi alimentari, come il binge eating o l’anoressia, possono essere considerati forme di dipendenza.

“In questi casi, la persona diventa dipendente dalla sensazione di controllo, soprattutto quando il mondo esterno sembra incontrollabile. Studi recenti mostrano che chi soffre di disturbi alimentari in infanzia spesso confonde emozioni come rabbia o paura con la fame, poiché da piccoli venivano gratificati con il cibo quando erano in difficoltà emotiva, calmati ad esempio dai genitori anziché con l’affetto, con un premio come le patatine, o una caramella.”

Come si possono prevenire le dipendenze?

Per evitare di cadere in queste dipendenze, è fondamentale imparare ad ascoltarsi.

“Alcuni giovani, ad esempio, si rendono conto che se non vanno in palestra, si sentono male o piangono. In questi casi, è importante fermarsi per esempio per dieci giorni, fare qualcosa di diverso per un po’, altrimenti si rischia di sviluppare una dipendenza.

Dobbiamo imparare a non farci governare dagli impulsi, a non diventare burattini nelle mani dei neurotrasmettitori e degli ormoni che ci spingono costantemente verso il piacere immediato. Alla fine, la vera domanda è: vogliamo essere padroni di noi stessi o lasciare che siano fattori esterni a governarci?

La soluzione, quindi, sarebbe la disciplina:

“E’ essenziale per evitare di cadere in queste trappole. Se non siamo in grado di essere disciplinati con noi stessi, come possiamo aspettarci di riuscire a gestire il nostro lavoro, le nostre relazioni e le nostre responsabilità quotidiane?”

Paola Campanaro è anche esperta dell’età evolutiva e direttrice del Centro Clinico La Quercia. Con Tag24 risponde spesso alle domande dei genitori sull’educazione dei figli. Ecco ad esempio qual è l’età giusta per dar loro il cellulare.