Il 23 agosto di due anni fa fu uccisa dall’ex fidanzato Giovanni Padovani in via dell’Arcoveggio, a Bologna: Alessandra Matteuzzi aveva 56 anni e lavorava come rappresentante di vendita per uno showroom di abbigliamento di Castel San Pietro. Ecco la storia del suo femminicidio, dagli esordi fino alla condanna del responsabile in primo grado.
Alessandra Matteuzzi, due anni fa il femminicidio a Bologna: la storia
I fatti risalgono al 23 agosto del 2022. Alessandra Matteuzzi, 56 anni, aveva da poco denunciato l’ex compagno Giovanni Padovani per stalking quando, rientrando a casa, fu colta di sorpresa dal 28enne e uccisa a calci, pugni, colpi di martello e di panchina sotto gli occhi di diversi testimoni.
“Un vero e proprio agguato” che, secondo i giudici, l’ex calciatore – tra l’altro sottoposto a un divieto di avvicinamento – preparò e poi mise in atto con “estrema lucidità”, per “vendetta”, più che per gelosia. Il tutto dopo aver esercitato, nei confronti della donna che un tempo lo aveva amato, forme di controllo di “carattere ossessivo-maniacale”.
La sorella, che al momento dei fatti era al telefono con lei e che a distanza di un anno aveva dichiarato di “sentire ancora le sue grida”, è scoppiata in lacrime quando, lo scorso febbraio, i giudici lo hanno condannato all’ergastolo, riconoscendogli – come l’accusa e le parti civili avevano chiesto – le aggravanti della premeditazione, dei futili motivi, del vincolo affettivo e dello stalking.
Giovanni Padovani condannato all’ergastolo in primo grado
Una sentenza che la difesa dell’ex calciatore aveva cercato di evitare additando la responsabilità dell’accaduto a un “disturbo” di cui lo stesso soffrirebbe. Durante la perizia psichiatrica è emerso però che il 28enne sarebbe “capace di intendere e di volere” e avrebbe volutamente esagerato “i sintomi legati a patologie mentali”, fingendo, in pratica, di avere probemi che non ha.
Se avesse voluto, quel 23 agosto, dopo aver colpito una prima volta la 56enne, avrebbe potuto fermarsi: un residente, infatti, riuscì a bloccarlo e ad allontanarlo dalla donna. Con la scusa di controllare come stesse, lui, di tutta risposta, le si avvicinò nuovamente e, dopo averla chiamata “putt**a”, riprese a colpirla, lasciandola inerme sul marciapiede.
La sentenza rende giustizia alla famiglia Matteuzzi e a tutte le donne di questa città, che devono sapere di avere il Comune sempre al loro fianco. Le istituzioni ci sono state come parte civile insieme a tutte le associazioni contro la violenza verso le donne,
le parole del sindaco di Bologna Matteo Lepore dopo la lettura della sentenza di primo grado. Il processo d’Appello si aprirà l’11 novembre prossimo.
Gli eventi in programma per la giornata di oggi a Bologna
A due anni dal femminicidio che ha strappato Alessandra Matteuzzi alla vita e all’affetto dei suoi familiari, a Bologna si terrà un evento per ricordarla. Si intitolata “Diamo voce ad Alessandra” e prenderà il via alle ore 21 in piazza Lucio Dalla.
A prendere la parola saranno la sorella della vittima, Stefania, e il cugino Andrea. Non ci sarà invece la mamma Maria Bartolini, che si è spenta lo scorso maggio. La sua salma riposa, ora, accanto a quella della figlia uccisa.
Come lei, negli scorsi mesi, sono morte in tante. Si pensi, tra le altre, a Giulia Tramontano, Giulia Cecchettin e Vanessa Ballan: donne che avevano ancora tutta la vita davanti e che, per futili motivi, sono state prese di mira dai loro compagni o ex compagni per averli lasciati, per aver pensato di poter andare avanti senza di loro.