Partite Iva forfettarie, sono quattro le soglie di ricavi da tenere sotto osservazione ai fini della corretta applicazione del nuovo concordato preventivo 2024. Le novità sono contenute nel decreto legislativo correttivo 108 del 2024 e comportano un’integrazione della disciplina del nuovo patto con il Fisco da parte dei lavoratori autonomi forfettari (e sottoposti alle pagelle Isa) con i limiti già fissati dalla normativa ai fini della permanenza al regime stesso.
Si ricorda che le partite Iva forfettarie applicano un’imposta sostitutiva del 15%, che si riduce al 5% nei primi cinque anni di attività. Ma, se si parla di soglie di ricavi per rimanere nel regime forfettario, le soglie di ricavi alle quali far riferimento sono quelle di 85.000 euro, 100.000 euro e un limite intermedio per posizionamenti tra queste due soglie. Infine, una nuova soglia è stata fissata esclusivamente dal concordato preventivo ed è pari a 150.000 euro.
Partite Iva forfettarie concordato, con quali soglie di ricavi si rimaneCome funziona il nuovo concordato preventivo? nel patto col Fisco?
Un’attenzione particolare alle soglie di ricavi dovranno porla i titolari di redditi d’impresa con partita Iva a regime forfettario e applicazione della flat tax del 15%. Il nuovo concordato preventivo del 2024 aggiunge, infatti, una nuova soglia fissata alla maggiorazione del 50 percento del limite di ricavi già fissato dal comma 71, dell’articolo 1, della legge 190 del 2014, pari a 150.000 euro. Tale limite vale esclusivamente ai fini del concordato preventivo e alla proposta di tassazione pervenuta al contribuente per mezzo del software dell’Agenzia delle entrate dal 15 luglio 2024 in poi.
La prima soglia delle partite Iva a regime forfettario fa riferimento al tetto di 85.000 euro fissato per mantenere la flat tax del 15% all’anno. Superare questa soglia nel 2024 (e siamo nel secondo tetto, quello da 85.000 a 100.000 euro) non comporta alcuna complicazione ai fini del concordato preventivo, mentre fa vacillare la permanenza al 15% di flat tax.
Chi dovesse ricadere in questa fascia di ricavi, infatti, dovrà abbandonare il regime forfettario di imposta sostitutiva della flat tax e riparare in quello ordinario nel quale dovrà applicare, dal 2025, sia l’Iva che l’Irpef.
Come funziona il nuovo concordato preventivo?
Una situazione particolare si determina al superamento della terza soglia di ricavi per una partita Iva a regime forfettario, quella dei 100.000 euro. Dal punto di vista disciplina fiscale, superare i 100.000 euro nel 2024 (o nei prossimi anni) comporta l’abbandono immediato del regime di flat tax e l’approdo al sistema ordinario di partita Iva, con applicazione dell’Iva e dell’Irpef al posto dell’imposta sostitutiva.
Dalla fattura che fa sforare tale soglia, il contribuente dovrà assoggettare i successivi documenti all’imposta, a prescindere dall’accettazione della proposta di concordato preventivo dell’Agenzia delle entrate. Pertanto, dal punto di vista del patto con il Fisco, si può dire che l’impresa ormai ex forfettaria non vede cambiare la propria posizione.
Pertanto, in base agli effetti del decreto legislativo correttivo numero 108 del 2024, l’impresa – pur avendo dovuto abbandonare nell’immediato il regime forfettario – può ancora accettare la proposta di concordato preventivo senza alcuna variazione, compresa la flat tax incrementale. Tale proposta emerge dal software dedicato dell’Amministrazione finanziaria, in funzionamento dallo scorso 15 luglio.
Partite Iva forfettarie, chi perde sia la flat tax che il concordato preventivo 2024?
Infine, una nuova soglia si aggiunge alle prime tre di applicazione della flat tax dei titolari di redditi d’impresa ai fini del concordato preventivo. Il decreto legislativo sopra richiamato introduce un nuovo limite, calcolato come maggiorazione del 50% del limite di ricavi già fissato dal comma 71, dell’articolo 1, della legge 190 del 2014, pari quindi a 150.000 euro.
Un contribuente forfettario che dovesse superare questa soglia di ricavi nel 2024 si vedrebbe scattare nell’immediato la causa di cessazione dal patto proposto dal Fisco. Pertanto, venendo meno gli effetti della proposta di concordato preventivo, il titolare di reddito d’impresa dovrà applicare l’Irpef nelle modalità ordinarie con determinazione della differenza dei ricavi e dei costi di competenza.