Ripartirà già dalle prossime settimane il tavolo di riforma delle pensioni in vista delle legge di Bilancio 2025, con alcuni punti che tengono banco nel dibattito politico, tra i quali la quota 41 e gli aumenti delle minime.

Ma, nelle ultime ore, la maggioranza sta prendendo in considerazione anche alcune novità legate ai meccanismi di bonus per il rinvio dell’uscita e alla quota del Trattamento di fine rapporto (Tfr) che i giovani dovrebbero versare alla previdenza complementare, più o meno obbligatoriamente, per assicurarsi la possibilità di una scelta più ampia dopo i 60 anni di età tra le opzioni di pensionamento anticipato.

I tempi del dibattito non sono lungo: il 30 agosto prossimo è in calendario un incontro dei leader della maggioranza nel quale si parlerà sicuramente della nuova Manovra e della scadenza che incombe dell’invio alla Commissione europea del piano di riduzione del debito (20 settembre).

Riforma pensioni 2025, quota 41 si farà?

Incombe la riforma delle pensioni della legge di Bilancio 2025 con l’avvicinarsi dell’autunno e delle scadenze dei prossimi mesi, anche in considerazione della scadenza – fissata al 31 dicembre 2024 – di alcune misure previdenziali quali la quota 103 con ricalcolo contributivo, l’opzione donna e l’Ape sociale. La conferma di queste misure per il prossimo anno è in forse. Le risorse da destinare alla previdenza nella Manovra 2025 sono limitate e le spese andranno centellinate.

Tuttavia, non è uscita dai radar la quota 41, spesso rilanciata dalla Lega di Matteo Salvini. Anche l’introduzione di un meccanismo di ricalcolo obbligatorio con il sistema contributivo puro – meno conveniente per gli assegni della platea dei possibili richiedenti la quota 41 che attende il calcolo con il sistema misto – comporterebbe una spesa stimata tra i 600 milioni e il miliardo di euro.

Dall’argomento che ha tenuto banco durante le riforme previdenziali delle ultime sei leggi di Bilancio se ne potrebbe uscire con un ulteriore riduzione della platea, ovvero con l’introduzione della quota 41 “light” riservata solo ad alcune categorie lavorative (quali, ad esempio, quella dei lavoratori impiegati in mansioni usuranti e faticose).

Bonus per rimandare la pensione e conferma di quota 103, Ape sociale e opzione donna

Tuttavia, oltre al meccanismo di ricalcolo contributivo che ormai domina su tutte le scelte di governo in tema di canali di uscita anticipata già dalla legge di Bilancio dello scorso anno, l’altro punto guida della riforma è invogliare i lavoratori a rimandare l’uscita.

È stato così un anno fa con l’introduzione del “Bonus Maroni” per i lavoratori in possesso dei requisiti per la quota 103, potrebbe andare allo stesso modo nella nuova Manovra per alcune categoria che decidessero di rimandare il pensionamento. Come, ad esempio, le Forze armate, ma non solo. Per tutti, si tratterebbe di un incentivo da calcolare alla stregua di quanto stabilito per trattenere in servizio i medici otto mesi fa.

Aumenti pensioni nella riforma: chi potrebbe avere un assegno più alto nel 2025?

Soprattutto per Forza Italia, la questione pensione riguarda soprattutto gli importi troppo bassi delle pensioni minime. È questa una delle voci che, negli ultimi anni, ha fatto salire maggiormente la spesa della previdenza, sfondando abbondantemente il muro dei 300 miliardi di euro annui.

Del resto, l’attuale meccanismo si basa sull’indicizzazione delle pensioni all’inflazione. L’intenzione del governo – già messa in pratica nella scorsa legge di Bilancio – è quella di aumentare le pensioni di importo fino a 4 volte il trattamento minimo (alle quali verrebbe garantita l’indicizzazione del 100% al tasso di inflazione del 2024) a discapito delle pensioni più alte che avrebbero sì aumenti, ma in misura ridotta rispetto all’aumentato costo della vita.

Pensione anticipata dei giovani: una quota Tfr nella previdenza complementare

Infine, si penserà anche alle pensioni dei più giovani. Ma, anche in questo caso, il governo dovrà prestare attenzione alle spese. Il che significa che le pensioni anticipate delle generazioni che verranno dovranno essere finanziate dagli stessi contribuenti. Ovvero dagli attuali under 35 che dovrebbero lasciare una quota del proprio Trattamento di fine rapporto (Tfr) ai fondi pensioni, in via obbligatoria o con il sistema del silenzio-assenso.

La discussione è incentrata sulla percentuale da accantonare alla previdenza complementare: si potrebbe arrivare al 25%, come ipotizzato da Claudio Durigon, sottosegretario al ministero del Lavoro. ma si potrebbe scendere a una versione più light, del 5 o 10%.

“Vogliamo una riforma pensionistica che lasci la libertà al lavoratore di decidere la sua uscita – ha scritto Durigon – Abbiamo il dovere di bilanciare sostenibilità del sistema con la dignità della personale. La previdenza complementare, in questo, può giocare un ruolo fondamentale”.