Un ricordo che tocca tutti, ma che non proprio tutti c’erano a rendergli omaggio. E a celebrare a settant’anni dalla scomparsa uno dei più grandi, se non il più grande statista che l’Italia ha avuto nel dopoguerra, Alcide De Gasperi. Per tutti è così, ed è stato così. Un uomo del genere dovrebbe essere osannato e ricordato anche e soprattutto dal mondo politico, a maggior ragione quello di oggi.
A ricordarlo e a omaggiarlo nel modo che si compete, il presidente di Alternativa Popolare, ma per l’occasione il segretario generale della Fondazione De Gasperi Paolo Alli che, attraverso un bellissimo editoriale uscito sul quotidiano “Il Giornale”, l’ha ricordato come “unanimemente riconosciuto come il più grande statista italiano del dopoguerra, ancora oggi ci offre, attraverso il suo pensiero e la sua opera, un contributo di riflessione di enorme attualità. Come tutte le figure profetiche, il suo messaggio è, infatti, senza tempo“.
A 70 anni dalla scomparsa di De Gasperi, Paolo Alli: “Diceva tutti vanno a destra o sinistra ma si deve andare avanti….”
Per l’Italia è stato un uomo eccezionale, dal profondo senso di servizio e di applicazione che lui dava alla politica come se fosse stata una vera e propria missione per la gente. Cosa che, al mondo d’oggi, difficilmente si vede in modo così dirompente, risoluto e chiaro come faceva Alcide De Gasperi.
“Di De Gasperi si conoscono normalmente gli ultimi anni della vita, quando fu chiamato ad una sorta di mission impossible: ricostruire un Paese distrutto fisicamente e moralmente dalla guerra e lacerato da divisioni profonde“, scrive, ricorda e racconta Paolo Alli che poi, con altrettanta schiettezza e passione, aggiunge che “il suo lavoro come capo del governo italiano fu l’esito di una straordinaria esperienza di vita, sin da quando, giovanissimo, divenne parlamentare dell’Impero Austro-Ungarico a Vienna, poi deputato al Parlamento italiano, passando attraverso la prigionia e i lunghi anni trascorsi in un anonimo ruolo presso la Biblioteca Apostolica Vaticana, perché in Italia vi era nei suoi confronti il divieto di lavoro. Forgiato da tutte queste prove, egli non abbandonò mai due capisaldi fondamentali: una profonda fede e un amore inesauribile per il proprio Paese. Seppe interpretare in modo laico il proprio ruolo politico, al punto di andare in aperto contrasto con Papa Pio XII, verso il quale pure nutriva un rispetto filiale, quando questi gli chiese di allearsi con monarchici e fascisti in occasione delle elezioni per il Comune di Roma del 1952“.
Dalle colonne de Il Giornale, il segretario generale della Fondazione De Gasperi Paolo Alli ne parla come di un uomo che ha dato tutto se stesso alla politica e grazie a questo suo modo di fare e si agire era sicuramente da stimolo per tante persone che lavoravano al suo fianco e fonte d’ispirazioni di tanti giovani dell’epoca e anche adesso nel mondo d’oggi. Pochi politici lo citano e cercano di ripercorrere la sua strada e di riportare il suo senso dello Stato e della politica di servizio, tra questi c’è sicuramente Paolo Alli, ma anche il segretario nazionale di Alternativa Popolare Stefano Bandecchi che cita spesso De Gasperi e il modo di fare politica che aveva lo statsta.
“Fu sempre determinato e deciso, come nella notte tra il 12 e 13 giugno 1946, quando, di fronte alle reticenze di re Umberto II ad abbandonare il Paese dopo l’esito del referendum monarchia-repubblica, fece approvare al governo un ordine del giorno che attribuiva al presidente del Consiglio, cioè a se stesso, le funzioni di capo dello Stato. Ma non mancarono mai in lui alcune doti che sembrano oggi scomparse dal vocabolario di molti leader politici: pazienza, capacità di ascolto e dialogo, rispetto per l’avversario. Diceva: «La pazienza è il rimprovero che ci rivolgono sovente come se significasse mancanza di volontà, come se non fosse la virtù più necessaria nel metodo democratico“