Il 19 agosto del 2000 uccisero la piccola Graziella Mansi dopo averla attirata in un boschetto di Castel del Monte, alla periferia di Andria, con una scusa: ecco che fine hanno fatto Pasquale Tortora e i suoi quattro complici, che da anni si proclamano innocenti.

Gli assassini di Graziella Mansi oggi: che fine hanno fatto?

Al momento dei fatti avevano tutti tra 18 e i 20 anni. Si conoscevano da tanto tempo, uscivano insieme. Pasquale Tortora, in particolare, faceva il parcheggiatore abusivo non lontano dal luogo in cui il nonno di Graziella Mansi, invalido, vendeva noccioline ai turisti in visita a Castel del Monte.

E più di una volta era stato notato mentre, con fare sospetto, si avvicinava alla bancarella e alla bambina, come se ne fosse attratto. Secondo le ricostruzioni, fu lui a portarla nel boschetto in cui fu ritrovata cadavere: le disse che le avrebbe mostrato una cucciolata.

Poi, l’omicidio. Fermato, fece il nome dei suoi complici, che al termine del processo celebrato con rito ordinario furono condannati tutti all’ergastolo. Lui, Tortora, ottenne 30 anni, perché scelse l’abbreviato. Lo scorso febbraio – dopo 24 anni trascorsi in carcere – è tornato in libertà. Di Bari, Margiotta e Zagaria sono ancora detenuti.

Coratella è morto: otto anni dopo i fatti, dopo aver detto alla madre che la sua vita era “finita”, si è suicidato, impiccandosi con la corda dell’accapatoio, all’interno della cella in cui era recluso. In una lettera lasciata ai posteri si proclama innocente, come fanno da tanti anni gli altri tre condannati al fine pena mai. Anche coloro che confessarono hanno, infatti, ritrattato.

La ricostruzione dell’omicidio della bambina a Castel del Monte, Andria

Per la giustizia sono loro, comunque, i colpevoli della morte di Graziella Mansi, che aveva appena 8 anni quando, il 19 agosto del 2000, fu attirata, con una trappola, in un boschetto di Castel del Monte, dopo essersi allontanata dal banco del nonno per andare a prendere dell’acqua alla fontanella pubblica. I suoi assassini la seviziarono, provando a violentarla e poi le diedero fuoco in mezzo alle sterpaglie. Il motivo? Nessuno. In uno degli interrogatori uno di loro avrebbe detto che “volevano solo giocare”.

Le similutidini con la storia di Desirée Piovanelli, uccisa dal branco a Leno

Il corpo della bambina fu trovato qualche ora dopo la sua scomparsa. La sua storia sconvolse tutti. E, a distanza di tanti anni, in molti ancora la ricordano, come ricordano quella – altrettanto terribile e per molti versi simile – della 14enne Desirée Piovanelli, che a settembre del 2002 fu uccisa dopo un tentativo di stupro a Leno, in provincia di Brescia.

Anche lei, come Graziella, fu attirata nel luogo in cui morì, un casolare abbandonato, con una scusa: uno dei suoi assassini le promise di mostrarle dei cuccioli appena nati. Poi, le violenze, culminate nell’omicidio. Il primo ad essere arrestato fu Nicola Bertocchi, di 16 anni. Poi toccò ai coetanei Mattia Franco e Nicola “Nico” Vavassori.

L’ultimo in ordine di tempo fu il 36enne Giovanni Erra. Conosceva la ragazzina perché, di tanto in tanto, le chiedeva di fare da baby-sitter al figlio di 8 anni. Ma conosceva anche gli altri fermati perché, nonostante l’ampia differenza di età, li frequentava. Tutti sono stati condannati.

Il papà della vittima, però, non ha mai smesso di credere che “in realtà ci sia un mandante e che il movente sia un altro”; per questo, nel corso degli anni, ha più volte chiesto di tornare ad indagare sull’accaduto. L’ultima inchiesta, del 2021, non ha portato a nulla. Ne parlavamo in questo articolo.