Aveva appena otto anni quando, il 19 agosto del 2000, fu bruciata viva in un bosco nei pressi di Castel del Monte, alla periferia di Andria, da coloro che l’avevano rapita e violentata. 24 anni dopo sono ancora in molti a ricordare la sua terribile storia: ecco chi era Graziella Mansi e come è morta.
Chi era Graziella Mansi e come è morta? La storia
Tutto inizia attorno alle 19 del 19 agosto del 2000. Alla periferia di Andria, nel Barese, è una giornata afosa e Graziella Mansi, di 8 anni, sta giocando vicino al banco delle noccioline che il nonno – venditore ambulante – tiene in strada, quando, all’improvviso, si allontana per riempire una bottiglietta d’acqua alla fontanella e sparisce nel nulla.
Il nonno dà l’allarme. Tutti, in paese, iniziano a cercarla, gridando il suo nome nell’oscurità. A un certo punto, la tragica scoperta: nel boschetto di Castel del Monte, non lontano da dove la bambina era stata avvistata per l’ultima volta, qualcuno trova il suo cadavere. È semicarbonizzato e presenta tracce di violenza.
L’adescamento, gli abusi, l’omicidio della bambina: in cinque sono stati arrestati e condannati
Le indagini iniziano subito serrate e si concentrano, in particolare, su un ragazzo del posto, un certo Pasquale Tortora, di 20 anni: fa il parcheggiatore abusivo e in tanti sostengono di averlo visto aggirarsi, con fare sospetto, vicino alla bancarella della famiglia Mansi.
Viene rintracciato: quando lo fermano, i carabinieri notano che indossa una maglietta sporca e che ha il viso graffiato. Lo portano in caserma. Lì, dopo qualche ora di interrogatorio, il giovane, facendo riferimento a Graziella, ammette: “Mi piaceva, era bella”. E poi confessa ciò che le ha fatto. “Con una mano la tenevo ferma e con l’altra la bruciavo”, racconta.
Gli inquirenti, sconvolti, ascoltano, capendo, ben presto, che Tortora, al momento dei fatti, non era solo. Dopo di lui finiscono in manette anche Michele Zagaria, Giuseppe Di Bari, Domenico Margiotta e Vincenzo Coratella, tutti ragazzi poco più che diciottenni. Uno di loro, torchiato, crolla. Ciò che riferisce è da brividi.
Graziella aveva paura e questo ci faceva divertire ancora di più. Volevamo torturarla un po’, ma solo per farle un po’ male – dice -. Non volevamo violentarla, era soltanto un gioco, volevamo divertirci con lei. Poi è uscita l’idea del fuoco. Ci pensavamo da giorni, a giocare col fuoco. Bevevamo birra e ci esaltavamo a giocare, a tenerla. Abbiamo raccolto sterpaglia, intorno, abbiamo legato la bambina. E il fuoco l’ha coperta.
L’hanno fatto “per gioco”. Le accuse sono pesantissime: sevizie su minore, sequestro, omicidio premeditato aggravato dal concorso nel reato e dai futili motivi. Roba da ergastolo. In quattro, in effetti, al termine del processo, vengono condannati al massimo della pena (nonostante si proclamino innocenti). Solo Tortora, giudicato con rito abbreviato, ottiene 30 anni. Ha fatto scalpore, lo scorso febbraio, la notizia del suo ritorno in libertà.
Una vicenda che ne ricorda un’altra
Quella di Graziella è una vicenda che in molti, ancora, ricordano. Una vicenda che somiglia molto a un’altra: quella di Desirée Piovanelli, la 14enne di Leno che nel 2002 fu stuprata e poi uccisa all’interno di un casolare abbandonato poco distante dall’abitazione in cui viveva con la sua famiglia.
Come la bimba di Andria, era stata attirata con una scusa: uno dei suoi assassini le aveva promesso che le avrebbe mostrato dei cuccioli appena nati. Era un pretesto per farle del male. In quattro sono stati condannati per la sua morte. Alcuni, a distanza di tanti anni, continuano a proclamarsi innocenti.