Dopo le rivolte studentesche contro la legge sui posti di lavoro pubblici dello scorso luglio, il 5 agosto 2024 la premier del Bangladesh Sheikh Hasina ha lasciato il Paese per rifugiarsi in India. Nel giro di pochi giorni una giunta militare ha preso il potere assegnando a Muhammad Yunus, economista e premio Nobel per la Pace nel 2006, la guida di un governo tecnico. Alla fine delle proteste almeno 400 persone sono morte e 2200 sono state arrestate, nella repressione sono morti anche 65 bambini stando ai dati dell’Unicef.
Il nuovo premier si trova ad affrontare importanti sfide, soprattutto dal punto di vista economico. Hasina ha lasciato in eredità un Paese fragile e schiacciato dal debito pubblico. L’analista geopolitica dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (Ispi) Paola Morselli spiega in un’intervista a Tag24 quali saranno le future sfide del nuovo governo del Bangladesh.
Intervista all’analista geopolitica Morselli sulle rivolte in Bangladesh
Ricostruire. Questo è l’imperativo del governo di Muhammad Yunus, chiamato a risolvere i problemi di una gestione corrotta del Bangladesh lunga ben 16 anni. Come spiega l’analista Morselli a Tag24, il Paese asiatico vive un momento di grande crisi: negli ultimi anni la crescita è andata a diminuire portando alla rabbia della popolazione.
Alla fine la riforma sulle quote del lavoro, che assegnava una cospicua percentuale di posti pubblici ai parenti di chi ha combattuto la guerra di liberazione dal Pakistan nel 1971, è stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Come ha confermato lo scorso 14 agosto l’attivista e consigliere municipale del V Municipio di Milano Chandra Kar a Tag24 gli abusi nei confronti della popolazione bengalese da parte di Hasina andavano avanti da tempo.
Cosa ha lasciato l’ex premier al Bangladesh
D: Che situazione lascia Hasina in Bangladesh?
R: “Banalmente molta instabilità, visto che Hasina governava sul Bangladesh da circa 15 anni, sebbene con una leadership dura e criticata da molte voci domestiche e internazionali. L’intero sistema politico è di fatto crollato lasciando un sistema da ricostruire e molti morti dopo le repressioni delle proteste studentesche”.
“Hasina lascia un’eredità complessa. Inizialmente eletta democraticamente, il suo governo ha assunto una piega sempre più autoritaria e repressiva. Se inizialmente appariva come una figura interessata nello sviluppo economico e democratico del Paese, adesso veniva individuata come l’emblema del potere corrotto e disinteressato alle necessità della popolazione”.
“Di fatto però sotto il governo di Hasina, il paese è cresciuto economicamente. Negli ultimi 15 anni è stato uno dei paesi che in Asia è cresciuto maggiormente con una media del 6/7% annua- esclusi periodi pandemici e anni recenti“.
La crescita del Paese sotto Hasina
D: In che modo?
R: “Il Paese è cresciuto principalmente grazie all’industria del tessile, diventando la seconda economia dell’Asia meridionale dopo l’India. Questa crescita economica è stata meno inclusiva di quanto possa sembrare con le risorse economiche non equamente distribuite tra la popolazione. La crescita è stata anche poco diversificata, focalizzandosi soprattutto su export del settore tesile e sviluppando poco gli altri settori. La maggior parte dei lavoratori del tessile, milioni di persone, non hanno goduto di molti diritti e ottenuto un salario poco dignitoso, portando a molte proteste dei lavoratori e lavoratrici del Paese”.
“Inoltre, la crescita economica negli ultimi anni è andata a diminuire, alimentando le insoddisfazioni popolari e le proteste. Il Paese ha molti problemi di valuta estera e di inflazione, mentre la corruzione rimane un problema pervasivo della società bangladese“.
D: Quali speranze ci sono per il futuro?
R: “Attualmente, a capo del governo ad interim c’è l’economista e premio Nobel per la pace Muhammad Yunus, a grande richiesta degli studenti. La speranza è che Yunus, soprannominato banchiere dei poveri, riporti la democrazia in Bangladesh. Le forze militari, molto potenti nel paese, hanno infatti accettato di affidare il governo temporaneo di Yunus, nonostante i timori di una possibile presa di controllo violenta delle milizie. Yunus dovrà condurre il Paese fino alle prossime elezioni e guidare alcune riforme sostanziali al sistema sociale, politico ed economico“.
“La transizione rimane complessa. Diversificare un’economia così legata ad un solo settore non è semplice, così come sradicare la corruzione e clientelismo che pervade la società bangladese. Yunus dovrà anche avere a che fare con i partiti principali che per ora sono rimasti a margine della contesa, ma cercheranno di tornare al centro della discussione con l’avvicinarsi delle elezioni generali future. Rimangono inoltre le tensioni nel paese. Anche dopo le dimissioni di Hasina alcuni scontri sono continuati nelle strade cittadine e si teme la possibilità di un esacerbarsi delle divisioni religiose interne al Paese”.
“Yunus dovrà riplasmare e ricostruire la democrazia del Bangladesh, crescendo una nuova classe dirigente legata a nuovi valori. I rappresentanti del movimento di protesta e il nuovo leader del paese dovranno evitare di farsi prendere dalla fretta riformista e cercare di implementare cambiamenti strutturali ma sostenibili per il sistema sociale e economico del paese. Cercare di portare cambiamenti importanti in poco tempo potrebbe essere un passo troppo grande per un governo inesperto”.
Influenza sui Paesi confinanti
D: Questo cambio di governo dopo 16 anni come influirà sui rapporti con i Paesi confinanti? Che ruolo giocherà l’India? E la Cina cosa ne pensa?
R: “L’economia del Bangladesh rimane fortemente dipendente dai capitali e dal commercio con Paesi vicini, soprattutto India e Cina. I vicini asiatici del Bangladesh stanno cercando di capire come gestire questo inaspettato cambio al vertice di un paese che per 15 anni, sotto il governo autoritario di Hasina, aveva presentato una politica stabile e prevedibile”.
“Tra India a Bangladesh corre una lunga storia, tra cui recentemente l’aiuto portato dagli indiani per la guerra d’indipendenza del Bangladesh dal Pakistan. Continua anche il fenomeno migratorio che porta Bangladesi a migrare in India in cerca di lavoro. Tuttavia, ci sono delle tensioni. I migranti dal Bangladesh sono tendenzialmente di fede musulmana, mentre in India la religione induista predomina. Con il governo di Modi e del BJP negli ultimi anni è aumentato il sentimento nazionalista induista, portando sempre a maggiori tensioni con la popolazione musulmana del Paese”.
“Il Bangladesh è di fatti avvolto dall’India e i contatti con il Paese sono di fondamentale importanza anche per il commercio. Nella mente di molti Bangladesh, l’India è responsabile di avere ignorato le repressioni e l’autoritarismo di Hasina verso la popolazione, continuando gli ottimi rapporti con la leader e sostenendola. Nella mente della popolazione, quindi, c’è un forte legame tra l’India e la Lega Awami di Hasina – rafforzato dalla fuga della leader proprio in India”.
“Tuttavia, dopo il giuramento di Yunus, Modi ha offerto i suoi “migliori auguri” su X/Twitter che il suo governo lavorerà con il vicino per “la pace, la sicurezza e lo sviluppo. La Cina non confina direttamente con il Bangladesh ma i due Paesi hanno forti legami diplomatici e commerciali. Sotto il governo di Xi sono stati numerosi i progetti nel framework della BRI ad essere avviati in Bangladesh. Tuttavia, Hasina ha più volte scontentato Pechino nel tentativo di bilanciare gli interessi e investimenti cinesi e indiani nel Paese”.
Il ruolo della Cina
“Per ora la Cina rimane cauta nel reagire alla dipartita di Hasina, sottolineando l’interesse del paese a ripostate stabilità politica e sociale nel paese partner. Un nuovo governo potrebbe essere una buona occasione per la Cina di provare a portare Dhaka più sotto la sua sfera di influenza. Questo non significa però che Pechino supporti i moti democratici che hanno spinto le rivolte e portato alla estromissione di Hasina”.
La paura di un conflitto etnico
D: C’è un rischio di conflitto etnico all’interno del Bangladesh?
R: “Come la vicina India, il Bangladesh ha una storia di tensioni religiose tra le comunità indù e musulmane. La maggior parte della popolazione bangladese, attorno al 90%, è di fede musulmana, mentre solo 8% è di religioni indù. Negli ultimi anni, la minoranza induista è stata oggetto di episodi di violenza. Secondo gruppi di diritti umani induisti sono stati oltre 3000 gli attacchi alla comunità hindu dal 2013 al 2021“.
“È proprio con queste comunità induiste che si parla di rischio di conflitto in seguito alla fuga di Hasina, visto che questa minoranza religiosa è vista come grande sostenitore della leadership di Hasina. In seguito alla fuga di Hasina molti media hanno riportato attacchi delle folle ad abitazioni e templi induisti, parte di queste notizie era però falsa, mentre gruppi di giovani musulmani si sono messi in moto per proteggere case e santuari indù dal vandalismo. Tali episodi rischiano di esacerbare ulteriormente una situazione in fragile equilibrio e ampliare le divisioni tra la popolazione musulmana e quella induista“.
“Ci sono timori che con il tumulto politico il Paese possa essere coinvolto in movimenti estremisti islamici, ma ancora non ci sono concreti segnali che fanno pensare ad un’estremizzazione radicale del paese”.
Un Paese vittima del cambiamento climatico e della sovrappopolazione
D: Cambiamento climatico e sovrappopolazione sembrano passare in secondo ordine: quando sarà necessario per il nuovo governo agire?
R: “Quando si parla di problematiche legate a clima e sovrappopolazione, il momento di agire è già qua da un po’. Il Bangladesh è una delle nazioni più densamente abitate. Alla sovrappopolazione delle città non è però parallelamente corrisposto uno sviluppo infrastrutturale adeguato. Rendendo difficile trovare abitazioni sicure, con milioni di persone che vivono negli slums. Inoltre, nelle città mancano le opportunità di lavoro, soprattutto quelle ben retribuite, spingendo gli abitanti a prendere low-skilled jobs poco retribuiti”.
“È stato previsto che nel 2050 il paese perderà circa il 17% di territorio a causa dell’innalzamento del livello del mare. Questo porterà il paese ad avere molti migranti climatici che si trasferiranno dalle coste alle città. Le città sono però impreparate per accogliere questo tipo di migranti, che perciò saranno più soggetti a vivere in condizioni di povertà e insicurezza alimentare. Le inondazioni, la siccità, l’aumento delle temperature e le variazioni delle precipitazioni dovute al cambiamento climatico avranno un impatto negativo sulla sicurezza alimentare, danneggiando i raccolti”.
“Inoltre, le comunità indù vivono in larga parte nelle aree rurali, più soggette alle conseguenze negative del cambiamento climatico. Con le migrazioni climatiche membri di queste comunità saranno spinte nelle città a maggioranza musulmana, aumentando il rischio di conflitti.
La popolazione del Bangladesh conta oltre 170 milioni di persone, la spinta demografica è forte ma i giovani fanno fatica a trovare il proprio posto nella società, ad avere accesso a sanità ed educazione di livello e una sicurezza economica”.
Le Potenze Asiatiche alle porte
D: Il Bangladesh rischia di diventare ‘preda’ delle grandi potenze asiatiche?
R: “Il Bangladesh è già ampiamente sfruttato dalle maggiori potenze industriali, asiatiche e non. Ricordiamoci che la maggior parte dei vestiti in circolazione, soprattutto quelli delle catene di fast fashion, sono prodotti in Bangladesh. Ovviamente a prezzi bassissimi e con estremo sfruttamento. Cina e India sono molto presenti nel paese anche per investimenti infrastrutturali ed energetici”.
D: Cosa lasciano le rivolte studentesche dello scorso mese nella storia di questo Paese?
R: “Questa rivolta è stata definita da alcuni giornalisti ed esperti come una “rivolta accidentale”, più che un movimento ben strutturato e alternativo al vigente ordine. La maggior parte degli osservatori nelle prime fasi delle proteste si aspettavano nuove manifestazioni, attendendo una repressione da parte del governo di Hasina e poi un nulla di fatto per i protestanti. Questo non è successo”.
“La repressione delle proteste c’è stata, violenta e brutale, ma le proteste non sono diminuite, al contrario hanno preso vigore. I manifestanti hanno sfidato il coprifuoco imposto, la violenza e la repressione. Il 5 agosto il primo ministro è stata costretta a lasciare il paese”.
“Questo episodio, a prescindere dal successo o meno del nuovo governo, sarà un momento fondamentale nella storia del Paese. La popolazione si è resa conto della forza che può avere e che anche i governi autocratici non sono immuni alla volontà popolare.
Tuttavia, alcune delle più grandi lezioni che il Paese può imparare verranno dalle decisioni prese nei mesi a venire, errori e successi nella ricostruzione del paese”.