Il 17 agosto di un anno fa fu trovata morta all’interno del bagagliaio della sua auto a Piano di Sorrento, nel Napoletano: Anna Scala aveva 56 anni ed era originaria di Vico Equense. Ad ucciderla, secondo le ricostruzioni, l’ex compagno Salvatore Ferraiuolo, che ora rischia una condanna all’ergastolo.

Chi era Anna Scala, la donna uccisa dall’ex compagno Salvatore Ferraiuolo a Piano di Sorrento

I fatti risalgono al 17 agosto del 2023. Stando a quanto ricostruito nel corso delle indagini, Anna Scala, 56 anni, fu uccisa dall’ex compagno Salvatore Ferraiuolo, 55 anni, a pochi passi dall’abitazione di una sua amica.

L’uomo, in pratica, la colse di sorpresa mentre prendeva la spesa dal bagagliaio e la accoltellò alle spalle, lasciandola inerme nel vano dell’auto. Poi si diede alla fuga a bordo di uno scooter. Sembra che più volte l’avesse offesa e aggredita fisicamente e che per questo la donna lo avesse anche denunciato.

Il 24 e il 25 luglio precedenti si era recata prima dai carabinieri di Massa Lubrense, poi da quelli di Piano di Sorrento, che però non avevano emesso, nei confronti dell’ex, alcuna misura cautelare. Originaria di Moiano, una piccola frazione del Comune di Vico Equense, lavorava come parrucchiera a domicilio.

Il ricordo a un anno dal femminicidio

La sua morte aveva sconvolto la comunità locale, che oggi, 17 agosto 2024, a un anno dai fatti, ha deciso di ricordarla nell’ambito di una rassegna di eventi chiamata “Tutti i colori delle Donne”, che celebra l’universo femminile nelle sue varie forme.

Dalle 21 tutta la cittadinanza è invitata a illuminare di blu i propri balconi, finestre e giardini […]. Il blu dipinge i ricordi legati alle relazioni, dove le emozioni nascono nel contatto con l’altro e talvolta si perdono in legami che non abbiamo scelto e da cui non siamo riuscite a fuggire,

si legge in un post pubblicato dall’amministrazione comunale di Piano di Sorrento su Facebook, rilanciato da diversi quotidiani locali.

Il lungo elenco delle vittime

Ferraiuolo, reo confesso del delitto, è stato chiamato a comparire davanti ai giudici della Corte d’Assise di Napoli dal prossimo primo settembre. È accusato di omicidio volontario aggravato, occultamento di cadavere, maltrattamenti e lesioni: rischia, quindi, il massimo della pena.

Stessa cosa vale per Filippo Turetta, a processo dal 23 settembre per l’omicidio pluriaggravato dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin, risalente allo scorso 11 novembre. A legarli non è solo il reato di cui si sono macchiati, ma anche ciò che li ha spinti ad agire, come altri uomini che hanno ucciso donne: la cieca ossessione provata nei confronti delle loro vittime, colpevoli, ai loro occhi, di averli lasciati, provando a costruirsi nuove vite da sole.

Ferraiuolo arrivò a bucare le gomme dell’auto dell’ex per impedirle di muoversi, a mo’ di intimidazione; Turetta minacciò Cecchettin, facendole intendere che, se si fosse laureata prima di lui, non aspettando che si rimettesse in pari con gli esami, “la loro vita sarebbe finita”. Agli inquirenti ha detto che, dopo averla uccisa, provò a suicidarsi.

Non sopportava l’idea che l’ex andasse avanti senza di lui: la sera dell’omicidio, secondo le ricostruzioni, le scattò ben 52 fotografie. È probabile che sapesse già, dentro di lui, che sarebbero state le ultime, anche se per ora ha negato la premeditazione, che pure gli viene contestata. Sul suo telefono è stata trovata una lista che conteneva, tra le altre, le seguenti voci: zaino grande, coltelli, pieno benzina, buste soldi, sacchi immondizia, legare caviglie e sopra le ginocchia.