Il soggetto obbligato a pagare l’assegno di mantenimento non può venir meno al suo dovere, pena il pignoramento dei beni. Qualora vengano a mancare le condizioni per poter versare quanto dovuto all’ex coniuge, può rivolgersi al tribunale per la revoca dell’assegno o, quanto meno, per una sua modifica.
Se non provvede in tal senso e non provvede a versare l’assegno allora rischia l’esecuzione forzata, in quanto la sentenza di separazione o di divorzio costituisce un titolo esecutivo. Ciò significa che in forza del titolo esecutivo è possibile pignorare i beni del debitore.
Come abbiamo anticipato, il mancato pagamento non va a inficiare solo l’etica familiare, ma si snoda anche in conseguenze legali molto serie.
Assegno di mantenimento come tutela per coniuge e figli
In caso di separazione, come forma di tutela per il coniuge economicamente più debole e per i figli, il giudice determina l’assegno di mantenimento a carico dell’altro ex coniuge.
La decisione di assegnare questo importo fisso mensile si basa proprio su una richiesta specifica da parte dell’ex coniuge, ma lo stesso giudice ha la possibilità di salvaguardare gli interessi della parte debole e dei figli.
Infatti, sia nel caso della separazione che del divorzio, i figli hanno sempre diritto ad essere mantenuti da parte di entrambi i genitori.
Ordine di pagamento diretto se non si corrisponde l’assegno
La riforma Cartabia ha introdotto diverse novità, anche nell’ordine di pagamento diretto a un terzo. Si tratta di un particolare meccanismo che permette al creditore di agire in caso di mancata corresponsione dell’assegno.
Il creditore, per esempio, ha la possibilità di rivolgersi direttamente al datore di lavoro. Cosa cambia con l’introduzione di questa novità? Si accorciano i tempi, in quanto non è più necessario presentare una richiesta al giudice competente per ottenere il pagamento diretto da un terzo, come il datore di lavoro.
Cosa succede se il debitore non adempie? Il coniuge creditore deve inviargli un atto di costituzione in mora, attraverso lettera raccomandata o PEC. Trascorsi 30 giorni, il creditore può rivolgersi al datore di lavoro che potrà detrarre la somma dovuta per l’assegno direttamente dallo stipendio del debitore.
Quando rischia il pignoramento chi non paga l’assegno di mantenimento
Chi beneficia dell’assegno di mantenimento può agire legalmente per ottenere gli arretati spettanti e assicurarsi che l’altro coniuge adempia ai propri doveri per il futuro.
In che modo? Con il pignoramento dei beni: si tratta di un rischio non da poco conto che incorre il coniuge che deve pagare l’assegno, ma non vi adempie.
Il pignoramento dei beni è la soluzione meno piacevole, ma se il debitore è in buona fede può difendersi, per esempio, proponendo una revisione del provvedimento e un nuovo accordo. Se ci pensiamo bene, se chi non paga è effettivamente impossibilitato, non ha beni idonei al pignoramento.
In ogni caso, per ottenere il pignoramento, il beneficiario dell’assegno deve rivolgersi al tribunale per un decreto ingiuntivo o notificare direttamente il titolo esecutivo.
Quando non pagare il mantenimento è reato
L’ex coniuge che non versa l’assegno di mantenimento potrebbe anche essere denunciato. Si tratta di uno scenario possibile, in quanto il mancato adempimento degli obblighi economici legati al sostegno dei figli è classificato come reato dal codice penale.
Tuttavia, si può configurare reato solo quando viene dimostrata l’intenzionalità, ovvero la decisione consapevole di non pagare l’assegno.
Se l’ex coniuge è indigente, non può essere perseguitato penalmente, in quanto l’omesso pagamento non deriva da una scelta intenzionale, ma da un’incapacità effettiva di adempiere all’obbligo.
Quindi, spetta sempre al giudice valutare ogni caso, considerando le ragioni che, effettivamente, lo hanno portato a non pagare il mantenimento.