Il caso di Paola Egonu e Myriam Sylla, le due pallavoliste che hanno trascinato all’oro la nazionale di volley a Parigi 2024 ma considerate dall’europarlamentare della Lega Roberto Vannacci non rappresentative dell’italianità, fa litigare anche l’ex coach della squadra di pallavolo maschile Mauro Berruto, oggi responsabile sport del Partito Democratico. Il perché è presto detto: ieri, il senatore di Fratelli d’Italia Lucio Malan ha postato un articolo de Il secolo d’Italia su X che accusava il Pd di doppiopesismo e di strumentalizzare la proposta di introdurre la regola dello ius soli per dare la cittadinanza: “Perché invocare lo ius soli a orologeria, quando il Pd al governo (ma anche il M5S) non lo ha voluto mettere in agenda nè realizzare? – ha scritto il giornale vicino alla destra – Strano ma vero, in occasione delle Olimpiadi di Londra 2012 (governo Monti regnante) nessuno si accorse che erano parecchi anche in quella edizione gli italiani ‘alla Egonu’ e cioè con genitori o loro stessi non nati in Italia. Basti pensare che alle edizioni di Londra di 12 anni fa, presidente del Coni Gianni Petrucci, su 28 medaglie ottenute dalla spedizione italiana, c’erano otto azzurri da annoverarsi nello status, lo diciamo per convenzione, ‘alla Egonu’“. Fatto sta che Mauro Berruto proprio quell’edizione delle Olimpiadi se la ricorda benissimo avendola vissuta in prima persona perché, come detto, era il coach della squadra maschile di pallavolo. E oggi, 15 agosto, è stato lui a rispondere. Ma, purtroppo, le radici del razzismo nello sport italiano affondano in un passato ben più lontano del 2012.
Egonu, Vannacci e il murales: il razzismo nello sport e la risposta dell’ex coach Mauro Berruto
Il senatore di Fratelli d’Italia ha postato l’articolo de Il Secolo, all’indomani dello sfregio subito dal murales dedicato a Paola Egonu, con queste parole:
Però, diciamo che è cascato male: perchè colui il quale nel 2012 era l’allenatore della nazionale maschile di volley, oggi è il responsabile sport del Pd, Mauro Berruto. E’ stato proprio lui, quindi, a rispondere:
Berruto, poi, tramite il Corriere della Sera, ha avuto modo di spiegare a Malan:
“Da lui non scopro nulla di nuovo. Nel 2012, nssuno disse niente per tre semplici ragioni: in primis, perché non c’era un governo di destra che su questo tema dell’integrazione ha bisogno di speculare. In secondo luogo, c’era un Generale che faceva solo il Generale e non pensava a scegliere Paola Egonu come bersaglio per vendere copie di un libro (il riferimento chiarissimo è a Roberto Vannacci, ndr). Infine, nessuno sollevò un caso perché semplicemente non esiste: lo agita chi ancora discrimina per il colore della pell. Ma lo sport anticipa la realtà”
I precedenti di razzismo nello sport italiano, i black italians di Mauro Valeri
Sta di fatto che quando Berruto dice che “lo sport anticipa la realtà”, assume più i toni dell’auspicio che altro: purtroppo, lo sport italiano spesso è stato caratterizzato da episodi di razzismo e discriminazione. Episodi e atteggiamenti che, in alcuni casi, persistono. Uno dei massimi studiosi di questo fenomeno è stato Mauro Valeri, sociologo, psicoterapeuta, scrittore e autore, tra l’altro, di ‘Black italians, atleti neri in maglia azzurra’, una raccolta di biografie di sportivi italiani afro-discendenti ingiustamente discriminati, e di ‘Nero di Roma’, la storia, in particolare, di uno di questi: Leone Jacovacci, un boxeur meticcio che nel 1928 vinse il titolo europeo ma che il regime fascista volle cancellare. Tant’è che due giorni dopo la vittoria di Jacovacci, la Gazzetta dello Sport scrisse: “Non può essere un nero a rappresentare l’Italia”. E la radiocronaca dell’incontro fu smagnetizzata. Le leggi razziali arrivarono solo dieci anni dopo. Ma il razzismo aveva già affondato le sue radici anche nello sport italiano.