Il 9 agosto scorso Francesca Colombo, di 62, è morta a causa di un’occlusione intestinale mentre, insieme al marito, si trovava a Patti, nel Messinese, per le vacanze: due giorni prima era stata al pronto soccorso per forti dolori addominali. I medici di turno, dopo averla visitata, l’avevano rassicurata e rimandata a casa: la loro diagnosi, però, era sbagliata. Se avessero individuato subito il problema, probabilmente si sarebbe salvata.

Chi è Francesca Colombo, morta per un’occlusione intestinale nel Messinese: originaria di Legnano, si trovava a Patti per le vacanze

Le avevano detto “di mangiare brodini”, di assumere, al massimo, un gastroprotettore e di stare riguardata per qualche giorno, ipotizzando che la sua fosse una semplice indigestione: in realtà Francesca Colombo, 62enne originaria di Legnano, aveva un’occlusione intestinale.

Il 7 agosto, mentre si trovava a Patti, nel Messinese, insieme al marito Giuseppe Balletta, originario del posto, aveva iniziato ad accusare forti dolori addominali, facendosi accompagnare al pronto soccorso perché spaventata.

I medici di turno, dopo averla visitata, l’avevano rimandata a casa, rassicurandola. Due giorni dopo, il 9 agosto, il peggioramento: la donna era tornata in ospedale perché i sintomi non le erano passati. Troppo tardi ormai per salvarla: nonostante un’operazione d’urgenza, per lei non c’è stato niente da fare.

Non si può morire così. Non si può lasciare andare un paziente dolorante a casa, consigliando di mangiare brodini […]. Avrebbero dovuto diagnosticare con 48 di anticipo la presenza di un’occlusione intestinale, intervenendo subito, non quando non c’era più nulla da fare,

dice ora il marito al Corriere della Sera, chiedendo ragione dell’accaduto ai vertici dell’ospedale “Barone Romeo”, da poco finito sotto i riflettori anche per un altro episodio: quello che ha avuto per protagonista Elia Natoli, 30 anni, che alla fine di luglio si è visto immobilizzare una gamba fratturata con del cartone invece che con delle stecche ortopediche, per mancanza di mezzi.

Tanti i messaggi di cordoglio per la vittima

Sembra che Colombo a Patti si recasse ogni anno per far visita ai suoceri. Oltre al marito – che aveva sposato dopo 25 anni di convivenza – lascia un figlio di 19. Prima di andare in pensione, due anni fa, faceva la professoressa. Sui social viene ricordata come “una donna fantastica”, una “sognatrice” e una “sportiva”. Una col sorriso sempre sulle labbra.

Voleva “riposare – scrive qualcuno – ma il destino le è stato fatale”. Come lo è stato per Carla Raparelli, la 71enne che il 9 marzo del 2023 si è spenta presso la clinica Villa Maria Pia di Torino a causa di una trasfusione di sangue sbagliata. Sembra che da qualche giorno fosse stata sottoposta a un intervento di sostituzione delle valvole.

Nonostante la buona riuscita dell’operazione, però, si era aggravata: dalle indagini seguite alla sua morte, volute fortemente dai familiari, è emerso che il personale medico di turno – in particolare un dottore e un infermiere, che ora rischiano il processo – le trasfusero il sangue destinato a un altro paziente ricoverato, un uomo con un gruppo sanguigno non compatibile con il suo.

L’accusa mossa nei loro confronti è di omicidio colposo e di falso ideologico in atto pubblico: non solo non avrebbero verificato che la sacca di sangue corrispondesse al paziente giusto ma, una volta resisi conto dell’errore, avrebbero anche provato a nascondere l’accaduto, chiedendo all’anestetista che aveva provato a rianimare l’anziana, individuando in un errore trasfusionale la causa del decesso della stessa, di modificare le carte. Ad incastrarli, alla fine, proprio la sua testimonianza.