A distanza di un anno e mezzo dall’uscita di “Bussano alla Porta”, il regista M. Night Shyamalan ritorna al cinema con un nuovo film. Lo scorso 7 agosto è stato presentato “Trap” nelle migliori sale italiane, il suo ultimo thriller con Josh Hartnett nel ruolo del protagonista.

“Trap”, recensione

Cooper (Josh Hartnett) è un bellissimo uomo sulla quarantina. Lavora come vigile del fuoco, è sposato con Rachel (Alison Pill) e ha due figli in età prepuberale, Logan (Lochlan Miller) e Riley (Ariel Donoghue).
La sua esistenza pare essere una rappresentazione fedele di tutto ciò che incarna la vita ordinaria di un essere umano qualunque, eppure nel trionfo di un’anonima banalità nel suo piccolo riesce a distinguersi. Oltre a svolgere con dedizione un mestiere di grande aiuto per la comunità, è sempre gentile e disponibile con tutti, ma mai con ostentazione. Pacato e sorridente, dall’alto del suo metro e novanta di altezza, col fisico perfetto e un viso che difficilmente si dimentica sembra quasi ricordare un principe delle fiabe. È anche un ottimo padre e ciò che più lo rammarica è che sua figlia Riley sia vittima di bullismo e fastidiose angherie da parte di quelle che un tempo erano le sue migliori amiche.

Vederla soffrire mentre viene esclusa, con soddisfatta e tronfia meschinità quasi sadica, da tutte quelle attività che la renderebbero felice, lo ferisce intimamente come fosse lui stesso a ricevere una pugnalata a ogni nuovo dispetto che la figlia subisce. Proprio per questo, in un amorevole gesto paterno, decide di accompagnarla al concerto di Lady Raven (Saleka), la pop star preferita di Riley. Ma l’impeccabile Cooper, proprio lui che mai desterebbe alcun tipo di sospetto, cela un raccapricciante segreto inconfessabile: dietro la sua apparenza perfetta di marito e di padre, si nasconde una seconda vita. Cooper è un serial killer, noto alla cronaca col soprannome di “Macellaio”. Rapisce vittime giovani, maschi e femmine, di circa vent’anni e dopo averli storditi col monossido di carbonio, attende che si risveglino per torturarli e farli a brandelli da coscienti con vari attrezzi, mentre li tiene legati a un tavolo da sala operatoria. Poi avvolge i pezzi amputati in sacchi di plastica bianca, li sigilla con lo scotch e li abbandona in zone sempre diverse della città.

Ma in questo momento tutto ciò che gli importa è fare contenta la figlia. Però ciò che lui non immagina è che al concerto è stata organizzata una trappola dall’FBI per riuscire a scovare il Macellaio. Su una scena del crimine hanno trovato una ricevuta strappata dei biglietti per lo show e si aspettano di acciuffarlo tra gli spettatori. Ma loro non conoscono l’identità del killer; hanno solo un identikit fatto da una profiler esperta e dovranno cercare alla cieca tra migliaia di uomini presenti all’evento. È così che comincerà un’agguerrita caccia all’uomo dove Cooper dovrà ingegnarsi per sfuggire in ogni modo ai sospetti e scappare il prima possibile per fare rientro a casa, giusto in tempo per l’ora di cena.

“Trap”, critica

L’eccentrico regista di mistero e fantascienza M. Night Shyamalan ritorna al cinema con il suo nuovo thriller dalle atmosfere horror “Trap” scritto, diretto e prodotto interamente da lui stesso. Uscito nei cinema italiani lo scorso 7 agosto, questo è un film che si differenzia dalle solite pellicole di Shyamalan. Dopo il suo più grande capolavoro “Il Sesto Senso” che ha consacrato Bruce Willis in un ruolo memorabile, negli anni abbiamo imparato a conoscerlo per la sua stravaganza e la fascinazione per il mondo del paranormale. Con “The Village”, “Signs”, “Lady in the Water”, “E Venne il Giorno”, “The Visit”, “Split” o il più recente “Bussano alla Porta”, al di là di ciò che incontra il gusto personale, non si può non cogliere la fantasia e l’originalità dei suoi soggetti. Io stessa, benché abbia apprezzato moltissimo alcune opere e decisamente meno delle altre rimanendo non poco delusa, ho sempre stimato le sue grandissime capacità da regista e il suo notevole estro creativo. E anche con “Trap”, pur non essendo un lungometraggio di spessore ed essendo caratterizzato da una drammaticità minore rispetto alla consuetudine, spicca immediatamente la sua maestria nel dirigere un film.

Penso, in tutta onestà, che per quanto ne abbia memoria Josh Hartnett non sia mai risultato così bravo a recitare come in questo caso. Francamente non l’ho mai trovato un grande attore, ma in questa prova attoriale mi ha sorpresa e non poco, lasciandomi notevolmente stupita. Evidentemente Shyamalan con la sua ampia esperienza è riuscito a tirare fuori al meglio l’anima di un interprete fino a oggi risultato quasi sempre di media bravura. Nonostante il ruolo di Cooper incarni un serial killer particolarmente deviato non ci sono reali scene di tortura o omicidi e, a parte due piccoli episodi anch’essi affrontati in modo leggero, il protagonista non si mostra mai realmente violento. Questa scelta di regia penso sia voluta proprio per farti affezionare al personaggio e farti tifare per lui fino alla fine. Un po’ come nella realtà nel caso di parecchi psicopatici che, risultando affabili e carismatici, si guadagnano spesso la stima e l’ammirazione della maggioranza delle persone, inconsapevoli di quale sia la vera natura cruenta di quel soggetto. Vedi, ad esempio, Ted Bundy.

Ma non è tutto oro quel che luccica: sicuramente è un prodotto commerciale caratterizzato da situazioni paradossali poco plausibili. Ma quello che mi è apparso chiaro sin da subito, anche e soprattutto per il cameo interpretato da Shyamalan stesso che mi ha fatto molto ridere, è che il suo intento in questo caso era quello di divertirsi in prima persona. Ed è esattamente ciò che traspare in modo vivido, divertendoti di riflesso. Anche la colonna sonora cantata interamente dall’artista Saleka, che svolge il ruolo della pop star Lady Raven, è molto godibile nonostante il genere sia sicuramente lontano dalla musica d’autore. Fortunatamente una grossa ripresa in famiglia, dopo il fiasco cinematografico di pochi mesi fa della figlia Ishana Shyamalan con “The Watchers”. Che dire, indubbiamente il lungometraggio perfetto per spezzare la noia delle serate di agosto. Tre stelle su cinque per la poca plausibilità di molti punti della sceneggiatura, quattro stelle e mezzo per la regia e per la capacità di intrattenere divertendo lo spettatore.