Partecipò ai pedinamenti che precedettero l’omicidio del giuslavorista Marco Biagi da parte delle Nuove Brigate Rosse, consumatosi a Bologna il 19 marzo del 2002, venendo condannato a 21 anni di reclusione: Simone Boccaccini, oggi 64enne, è uscito dal carcere in cui era recluso dopo aver beneficiato di uno sconto di pena.
Chi è Simone Boccaccini? L’ex Br condannato per l’omicidio di Marco Biagi tornato in libertà
A darne notizia è l’edizione fiorentina del Corriere della Sera. Simone Boccaccini, chiamato semplicemente “compagno Carlo” nei documenti interni alle Br, è dunque un uomo libero: ieri, 9 agosto 2024, è uscito dal carcere in cui era recluso da anni ad Alessandria.
Grazie alla buona condotta e al fatto che i due delitti in relazione ai quali è stato condannato (l’omicidio di Marco Biagi e quello di Massimo D’Antona) siano stati ritenuti “collegati”, cioè parte di un “unico disegno criminoso”, ha potuto beneficiare, infatti, di uno sconto di pena.
Subito dopo l’arresto, nell’ottobre del 2003, sostenne di essere un “militante del Partito comunista combattente“, salvo poi rinnegare con convinzione la sua appartenenza a qualunque organizzazione eversiva.
La sera del 12 marzo – scrisse in una lettera indirizzata ai giudici nel corso del processo a suo carico – feci solo una grande cortesia a Roberto Morandi, andandolo a prendere sull’Appennino tosco-emiliano dopo una cena con un suo amico.
In quell’occasione Boccaccini – che lavorava come idraulico per il Comune di Firenze – e Morandi (altro condannato per l’omicidio Biagi) furono fermati dai carabinieri mentre, a bordo di una Fiat Panda, rientravano in Toscana dall’Emilia-Romagna.
Stando a quanto ricostruito nel corso delle indagini, avevano appena compiuto uno dei sopralluoghi che precedettero l’omicidio del giuslavorista bolognese. Per la vicenda Boccaccini è stato condannato in via definitiva a 21 anni di reclusione. Era il 2007. Lo stesso anno gli sarebbe toccata anche una condanna a 5 anni e otto mesi per associazione eversiva in relazione all’omicidio di Massimo D’Antona.
Nel 2019 è stato deciso che, in virtù del collegamento delle due sentenze, avrebbe dovuto scontare, in tutto, 25 anni e 10 mesi di carcere: dieci mesi in meno rispetto alla pena complessiva inizialmente prevista, ora definitivamente saldata.
Gli omicidi Biagi e D’Antona
Il primo omicidio in ordine di tempo fu quello del giurista Massimo D’Antona. Era il 20 maggio del 1999. Due anni dopo fu la volta del collega Marco Biagi. L’uomo, di 52 anni, docente di diritto presso l’Università di Modena e da poco consulente del ministero del Lavoro, fu colto di sorpresa mentre si dirigeva, dal luogo di lavoro, verso la sua abitazione di via Valdonica.
Era in bici. I brigatisti, dopo averlo avvicinato, gli spararono contro sei colpi di pistola; poi si allontanarono, lasciandolo a terra inerme. Da poco, nonostante le sue richieste, lo Stato aveva deciso di togliergli la scorta che gli era stata concessa in via precauzionale a seguito delle minacce che aveva ricevuto. Erano gli anni del terrorismo e Biagi, come altri, era finito nel mirino dei militanti delle Br per il ruolo ricoperto nella riforma e nel rinnovamento del mercato del lavoro.
Era un bersaglio facile. Per la sua morte, oltre a Boccaccini, sono stati condannati anche altri membri delle Nuove Br: Roberto Morandi, Marco Mezzasalma, Diana Blefari Melazzi e Nadia Desdemona Lioce, morta a 75 anni lo scorso 4 marzo dopo una lunga malattia. Fu arrestata nel 2003 su un treno regionale diretto da Roma a Firenze, mentre era insieme al compagno Mario Galesi, che morì nel corso di una sparatoria per mano di un agente della Polfer dopo aver ucciso il sovrintendente Emanuele Petri.