Si è tolta la vita buttandosi sotto un treno nei pressi della stazione di Pontecagnano Faiano, nel Salernitano, lasciando ai familiari una lettera in cui spiega che la morte della nipotina sarebbe avvenuta per colpa sua e non della figlia Denise Schiavo, condannata a dieci anni di carcere per omicidio preterintenzionale: ecco chi è Gerarda Picciariello e qual è la sua storia.

Chi è Gerarda Picciariello, morta suicida a Pontecagnano Faiano? La nipote morta, la figlia in carcere e la lettera che riapre il caso

I fatti risalgono a giovedì mattina, 8 agosto 2024. Stando a quanto ricostruito finora, Gerarda Picciariello, di 61, si sarebbe lanciata volutamente contro un treno in corsa vicino alla stazione di Pontecagnano Faiano. A spiegare il perché, una lettera lasciata dalla stessa ai familiari e diffusa, nelle scorse ore, dal Corriere della Sera.

Una lettera tragica, che riapre, improvvisamente, il caso della nipotina Chiara, morta a due mesi dalla nascita nel 2014. Per la vicenda è da poco finita in carcere la figlia di Picciariello, Denise Schiavo: al termine di un lungo processo, i giudici l’hanno condannata a 10 anni per omicidio preterintenzionale, ritenendo che uccise la piccola in preda a una grave forma di depressione post-partum, dopo averla data alla luce prematuramente.

Se state leggendo questo foglio è perché non posso continuare a vivere, sapendo quello che ho scoperto oggi,

avrebbe scritto la donna suicida. E poi, ancora:

Un velo mi si è alzato dalla mente, mi rivedo con la bambina in braccio mentre cerco di adagiarla nella sua carrozzina alloggiata nella Fiat Stilo a tre porte, eravamo alla fine di agosto, mi sopraggiunge un giramento di testa e il capo della bimba sbatte vicino alla portiera. Giuro, avevo rimosso quell’episodio.

Stando alle sue parole, sarebbe stata lei, dunque, a macchiarsi dell’omicidio (non intenzionale) della bimba.

Cosa sappiamo dell’omicidio della piccola Chiara

Per ripercorrere l’intera storia dobbiamo tornare, per un attimo, al 2014, quando Denise Schiavo, figlia di Gerarda, mette al mondo, prematuramente, la piccola Chiara, che è subito costretta al ricovero. Qualche mese dopo, l’irreparabile: la bimba viene portata d’urgenza in ospedale perché non sta bene e i medici trovano, sul suo corpicino, delle ecchimosi e delle fratture al cranio e alle costole.

Ha appena due mesi quando, in una stanza del Santobono di Napoli, si spegne. I genitori, disperati, si rivolgono alla magistratura, chiedendo a chi di dovere di aiutarli a capire cosa le sia accaduto. Viene aperta un’inchiesta. Una perizia medico-legale, poco dopo, stabilisce che la piccola è deceduta a causa di un’emorragia dopo essere stata scossa.

I sospetti si concentrano sulla mamma, che al termine di un lungo iter dibattimentale – nonostante le argomentazioni difensive del suo legale, l’avvocato Michele Sarno – viene condannata – nove anni dopo i fatti – a 10 anni di carcere per omicidio preterintenzionale. La madre, Gerarda, non ci sta e prepara addirittura una richiesta di grazia da inoltrare al Presidente della Republica Sergio Mattarella.

Legge e rilegge le carte del processo. La sua speranza è di riuscire, prima o poi, a farlo riaprire, affinché venga dimostrata l’innocenza della figlia. A un certo punto, però, succede qualcosa: arrivata al passaggio in cui gli inquirenti citano la frattura alla testa della piccola, un ricordo le affiora nella mente. E si convince che ad uccidere la nipotina sia stata lei, facendole sbattere la testa in auto.

È andata davvero così? La bimba può essere deceduta a causa di quell’incidente oppure non c’entra niente? Bisognerà chiarirlo. Resta, intanto, lo shock di una famiglia e di una comunità.