Ha ucciso la moglie Lucia Felici, 75 anni, strangolandola all’interno della loro abitazione di Castelnuovo di Porto, fuori Roma: sembra che Carmine Alfano, di 82, fosse già stato violento nei suoi confronti. Portato in caserma, ha subito ammesso le sue responsabilità.
Chi è Carmine Alfano, l’uomo che ha ucciso la moglie Lucia Felici a Castelnuovo di Porto, Roma
“Sono stato io”, avrebbe detto l’uomo agli inquirenti, confermando i sospetti del medico-legale che, dopo aver visionato il corpo di Lucia Felici – trovata morta dentro casa nella mattinata di ieri, 9 agosto 2024, a Castelnuovo di Porto – aveva subito ipotizzato che potesse essere stata strangolata. A dare l’allarme, dopo aver sentito delle urla provenire dall’abitazione, una vicina.
L’ho sentita gridare come non aveva mai fatto prima. Chiedeva ‘aiuto’ e si capiva che era in pericolo, ho avuto i brividi e per quello non ho esitato a chiamare il 112,
ha raccontato al Messaggero, spiegando che, all’arrivo dei carabinieri, dell’ambulanza e di una squadra dei vigili del fuoco, per la donna non c’era già più niente da fare. Il marito era seduto in cucina, con le braccia lungo i fianchi, in silenzio. Una volta portato in caserma, ha subito ammesso le sue responsabilità. Da chiarire il movente e la possibile premeditazione del delitto.
Le aggressioni prima dell’omicidio
Lucia lascia tre figli: Piergiorgio e Maurizio, che abitano vicino Firenze, e Daniela, che da tempo vive in Florida. Prima di andare in pensione lavorava come donna delle pulizie negli alberghi. Alfano, invece, “era un dipendente amministrativo dell’American Hospital”.
Uscivano spesso insieme, anche mano nella mano. Non li abbiamo mai visti litigare, però Franco ultimamente sembrava avere un po’ di Alzheimer […]. Lei sembrava più energica. Era una donna forte, determinata. Per dieci anni, per ottenere i contributi per la pensione, se ne era tornata in America (dove era già stata in passato, ndr) a lavorare, da sola. Poi tre, quattro anni fa lui se n’era partito per il Portogallo,
ha raccontato, sempre al Messaggero, una vicina di casa dei due, spiegando che dopo diversi mesi dalla partenza del marito, Lucia era andata all’estero e che poi erano tornati insieme. Sembra che lui fosse già stato violento nei suoi confronti, ma di denunce formali non ce n’erano state.
Come non c’erano state a carico di Domenico Ossoli, il 73enne che qualche giorno fa ha ucciso la moglie Annarita Morelli, 72 anni, nei pressi di un centro anziani del comune di Fonte Nuova, sparandole a bruciapelo mentre si trovava alla guida della sua vecchia Fiat Panda rossa. Sembra che l’avesse già aggredita e che ai figli, di recente, avesse detto: “Piuttosto l’ammazzo, ma non le do la separazione”.
Non accettava, insomma, che la donna volesse divorziare da lui (dopo i suoi tradimenti). Dagli accertamenti è emerso che la spiava e registrava, seguendola tramite un gps installato appositamente sulla sua vettura. Gli inquirenti sono convinti, perciò, che abbia premeditato il delitto.
La gip di Tivoli, Sabina Lencioni, ne ha disposto la custodia cautelare in carcere. E nell’ordinanza ha scritto che lo contraddistingue una “fredda e lucida determinazione”. Del resto, interrogato, non avrebbe mostrato, finora, segni di pentimento; addirittura, secondo quanto riporta Roma Today, avrebbe precisato che la vittima “lo meritava”.
Oltre ai motivi futili e abbietti e alla premeditazione, gli inquirenti gli contestano il fatto che abbia agito approfittando della minorata difesa della vittima che, impegnata in una manovra, non avrebbe avuto il tempo di reagire, una volta resasi conto del pericolo.